21. Micole

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Look at the stars / look how they shine for you
And everything you do / Yeah they were all yellow
(Yellow, Coldplay)

Sei mesi fa, gennaio 2017, Roma

[Serena]

Appena le porte del treno si aprono scendo in fretta i gradini e poi mi volto verso il simpatico signore che mi sta tendendo la mano. 
«Ecco qui, Giorgio, venga che la aiuto io... perfetto!» esclamo, quando i suoi piedi toccano terra.

Risalgo sul convoglio e prendo le nostre valigie, poi scendo e le appoggio sulla banchina.

«Grazie mille, Serena» esclama l'anziano, sorridendomi contento. «Mi raccomando, non ti dimenticare di andare a San Pietro in Montorio! Secondo me ti sarà utile per la tesi.»

«Certo, Giorgio, non lo dimenticherò! Arrivederci» gli dico, prendendo le mie due valigie e iniziando a trascinarle dietro di me.

Ho conosciuto Giorgio in treno e dopo aver scoperto che è stato professore di storia dell'arte all'Accademia di Firenze ho intavolato un discorso sulla mia laurea... mai mi sarei aspettata tanto aiuto e tanti complimenti da uno sconosciuto! Dopo tutti i suoi suggerimenti ora ho un sacco di materiale su cui lavorare in questi giorni!

Mi faccio strada con difficoltà in mezzo alla calca di persone che affollano la stazione, pensando alla vacanza culturale e di piacere che mi aspetta, finché non riesco a trovare l'uscita.
La porta a vetri si apre di fronte a me ed ecco che finalmente inspiro l'aria della città eterna, calda e allegra anche in questo inverno inoltrato.

Oh Roma, quanto sei bella! Quanto sei bella con quest'aria di vissuto che ti rende unica e assolutamente magnifica, con questa commistione tra vecchio e nuovo che fa di te una delle più straordinarie città del mondo. Quanto sei bella con i tuoi mattoni romani che si stagliano imponenti e fieri tra il marmo rinascimentale, l'oro barocco e il cemento novecentesco, con i tuoi colori caldi che al tramonto di rendono eterea, luminescente. E con questa tua veste così italiana, tra edifici religiosi e vestigia antiche, vespe colorate che girano per strada e chiacchiericcio ricolmo di accenti, tavolini sull'acciottolato delle strade, sorrisi a trentadue denti e abbracci calorosi, sei così diversa dalla mia Venezia ma così affine alla mia natura e al mio spirito.

Sei la mia seconda casa, Roma, e non immagini quanto io sia felice di essere tornata qui dopo questi sei mesi passati lontano. Che poi, la cosa che mi rode di più è non essere venuta questo Natale per festeggiare con la mia famiglia.
Eh già, Roma è parte di me. Mia madre è originaria di qui e qui vivono i miei nonni materni, la zia Gabriella e lo zio Alessandro. E poi ci sono i loro figli, i miei cugini Simone e Micole. 

Ed è proprio Micole che sto aspettando ora: aveva detto che sarebbe venuta a prendermi qui a Termini, ma non la vedo. Dove si sarà mai cacciata? Il treno era pure in orario, una volta tanto, lei dovrebbe essere qui!
Quanta voglia ho di rivederla! La mia tenera cuginetta, che ha la mia stessa età e con cui ho condiviso infinite marachelle da piccola e infinite nottate di segreti da adolescente. 
Dio, quanto bene ti voglio, Micole.

Dopo mezz'ora di attesa, passata a guardarmi attorno e a studiare bene sulla cartina i luoghi che dovrò visitare, finalmente scorgo la macchina di Micole avvicinarsi al marciapiede.

«Col!» urlo, usando il soprannome che le ho affibbiato appena ho iniziato a parlare.

Lei parcheggia in doppia fila e scende dall'auto. Mi sorride e mi guarda con quei suoi occhioni azzurri che mi lasciano sempre senza fiato. È davvero tanto che non la vedo, ma è sempre uguale: indossa un paio di jeans stretti che le fasciano le gambe, un maglioncino largo color vinaccia e un piumino blu aperto. È bellissima, forse anche di più dell'ultima volta che ci siamo viste di persona. Ci chiamiamo sempre su Skype, è vero, ma dal vivo è tutta un'altra cosa e... Col sembra più rosea e più in carne, così viva. Che bello rivederla! 

Se solo mi lasciassi entrareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora