30. Non riuscire a risollevarsi

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Più giù di così / non si poteva andare / Più in basso di così / c'è solo da scavare / Per riprendermi / per riprenderti / ci vuole un argano a motore
Salirò (Daniele Silvestri)

Un mese dopo, 28 agosto, Venezia

[Emir]

Basta, basta! Non ce la faccio più! Fate silenzio!
È una preghiera, la mia, una preghiera silenziosa che rivolgo alle anime che riempiono la mia notte di incubi. Smettetela, perché io non resisto più. Sono stanco di non dormire, stanco di prendere le gocce di Orsini che ormai non fanno più effetto, stanco di allontanare Serena, stanco di nasconderle questa nuova sofferenza.
Sono stanco di vivere, non trovo né pace né speranza in nulla, ormai, nemmeno nella mia donna. Perché lei sa ciò che è successo, ha passato con me queste notti assurde, e perciò non fa che ricordarmi quel giorno, questi incubi, queste sofferenze.

Basta, basta, vi prego!!

Un graffio, poi un altro, nell'estremo tentativo di levarmi queste voci dalla testa.

Perché non ve ne andate?

La pelle mi brucia e sento che sto iniziando a piangere, ma non mi fermo.

Smettetela! Non vedete quanto male fa?

[Serena]

Mi sveglio al suono della porta della camera che sbatte piano. Strofinandomi gli occhi mi volto verso l'altra parte del letto e vedo che Emir non c'è. Sta diventando un'abitudine lasciarmi nel cuore della notte; un'abitudine che odio e che mi rende estremamente nervosa. Sono giorni che non mi cerca più nel sonno, non mi sfiora se non per un lieve bacio della buonanotte e finisco sempre per trovarlo addormentato in salotto. Pensavo che stesse andando meglio, che ci fossimo risollevati un po', che la vacanza di Micole e Mattia qui avesse scombinato la nostra monotona angoscia... Invece non è cambiato nulla, anzi. È peggiorato. Ora Emir è talmente distante che fatico a chiamarlo amore, perché lui non dimostra di provarne ancora per me, di amore. Lavora come un matto e torna a casa solo per dormire, cosa che finisce a fare puntualmente da solo. Io non so come affrontare questa nuova sfida: per ora mando giù il boccone amaro e aspetto, provando a stringerlo tra le mie braccia, a sussurrargli che voglio fare l'amore con lui, ma non basta mai. Emir sfugge al mio tocco e si nasconde dai miei sguardi, come un fuggitivo. Ma da cosa fugge?

Mi alzo dal letto e avanzo lentamente verso il corridoio per cercarlo. Da sotto la porta del bagno filtra una sottile lama di luce, così mi avvicino e la apro.
Davanti ai miei occhi si apre uno spettacolo sconcertante: Emir è seduto nella vasca, il volto rosso rigato dalle lacrime. Stringe convulsamente il viso tra le mani, singhiozzando forte.

«Tesoro, che succede?» gli chiedo spaventata, avvicinandomi all'uomo imponente che se ne sta rannicchiato nella vasca.

Lui alza il volto, mostrandomi gli occhi verdi iniettati di sangue e le guance solcate da graffi. La pelle eburnea si è gonfiata e arrossata attorno a quelli che sembrano tanti serpentelli color rubino, che riempiono il viso del mio uomo dagli zigomi al mento. Questa visione mi terrorizza, aprendo una voragine nel mio petto.
Cos'hai fatto, amore mio? Perché ti sei fatto così male?

«Serena, devi andartene. Non sei al sicuro con me» sibila.

Sono atterrita, tanto dalle sue parole quanto da ciò che ha fatto al suo volto. «Emir» sussurro, «che è successo?»

Lui mi guarda, impotente, mentre altre lacrime spuntano dagli occhi appannati, che hanno perso la loro lucentezza e sembrano slavati, sbiaditi. «Non lo so, Serena, non lo so» mormora.

Se solo mi lasciassi entrareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora