Akatsuki

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  Il mondo turbinò grigio attorno a lei. Ino combatté contro l'angoscia e ricacciò la sensazione che il suo corpo stesse cadendo a pezzi mentre le si rivoltava lo stomaco e si sentiva stringere i polmoni in petto. Un proiettile in pancia. Itachi, il suo Itachi, giaceva immerso in una pozza del suo stesso sangue che sgorgava dal foro in mezzo allo stomaco. Sotto shock, stordita dal rombare del suo stesso cuore, si accasciò a terra, i jeans che si impregnavano di quel caldo sangue. Cercò maldestramente il battito cardiaco, ma non riuscì a trovarlo.
"No", sussurrò labilmente.
I lamenti sempre più deboli di Sasori, tingevano quell'atmosfera, già di per sé terrificante, di estenua agonia.
"C...cerca di calmarti Ino...i battiti del tuo cuore, m...molto probabilmente sovrastano i suoi", la riguardì debolmente una voce: Shisui.
La giovane non riuscì nemmeno a voltarsi per verificare le sue condizioni, il labile spiraglio di speranza, la piccola probabilità che Shisui avesse ragione, la spronò a verificare immediatamente.
Prese un profondo respiro e chiuse gli occhi estraniandosi da quell'orrore che le bagnava i jeans. Quando sentì le palpitazioni diminuire, sempre con gli occhi ben serrati, ritentò la ricerca di qualunque segno vitale che la facesse sperare per la sopravvivenza del suo compagno.
Trovò il battito, labile e fievole, ma sufficiente per trasportarlo in ospedale.
Strappò un lembo della sua maglietta e la strinse con tutta la forza che possedeva attorno allo stomaco di Itachi, nella speranza di bloccare il più possibile l'emorragia.
Dopodiché si spostò verso Shisui.
"Come stai?", gli chiese Ino.
"Vivo, mi hanno beccato al fianco, nulla di serio. Piuttosto, controlla gli altri", le rispose il moro.
Con gambe tremanti Ino si avvicinò a Daidera, che sembrava semplicemente svenuto. Purtroppo, quando cercò di trovare il battito non sentì nulla.
"Deidera è morto", dichiarò, girandolo di fianco per capire la causa del decesso.
"Uno dei chiodi dell'assemblaggio del tavolo gli ha perforato la cervicale", spiegò.
Si voltò verso Sasori, l'uomo aveva smesso di gridare, ansimando freneticamente alla ricerca di aria: il suo petto era ridotto a un colabrodo da una sfilza di proiettili. Non c'era niente da fare. Riusciva a vedere il sangue ribollire dai fori all'altezza dei polmoni.
Un conato di vomito le risalì lungo la gola, corse in un angolo e rigettò tutto quello che aveva nello stomaco.
Cosa devo fare? Cosa posso fare? Non posso chiamare un'ambulanza, né i rinforzi, visto che non c'è nessuno nelle vicinanze.... È un miracolo che siano resistiti così a lungo.
"Calma Ino", le disse Shisui.
"Vi porto in ospedale", affermò perentoria la bionda.
"Non puoi portarci in ospedale, inizierebbero a fare domande e coinvolgerebbero i federali. Non possiamo ancora uscire allo scoperto"
"Me ne fotto! Hai capito? Io vi porto in ospedale, poi si penserà a come agire, ma non sopravvivrete ancora a lungo in queste condizioni", tuonò la giovane, irremovibile nel suo intento.

