#13

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«Com'è possibile che io mi fidi di voi, che senta di provare qualcosa per lui, se nemmeno ricordo di avervi mai conosciuto? Se voi mi conoscete, vi prego, ve lo chiedo in ginocchio, datemi delle risposte perché io non ce la faccio più...»
Mi fermai, la gola mi bruciava e una morsa allo stomaco mi bloccò i polmoni. La testa era un giramento unico e più provavo a rispondere alle mie domande da sola, più capivo che cercare dentro di me era una strada a senso unico.
«Emma...»
Mi portai le mani tra i capelli.
«Emma, Emma, Emma e ancora Emma! Basta! So come mi chiamo, sempre a pronunciare il mio nome senza aggiungerci nulla di sensato affianco! Se dovete dirmi qualcosa ditemelo e fatela finita!»
Gridai guardando entrambi in faccia, David scese gli ultimi scalini e spostò Jenna raggiungendomi. Mi puntò un indice contro e si passò una mano sulla testa rasata.
«Vuoi sapere? Bene»
Disse sbattendo una mano sulla porta chiudendola e bloccandomi contro ad essa.
«Quel coglione di Ethan ha deciso di fare l'eroe una sera. Si era innamorato di te al tal punto da portarti lontano dai suoi guai, da tutto quello che era davvero, ma le cose non vanno sempre bene e il karma ha deciso di mettergliela nel culo proprio quella sera. Ha preso la moto, ti ha portata via da tutti noi e...»
«David finiscila!»
Urlò Jenna tirandolo per la maglia, lui la spinse piano togliendosela di dosso e mi sentì morire.
«Stava andando troppo veloce e lo sapeva, ma era ubriaco quella sera, completamente fatto, ma tu te n'eri accorta troppo tardi. I fanali della moto erano spenti, l'autista del camion ubriaco perso. Ethan si è reso conto all'ultimo che quell'idiota non si sarebbe fermato, ha provato a salvarti, ma ha perso il controllo della moto facendovi schiantare contro un camion a 140 chilometri orari!»
Respiravo velocemente, mentre il mio corpo minacciava di cedere, l'angoscia che portavo dentro mi stava uccidendo e più ascoltavo le sue parole, più i suoi occhi verde cenere non mollavano la presa sui miei.
«Il tuo casco era chiuso male e non ti protesse come doveva, finisti in coma con lesioni molto gravi, Ethan se la cavò con due costole rotte, una gamba fratturata e un polso insaccato, senza contare le lesioni minori. Ci mise mesi a guarire e per tutto il tempo ti restò accanto, ti parlava, rideva e ti leggeva i tuoi libri preferiti meglio che poteva. Non c'era giorno che passasse senza che io e Jenna facessimo un salto in ospedale. Passarono i mesi e Ethan fu dimesso, ma senza di te era andato, droghe, scommesse, alcool e risse diventarono la sua routine, finché tu non apristi gli occhi...»
Si fermò distogliendo lo sguardo dai miei occhi e allontanandosi da me, scivolai contro al legno lucido della porta fino a sedermi a terra. Mi sentivo vuota, persa, nemmeno avevo la forza di versare lacrime, che ormai scendevano senza controllo facendomi pulsare le tempie.
Mi portai le gambe al petto e ci appoggiai i gomiti sopra affondando la testa nelle mani
«Quando ci accorgemmo che non avevi idea di chi noi fossimo ci uccise, dando il colpo di grazia a Ethan»
Finì calmando la sua mente e pronunciando quell'ultima frase con malinconia. Scossi la testa più volte, lasciando che le dita, ormai incastrate tra i miei capelli, li tirassero appena.
Singhiozzavo e tutto il corpo rispondeva a quell'impulso, i polmoni bruciavano, la testa mi scoppiava e il cuore mi stava battendo forte nel petto.
Devastata.
Era lei la parola che stavo cercando, quel pugno allo stomaco mi centrò in pieno, carico di informazioni che a breve avrebbero riempito i buchi dei numerosi puzzle incompleti che la mia mente aveva costruito. Non so quanti minuti mi presi, per quanti piansi e per quanti ancora rimasi ferma in quella posizione, ma sapevo che ora non avrei più potuto andarmene da li. C'era troppo in ballo, c'erano Jenna e David e soprattutto c'era Ethan...
«Mi dispiace»
Sussurrai tirando su con il naso e asciugandomi il viso alzando le spalle.
Mi alzai in piedi portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, spostai lo sguardo dal ragazzo alla ragazza cercando un qualcosa che ormai avevo spezzato mesi fa.
Scossi la testa e aprì la porta uscendo, cominciai a camminare, le pietre scricchiolavano sotto le mie suole mentre la mente vagava sulle parole di David e sulla sua espressione piena di tristezza.
Pensai a cosa potesse pensare una persona normale in questa circostanza, a come avrebbe dovuto reagire, ma stavo tralasciando il dettaglio più importante, che la persona che avrebbe dovuto reagire fisicamente ero io, e non di certo qualcun'altro. Mi fermai portandomi una mano sulla bocca e rimasi immobile mettendo in pausa il mondo per qualche minuto, le mie spalle si alzavano a ritmo dei singhiozzi che mi ostinavo a trattenere e il senso di colpa m'invase.
«Che cos'ho fatto?»
Chiesi con voce sconvolta lasciandomi cadere a terra in ginocchio.

Forget about me SOSPESADove le storie prendono vita. Scoprilo ora