Ho perso il treno ancora una volta, mi hanno pure rubato il giubbetto, ed è novembre, fa un freddo che ti entra nelle ossa, ed io mi sto congelando, soffio tra le mie mani per tentare di scaldarmi, ma il tenue tepore che mi dona il mio stesso fiato dura poco.
La stazione oggi è un tumulto di persone, credo ci sia qualche evento importante, che ovviamente ignoro, la mia vita monotona casa e lavoro, lavoro e casa, non mi dà spazio ed occasioni di vita sociale, forse potrei pure definire il tragitto da casa all'ufficio e viceversa la mia vita sociale.
La casa editrice per cui lavoro è stata acquisita da un nuovo capo, oggi quest'ultimo ha avuto la brillante idea di convocarci tutti un ora prima per tenere un discorso, fantastico, inizierò proprio un nuovo rapporto molto produttivo arrivando in ritardo.
Cammino lungo la strada il più velocemente possibile, il tacco 15 oggi è proprio una pessima idea, volevo solo fare buona impressione.
Sono quasi arrivata in ufficio grazie al cielo, ma sono madida di sudore per l'affanno, perfetto, un ottima prima impressione farò, ironizzo tra me e me emettendo un risolino isterico.
Le porte dell'arrivo si aprono, lancio indietro la mia lunga chioma bionda e saluto la receptionist.
"Carla, sono in ritardo," annuncio l'evidenza.
La ragazza paffutella seduta dietro alla scrivania alza gli occhi castani dal monitor del computer, mi da un occhiata rapida e prosegue il suo lavoro come se non esistessi.
"Si, se ne è accorto il nuovo capo, sono lieta di informarti che ha fatto una fusione, nuovi colleghi." Dice senza preoccuparsi che io la stia a sentire.
Ho ancora i brividi, prendo l'ascensore e digito il mio piano, appena entrò in ufficio mi attaccherò al termosifone.
Quindi il nuovo capo tiene conto del personale, nota di merito per aver notato la mia assenza, non voglio tirarmela, ma qui dentro, sono quella che fa più fatica di tutti, sono sempre sommersa dal lavoro.
L'ascensore sale lento facendo più tappe, infine restiamo soli io ed un ragazzo che avrà pressapoco la mia età, dev'essere uno dei nuovi colleghi, perché non l'ho mai visto.
"Sembri infreddolita," mi dice stringendo le palpebre per accentuare un sorriso.
"Lo sono, mi hanno rubato il giubbotto ed ho perso il treno, sono un disastro stamattina."
Perché mi sto lamentando con uno sconosciuto? Magari è il galoppino del nuovo capo, scaccio quel pensiero con un brivido di freddo, mi stringo nelle spalle tenendo gli occhi bassi per l'imbarazzo.
Il ragazzo si muove velocemente sfilandosi la giacca di pelle nera, che strano abbigliamento per l'ufficio, penso tra me, si avvicina di colpo e mi posa la giacca sulle spalle, è calda, mi tiene stretta per le spalle, forse un po' troppo allungo, alzo lo sguardo, incontro i suoi occhi nascosti da due ciglia foltissime. Per un momento resto ipnotizzata, ma che cavolo, il blim, dell'ascensore, mi ripercuote, sguscio dalle sue mani e mi dirigo trottando verso l'ufficio, chi cavolo gli ha detto di toccarmi, tutti sanno che non lo gradisco, una stretta di mano era più che sufficiente, no, certo, ha dovuto quasi abbracciarmi, che impertinente.
Lascio cadere la borsa a terra, contatto subito la receptionist del piano, non che la mia unica amica.
"Ciao Rebby, sono stra in ritardo," inizio passeggiando avanti indietro per la stanza, mi fermo sempre ad ammirare il panorama dal l'immensa vetrata tutt'e le volte che parlo al telefono.
"Allora? Il nuovo capo com'è? Sicuramente un altezzoso, stronzo pure un po' egocentrico se ci sveglia tutti un ora prima al mattino per un discorso, spero almeno che sia stato intere..." un rumore proveniente alle mie spalle ferma il mio sproloquio con la mia amica.
Mi volto più velocemente di quanto dovrei, un dolore immenso prende possesso del mio collo, accidenti, oggi non me ne va bene una.
Lo strano tipo del l'ascensore è appoggiato allo stipite della mia porta, resta sulla soglia osservandomi, vorrà riavere la sua giacca.
Riaggancio rapida il telefono, avrò modo di scusarmi è riprendere la conversazione una volta sistemata la faccenda del ragazzo IO IN UFFICIO CI VENGO VESTITO STRANO.
"Non abbiamo avuto il piacere temo, io sono l'altezzoso, stronzo pure un po' egocentrico capo, Leo piacere," dice con noncalance avanzando verso di me.
Tende una mano, cazzo, ho fatto la figura più pietosa di tutta la mia vita.
"Piacere," riesco solo a dire allungando la mia esile mano.
"Temo di non aver capito il suo nome," aggiunge con una nota di divertimento nella voce.
La mia voce tra interiore si intromette, non dirgli il tuo nome, altrimenti sarà più facile licenziarti, fingi di essere la collega cagna, così verrà licenziata lei.
Zittisco l'assurda reazione del mio io.
"Piacere, sono Victoria Grey, io, sono, terribilmente..." balbetto in un modo orribile.
"In ritardo, infreddolita, irritata perché le abbia prestato la giacca e con errate aspettative sul mio conto," termina lui per me la frase.
Non capisco se è scocciato per il fatto della giacca oppure per le cose che ho detto, mi butto sulla difensiva.
"Scusi, non intendevo essere scortese, il gesto è gradito, ma, non amo il contatto fisico," accenno un sorriso.
Gli restituisco la giacca, forse non sono licenziata, o almeno spero.
"Ah, si è scaldata," chiede con la voce di velluto.
Ma che cavolo, i miei pensieri stanno prendendo ambigue direzioni.
Faccio cenno di si, non pare affatto alterato ne dal mio ritardo, tantomeno per ciò che mi ha appena sentirti uscir di bocca.
"Bene, più tardi venga nel mio ufficio gentilmente, la chiamerò io tra qualche ora," dice mettendosi una mano tra i capelli, lunghi di un dolce castano chiaro.
Ecco, sicuramente mi dirà in modo educato che sono una cafona è che deve fare tagli al personale.
"Non la voglio licenziare." Annuncia prima di uscire.
Sprofondo nella sedia girevole, soddisfatta di avere ancora il posto, ma pure sconfitta da quella pessima figura.
Accendo il computer e mi butto a capofitto nel lavoro, vengo interrotta solo un paio di volte, da Rebby per terminare la conversazione è da Carla che mi annuncia l'arrivo dei miei clienti.
All'ora di pranzo suona ancora il telefono, va beh, rispondo, ma spero che sia una cosa veloce, stamani ho saltato la colazione, ed ora ho una fame allucinante
"Vicy, sono Leo, vieni pure nel mio ufficio," che voce sexy che ha.
Ma che cavoli, questo è in tutti i sensi poco etico, oltretutto mi ha dato del tu usando un diminutivo per il mio nome, anche questo è poco etico.
Mannaggia pure a lui, volevo mangiare, mi avvio con le spalle basse verso il suo ufficio.
Busso piano prima che mi inviti ad entrare, è seduto in poltrona, chissà se è consapevole dell'effetto che ha su di me, per l'amor del cielo, zitta zitta zitta stupida vocetta.
Prendo coraggio e mi siedo di fronte a lui, per un attimo mi studia, poi si fissa sui miei occhi.
"Dunque il discorso di stamattina, effettivamente non era interessante, ti ho convocata qui, per conoscerti meglio, so soltanto il tuo nome," dice con una nota di aspettativa.
Come può essere che non sappia chi sono, ho il maggior numero di clienti, più riunioni, più manoscritti da leggere, meno vita sociale di tutti.
"Faccio quello che fanno tutti qui, leggo," certo, sminuiamovi da sole solo perché è arrivato il nuovo capo ed è un Figo pazzesco.
"Ti piace leggere?" Chiede iniziandomi ad osservare le labbra.
Oh cazzo.
"Si, è una delle mie passioni," un imbarazzante brontolio rumoroso sale dal mio stomaco, no, basta figuracce.
Divento di un color rosso sgargiante, cavoli, che imbarazzo.
"Scusami è l'ora di presenzi, dobbiamo mangiare, voglio dire io devo mangiare, cioè tu devi mangiare, insomma" fa un vago gesto con la mano, sembra confuso.
"Vada pure a pranzo mis Grey," conclude ricomponendosi.
Prendo la porta ripensando al cambiamento d'umore, sono passata dal tu di Viky al miss Grey, è veramente strano
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Sooner or later you
FanfictionInnamorata persa di questi due ragazzi, mi trovavo in questa situazione anni fa, in cui la scelta era un optional, la scuola ed i compiti un presente di sfondo alla mia vita amorosa, di cui loro ne decantavano le note... Un mese fa, li ho incontrati...