35. Torna a casa

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I'm sorry that I hurt you
It's something I must live with everyday
And all the pain I put you through
I wish I could take it all away
And be the one who catches all your tears
That's why I need you to hear

I've found a reason for me
To change who I used to be
A reason to start over new
And the reason is you

(The Reason, The Hoobastank)

[Emir]

«Allora, Andiamo o no?» esclamo irritato.

«Sì Emir, prendo le chiavi della macchina e andiamo. Come sei nervoso cavolo» ribatte Massud, aggiustandosi la cravatta davanti allo specchio del soggiorno.

Io batto i piedi a terra e continuo a camminare in cerchio, osservando le mie scarpe lucide e i pantaloni neri con la piega esattamente al centro. Sto per sposarmi, cazzo, almeno vorrei arrivare in orario!

In due minuti siamo finalmente in strada, Massud guida concentrato e io cerco di ripetere le parole che dovrò dire alla mia sposa.
"Alyna, giuro solennemente di prendermi cura di te come un marito devoto fa con la sua amata moglie, giuro di darti dei figli che possano crescere in serenità e sicurezza, giuro di am-"

«Ora basta, cazzo» esclama Massud, interrompendo la mia cantilena mnemonica e sbattendo un pugno sul volante. Si ferma al semaforo rosso e mi guarda. «Emir, non sarò io a portarti a questo matrimonio. È una farsa e una cazzata, perciò mi rifiuto di essere io l'uomo che ti accompagna da una donna che non ami. Non lo farò.»

Io scuoto la testa, infastidito. «Massud smettila. Il semaforo è verde, parti.»

Lui in tutta risposta spegne il motore e incrocia le braccia al petto. «No.»

«Che cazzo, sei un dannato bambino Massud! Ti ho detto di partire!» urlo, mentre dietro di noi le altre auto iniziano a strombazzare con il clacson.

Massud scuote la testa e io mi giro per aprire la portiera e farmela a piedi, ma scopro che il mio caro fratellino ha bloccato le uscite. «Massud» sibilo, «apri le porte.»

Lui sogghigna, rimette in moto la macchina e parte a tavoletta. Io tiro un sospiro di sollievo e ritorno a pensare alle mie incombenze, ma presto mi accorgo che la strada che ha imboccato mio fratello non è quella giusta. «Massud, ma dove cazzo stiamo andando?»

«Nel posto in cui devi stare, fratello. Nel posto in cui ti avrebbe portato mamma» pronuncia lui con estrema serietà.

Mi volto a guardarlo e lo osservo mentre fissa la strada fuori dal parabrezza, con le sopracciglia strette sulla fronte e i denti a mordere il labbro.
«Che centra mamma, Sud?» mormoro, sentendo un nodo formarsi nella gola.
Io e Massud non parliamo quasi mai di mamma. Lui l'ha conosciuta e la ricorda, perciò anche solo pronunciare il suo nome gli è estremamente difficile. Da parte mia, io non rammento nulla di lei, ma sono cresciuto con i racconti felici di mio padre e le lacrime del mio fratellone, quindi provo un dolore immenso pensando a tutto quello che ho perso e che da lei non ho potuto avere: abbracci, baci, storie prima di dormire, coccole e torte, amore vero, quello di una madre per il proprio figlio.

Se solo mi lasciassi entrareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora