Il suo respiro mi stava uccidendo e non sapevo come uscirne, il metallo freddo dei suoi larghi anelli si posò con la sua mano sulla mia guancia e io cercai un suo sguardo, ma eravamo troppo vicini per permettere alla mia vista di vedere al meglio.
«Ho fatto una promessa tempo fa, ma tu mi stai rendendo le cose difficili»
Disse a voce bassa attento a non cedere alle mie labbra, mentre la sua mano scivolava leggera tra i miei capelli perfettamente lisci.
«Allontanati Ethan»
Gli posai una mano sul petto e sentì il suo cuore correre veloce, sbattendo forte contro la gabbia toracica almeno quanto il mio.
«Conosco il tuo nome perché so chi sei e mentirei se ti dicessi il contrario»
Alzai un sopracciglio e rimasi in silenzio. Ora ricordavo esattamente la marca di quel profumo, acqua di Gio, quel maledetto profumo costoso che mischiato al fumo delle sue sigarette riusciva a demolire anche l'ultima parte di buonsenso che mi rimaneva, senza saperne l'esatto motivo. La sua mano mi accarezzò il braccio e sentì la pelle diventare d'oca, il suo viso si allontanò dal mio di diversi centimetri e i suoi occhi mi guardarono freddi.
«Perché mi sento così al sicuro con te? Non è possibile che io...»
Mi zittì, non potevo dar voce così ai miei pensieri, soprattutto non davanti a quel ragazzo che appena conoscevo.
«Devo andare, non posso restare qui»
Lo guardai allontanarsi e sussultai quando la porta si chiuse con forza alle sue spalle, chiusi gli occhi e svuotai i polmoni in un lento e pesante sospiro.
Cominciai a girare per la stanza, ma più domande mi facevo meno risposte sapevo di avere per le mani. Sentivo di conoscere quel ragazzo e allo stesso tempo di non sapere chi fosse, i miei pensieri vagavano alla ricerca di qualche risposta, ma era tutto inutile.
Un rumore esterno attirò la mia attenzione e mi avvicinai alla vetrata spostando con i piedi le ingombranti tende bianche. Le luci color miele dei lampioni lungo il viale sterrato illuminarono i bordi di una moto scura, Ethan si infilò il casco e salendo in sella partì velocemente, chiusi gli occhi rilassando i muscoli e restando in ascolto di quel suono che via via sarebbe scomparso...Sotto le pesanti ruote l'asfalto bagnato fumava, il freddo di quella sera riusciva ad entrare perfino sotto le nostre calde giacche.
Sentì i muscoli irriggidirsi e un una stretta contorcermi lo stomaco.
Il suono di un clacson all'improvviso, una manovra improvvisata e luci accecanti di quell'enorme camion.Aprì gli occhi stringendomi la maglietta all'altezza del petto, lacrime calde scorrevano sul mio viso, scendendo lungo il collo e bagnandomi la pelle, mi guardai le mani, tremavano come foglie e la strana paura che aveva preso il controllo del mio corpo mi riportò alla realtà. Tirai su con il naso e mi pulì le guance e il collo asciugandomi poi sui pantaloncini le lacrime.
Scivolai con la schiena lungo il vetro freddo, ignorai il dolore che ora sembrava essere peggiorato e portai le ginocchia al petto. Ancora quei flash dell'incidente, ancora quella dannata sensazione di sfiorare la morte e ricadere in balia della vita, come fosse un videogioco che ricomincia da capo ogni volta che perdi una partita.
«Non ce la faccio più»
Mormorai strozzandomi tra i miei stessi singhiozzi. Sembrava folle pensare ad una cosa del genere, ma sentivo di aver bisogno di Ethan, della sua voce, delle sue braccia e di quello sguardo ubriaco di sensazioni che mi aveva fatta sentire viva la sera prima.
Lasciai scivolare le gambe e cominciai a srotolare la garza intorno alla pancia, mi sentivo soffocare e avevo bisogno di aria come mai prima d'ora. Gemetti un paio di volte e il dolore era detestabile, sentivo la fronte grondare di sudore e sperai che da un momento all'altro qualcuno entrasse da quella porta per darmi una mano, finì di levarmi anche l'ultimo strato di quel tessuto appiccicoso e passai una mano sulla pelle violacea. Esitai qualche secondo accanto alla lunga cicatrice che cominciava dalle costole e finiva a pochi centimetri dall'ombelico. Un pezzo della lastra del camion che mi aveva investita, avevano spiegato i medici a mio padre mentre ero in coma...
Avevo così tante domande su quell'incidente, sul coma che mi aveva tenuta lontana dal mondo per sei mesi, per colpa di un casco allacciato male e una manovra stupida che mi aveva portata a segni sulla pelle che non avrei mai potuto cancellare.
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Forget about me SOSPESA
RomansaIl vero problema di Emma, non era trovarsi chiusa in quel baule, o l'assurdo motivo che l'aveva portata a ritrovarsi in quello stretto spazio. No affatto, il suo vero problema era sentirsi al sicuro, sapere che quel ragazzo che l'aveva trascinata c...