۞


Sto seduta sul divano del salotto, i fogli dei dossier delle ultime due missioni sparpagliati disordinatamente tra i cuscini del divano color crema. Afferro quello che dovrebbe essere il primo foglio del dossier Cates, e leggo per quarta volta consecutiva.
NOME: Alexander
COGNOME: Cates
Età: 38 anni
NATO IL : 20 Dicembre del 1979 a Vancouver, Canada.
PROFESSIONE: trafficante d'armi.
NOTE: Nel 2004, il signor Cates entra in contatto il biologo Orochimaru instaurando un proficuo e longevo rapporto d'affari. Da quanto rivelato da controlli incrociati sugli screaming dei versamenti bancari, il signor Cates finanziava puntualmente con circa otto milioni a bimestre, una particolare ricerca del biologo riguardo le cellule staminali nella lotta contro il cancro. Da indagini indotte sulla vita privata del milionario, la sua condotta era stata motivata dalla malattia di suo figlio Jared, di circa 4 anni.
La ricerca sperimentale sul piccolo Jared diede inizialmente degli ottimi risultati, ma in seguito, circa tre anni dopo, il piccolo Jared perse la vita per un rigetto improvviso della cura. Solo due anni dopo Cates divorzia dalla moglie, Caterina Pertoknis, la quale fu ritrovata uccisa nemmeno quattro mesi dopo il divorzio. Nessuna indagine fu aperta sul caso, che fu semplicemente archiviato come suicidio.
Nonostante il divorzio, e la prematura e alquanto imprevista departita del figlio, Cates non taglia i finanziamenti a Orochimaru, anzi, il loro rapporto si consolida notevolmente, pazziandosi immediatamente tra le prime fila ai vertici delle schiere del biologo.
Dalla scomparsa di Orochimaru e Nagato Uzumaki, in reazione alla repentina presa di potere di Kabuto, il suo secondo, Cates ha iniziato a muoversi per far piazza pulita delle vecchie èlites.
SCOPO DELLA MISSIONE: sequestrare Cates al gala che si terrà al museo delle scienze Pilipp and Patricia e carpire quante più informazioni possibili, anche con sevizie e torture. Unico limite della missione è impedire la morte dell'obbiettivo.
Quando leggo il nome Di Uzumaki Nagato, per l'ennesima volta tento di rintracciare Itachi con un telefono non rintracciabile, ma, come per le precendenti volte, scatta la segreteria telefonica.
Presa dallo sconforto mi alzo in piedi ed inizio a passeggiare per la lunghezza del salone, gli occhi che fissano i miei piedi scalzi seguire le assi del parquet, obbligandomi a trovare una soluzione.
Arrivata di fronte la finestra che si affaccia sulla stratda trafficata, scorgo la chioma argentea di un vecchietto. Ed ho un'illuminazione.
Kakashi!
Mi dirigo verso il divano, ed inizio a cercare freneticamente il cellulare. Non appena lo trovo cerco in rubrica il suo numero e lo chiamo.
"Confettino! Da quanto tempo non ti facevi sentire?", mi risponde la sua voce pacata.
"Perdonami Kakashi, ma non ho avuto completamente tempo".
"Cosa è accaduto?".
"Ti ricordi di Shisui e di Itachi?", chiedo.
"Si"
"Non riesco a mettermi in contatto con loro. L'ultima volta che li ho sentiti stavo parlando al telefono con Itachi, quando... quando un'esplosione ha fatto saltare la comunicazione. Il numero di cellulare è ancora attivo, ma non risponde nessuno".
"Quanto tempo è passato?"
"Un giorno".
"D'accordo, ci penso io. Tu come stai? Tutto bene?", mi domanda premuroso come al solito
"No... qui è un gran manicomio. Sono stata riassegnata al caso Orochimaru. Ho ben due missioni di livello S da portare a termine se voglio chiudere con questo lavoro".
"Non puoi rifiutare? TenTen sembra una donna di buon senso..."
"Non è TenTen che affida i casi, ma il nuovo direttore generale. A proposito, potresti cercare qualcosa su un certo Ozumida?".
"è il nuovo capo?"
"Si, ed è un tipo alquanto violento e intimidatorio".
"D'accordo, ti faccio sapere al più presto. Però mi sembra alquanto strano che la missione riguardo Cates sia stata catalogata al livello S. insomma, Cates si trova qui negli States, quindi ricadrebbe sotto la giurisdizione dell'FBI. Non potreste nemmeno sfiorarlo senza incappare in qualche trappola burocratica. Inoltre...".
"Cosa?"
"Inoltre teniamo Cates sotto stretta sorveglianza da ormai parecchi anni, e non è saltato fuori nulla di particolare, a parte i suoi legami con Orochimaru, ormai parecchio diluiti da un profondo sentimento di discordia. Quindi perché proporti quest'inutile missione e spacciarla da livello S?".
"Non ne ho la minima idea".
"Ti farò sapere in mattinata, tu stai attenta, ti raccomando".
"Come sempre".
Chiudo la chiamata e getto il telefono sul il divano. Con la mente ripercorro la conversazione tenuta con il signor Ozumida.
È un peccato, un gran peccato, che una bellissima donna come lei si sia legata a Sasuke Uchiha.
Cos'altro mi sta nascondendo Sasuke?
Potrei far indagare Kakashi.
Lancio un'occhiata al telefono. No, non potrei mai fare una cosa del genere.
Sento la porta d'ingresso aprirsi.
"Sakura?", mi chiama.
"Sono qui", gli rispondo alzandomi.
"Come è andata oggi?", gli domando.
"Bene... purtroppo mi hanno affidato un incarico fuori dallo stato".
"Dove?"
"Texas, ho dato la disponibilità solo come ultimo incarico. Tu?", mi chiede avvicinandomisi e rubandomi un bacio di benvenuto.
"Anch'io devo dare una consulenza in Florida. Parto questo pomeriggio"
"Quindi stanotte mi farai dormire da solo? Non puoi partire direttamente domani mattina? Almeno andiamo all'aeroporto insieme", mi chiede con gli occhi pieni di promesse per la notte.
"Non posso, mi attendono per la sera", sospiro sconfortata.
"D'accordo", sbuffa infastidito come un bambino capriccioso, come se non volessi passare la notte con lui.
"Mi prometti che starai attento", gli domando passandogli la mano tra quei folti capelli di seta.
"Tsk".
Che permaloso!
"Non è una risposta", gli faccio notare.
"Invece lo è. A che ora devi prendere l'aereo?".
"Tra un'ora, stavo giusto aspettando te per salutarti".
"E come hai intenzione di salutarmi?"
"Saliamo su, così ti faccio ritornare il sorriso", gli propongo conciliante.

Mr & Mrs UchihaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora