Vedo

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Leo è in riunione, è arrivato un ora prima di tutti, non lo fa per evitarmi vero?
Mi sono nascosta nel mio ufficio per tutto il giorno, non so perché ma penso che la gente guardandomi mi legga in viso ciò che ho fatto ieri sera.
Rebbi mi porta dei nuovi manoscritti, rivolgo lei un sorriso timido.
"Quindi mi vuoi dire che cosa hai o devo tirare ad indovinare?" Chiede con curiosità la mia amica.
"Non ho assolutamente niente, cosa ti fa pensare che ci sia qualcosa da indovinare," sbuffo per ampliare il mio finto sdegno.
"Andiamo, hai l'aria tutta sogniante, le guanciotte rosse, il sorrisetto..." si gongola, la fulmino all'istante, ma che cavolo sbandiera.
"Giurerei pure che tu ti stia nascondendo in ufficio, hai fatto qualcosa di zozzo, ma la domanda è, con chi?" Sono veramente un libro aperto per Rebby, ma non posso dirlo neppure a lei quello che è successo.
"Rebby ma che dici, sei un idiota," fingo sconcerto, tentando di tirarle una pallina di carta per alleggerire l'atmosfera, cambiare discorso in ogni caso non sarebbe male.
"Meglio che continuate a leggere, fate pena nel basket," Leo entra con la pallina di carta che ho appena tirato a Rebecca tra le mani.
Il suo tono sembra giocoso, ma non ne sono del tutto certa, Rebecca si ricompone e nel frattempo lo studia mentre entra dalla porta, amica mia giù le manine.
"Ci può lasciare due minuti, avrei bisogno di scambiare due parole con Victoria," chiede alla mia amica, lei scuote il capo e se ne va, Leo le tiene aperta la porta educatamente, una volta uscita se la richiude alle spalle.
Altra cosa ambigua, la porta del mio ufficio è perennemente aperta, perché l'ha chiusa, mi devo togliere questo stupido sorrisetto dalla faccia.
Siede di fronte a me, sembra un po' agitato, non è un buon segno, non lo è affatto.
"Victoria, volevo parlarti di ieri sera," lascia una pausa, altro brutto segno, il mio sorriso si sta spegnendo del tutto.
"Non deve più succedere, mi scuso, sono stato un po' avventato," pronuncia queste parole velocemente alzandosi in piedi.
Beh, non c'era bisogno di versare un lago di acqua per spegnere un fiammifero.
"Non devi scusarti,"dico alzandomi a mia volta, gli voglio aprire la porta e farlo uscire, sono infastidita.
"Effettivamente, hai ricambiato," esordisce.
Cosa, ora c'è lo mando a pedate fuori dalla porta, gli passo di fianco su tutte le furie.
"Si grazie è stato bello," ho il tono tagliente, sono furibonda.
Mi prende per un polso, fermando la mia camminata, ed intrappolandomi tra lui e la scrivania.
"Ti è piaciuto?" Mi chiede spiazzandomi.
Muovo la testa in segno di affermazione.
Si avvicina con il suo volto al mio.
"È stato bello," dice con molta più dolcezza e sensualità di me.
"Si," dio quanto lo voglio, mi sta fissando le labbra.
"Non deve più succedere, intesi?" Chiede fissandomi le labbra ed avvicinandosi ancor di più.
Se mi muovo di un millimetro lo bacio, mi sta chiedendo di non farlo mentre mi sta addosso.
"Intesi," mormorò come un lamento.
Annulla la distanza che c'è tra noi, le sue labbra sulle mie, le sue mani tra i miei capelli, le mie sulla sua schiena accarezzano dolcemente.
Mi era così mancato, è una sensazione tanto divina.
"Capo scusi ma.... oh mio dio," Rebby è entrata di schianto senza bussare.
Beccati alla grande, siamo entrambi senza fiato, abbasso la testa, non voglio vedere la faccia di Leo in questo momento, non ne ho il coraggio.
"Ma che cavolo, lei non bussa mai," sento dal suo torace che sta soffocando una risata.
Prendo un po' di coraggio ed alzo lo sguardo, è ancora così vicino, abbassa il capo verso me e sorride.
"Dimmi Rebecca," dice lui separandosi leggermente da me.
"C'è un tipo, che ti cerca," la mia amica indica la porta mentre ci guarda con la faccia di chi ha visto un fantasma.
"Ok, vi lascio sole," prima di andarsene mi bacia la gota. Prende velocemente la porta, io rimango come una mongola a fissare trasognante l'uscita, quando finalmente la mia amica mi riporta alla realtà.
"Non posso crederci," dice con un tono leggermente troppo alto.
Le faccio segno di tacere e vado a chiudere la porta, si siede difronte a me con la faccia di una bambina che sta per sentire la sua favola preferita.
"Non c'è nulla da raccontare," parlo a voce bassissima tanto che lei si deve sporgere per sentirmi, con un occhio spio la porta alle spalle di Rebby.
"È successo ieri sera, è beh, era venuto a dirmi che non deve più succedere," sono confusa, molto confusa.
"Ho notato che non è più successo," commenta sarcastica
Entrò in ascensore, ci sono altre persone, troppe per i miei gusti, alla prima fermata sale Leo, gli sorrido, si avvicina a me ma tiene le distanze, mi spia di sottocchio mentre finge di mandare un sms.
"Dicevo veramente prima," ha la voce bassa, le altre persone non fanno caso a ciò che dice.
"Non deve più succedere," dice serio.
Gli oggi mi si annebbiano, no, non posso piangere, non ora almeno, tantomeno per due bacetti.
"Intesi?" Chiede proprio nel momento in cui arriviamo al piano terra.
"Si," sibilo, sguscio tra la folla di gente che se ne sta andando a casa.
Gli occhi traboccano, maledizione a me, sto piangendo a dirotto, tengo la testa bassa sperando che nessuno lo noti, passo in fretta dalla porta girevole, non devo farmi raggiungere, non voglio che mi veda piangere.

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