Un baka alquanto arguto

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Dopo giorni e giorni di viaggio via nave erano finalmente attraccati a Belfast. Sperando che quell'incubo fosse giunto al termine iniziò a pregare che la fine giungesse velocemente, che non dovesse più patire quello strazio, ma chiunque stesse su quel cielo non l'accontentò.

Captando la conversazione di due guardie capì che ben presto si sarebbero spostati in territorio francese, dove sarebbero state vendute come cavie per gli esperimenti di un pazzoide.
Non riusciva a comprendere perché dovessero prendere proprio le donne per questi esperimenti, in fin dei conti una donna è sempre più debole di un uomo. L'ideale, visti i test clinici, psichici e fisici ai quali l'avevano sottoposta, sarebbero stati dei militari. Non di certo delle normali e comuni ragazze.
Ascoltando quell'inquietante conversazione si rese conto che nessun dio l'avrebbe aiutata, che nessuno sarebbe venuto a salvarla da quella prigionia. Così cercò di tentare la fuga. L'occasione le si presentò nel cambio di guardia. Infilò una mano all'interno del reggiseno e sfiorò il frammento di specchio che portava sempre con sé, proprio per non dimenticare chi fosse. Finse un malore, e quando la guardia si avvicinò per intimarle di stare zitta, lo lanciò mirando alla gola. Fino a qualche anno fa avrebbe pianto nel vedere quel frammento di specchio conficcato nella gola di un uomo, avrebbe rabbrividito nel vedere quel fiotto di sangue zampillare lungo il pavimento, ma non ora. Ora fremeva per l'adrenalina e il compiacimento verso se stessa. Approfittando della confusione creata dalle sue compagne di cella, prese le chiavi dal corpo ormai freddo della guardia e le gettò ad una biondina.
"Libera le altre", le ordinò, ben sapendo che sarebbe morta in quel tentativo.
Iniziò a correre, più veloce che poteva, senza mai fermarsi, anche quando il fianco iniziò a pulsarle dolorosamente. Le sirene dell'allarme iniziarono a lampeggiare insieme alle luci. Sapevano che stavano tentando la fuga. Non c'era più tempo. Accelerò, il cuore che le batteva all'impazzata. Svoltò un angolo e finì contro qualcuno.
"Dove pensi di andare bambolina?". L'afferrò per i capelli fino a portala all'altezza del suo viso. Gli sputò in un occhio. "Siamo agguerrite... bene, vediamo per quanto tempo riesci ad esserlo prima di invocare pietà".
Un gesto secco della mano pallida e sentì un dolore lancinante al petto, che andava dalla base della gola alla fine dello sterno. All'improvviso la cicatrice, guarita mesi prima, riprese a sanguinare, segnandole il davanti della maglietta ormai logora. Abbassò lo sguardo. Aveva un coltello in mano. Quindi sentì un'altra fitta di bruciante dolore attorno al capezzolo sinistro.
"Forza bambolina, urla per me, fammi sentire la tua disperazione", ghignò malefico. Ma lei aveva imparato a soffrire in silenzio. Ogni minimo lamento, mugugno e gemito rappresentava una sconfitta. Inoltre, sapeva benissimo che non sarebbe servito a nulla supplicare, anzi avrebbe prolungato quella sofferenza. Con il suo atteggiamento di sfida sperava di innervosirlo abbastanza da poter morire rapidamente.
"Umm... allora sai come si gioca. Ah, è da così tanto tempo che non trovo un giocattolo così resistente...".
La lasciò andare facendo qualche passo indietro.
"Forza bambolina. Devi combattermi per aver la vita o la morte".
Si alzò valutando la situazione. Lui era armato, lei no.
"Fai la timida? Vabbè, allora inizio io". Così dicendo estrasse una frusta dalla cintura dei pantaloni e con un colpo secco la scagliò contro di lei legandole un polso. Le sorrise, e con uno strattone l'avvicinò a sé. Quando gli fu a un palmo di naso le conficcò il coltello in una spalla. Una smorfia di dolore le segnò il volto. Ma nessun suono proferì dalle sue labbra.
"Fai la dura eh? Tsk...". Estrasse il coltello dalla ferita e accostò la lama alle labbra leccandone il sangue.
"Umm... sei terrorizzata. Sento il panico nel sapore del tuo sangue, lo rende più aspro... Bene, sono un tipo testardo, quando dico una cosa faccio di tutto per realizzarla, e tu mia cara urlerai per me".
Fulmineo la pugnalò nuovamente nello stesso posto rigirando la lama più in profondità.
Un gemito le sfuggì.
"Brava!", la lodò.
"Uccidimi adesso e facciamola finita!" gli urlò in faccia.
"E liberarti a questo modo? Non esiste. Non è mia intenzione ucciderti adesso. Ho bisogno di placare la noia in qualche modo, capisci?".
La scagliò nuovamente per terra, lanciò la frusta lontano da loro e si mise in guardia.
"Forza, fammi vedere cosa sai fare".
Si alzò traballante in piedi. Sentiva il sangue inzupparle le vesti. Non sapeva per quanto tempo ancora sarebbe riuscita a rimanere vigile. Presa dalla disperazione gli si scagliò contro fingendo di mirare al volto, quanto in realtà puntava a destabilizzarlo colpendolo alle caviglie. Purtroppo parve capire le sue intenzioni, così spostando fuori asse la gamba posteriore girò su stesso in modo da portarsi di fianco a lei e le tirò una gomitata in pieno viso. Sempre con lo stesso braccio le afferrò la spalla martoriata e facendo leva su di essa la buttò a terra.
Lampi di dolore la accecarono, la vista le si annebbiò e la nausea le risalì dallo stomaco.
Le si sedette in grembo, faccia contro faccia, stringendole i capelli in un pugno. Lei inspirò profondamente rimanendo ferma a guardare, attendendo la fine.
"Sei solo una patetica puttana".
Lo sentiva sorridere contro la sua guancia. Una fitta al fianco, bruciante, acuta, la fece finalmente urlare. Lui premette le sue labbra contro le sue. "Shh, shh, fai piano", bisbigliava muovendo la punta del coltello. "Piano", ripeté tirando via la lama, e la testa di lei crollò sulla sua spalla, ma lui si sollevò per osservare il suo corpo ricoperto di sangue e sudore.
"Hai una soglia del dolere molto alta. Mi divertirò molto con te bambolina. Ora vediamo
di ricucirti queste ferite, va bene?", e tirò fuori dal cappotto un piccolo ago con del filo nero.
"Sono sempre attrezzato, nel caso trovassi un giocattolo degno della mia attenzione. Cerca di stringere i denti, va bene?", e la infilzò. Lei non ebbe nemmeno le forze per urlare. Solo un nome le risuonava nella mente, il nome dell'unica persona che avrebbe voluto vedere prima di morire.

Mr & Mrs UchihaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora