La fine

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  Sasuke

Entriamo nella struttura dove tengono prigioniera Sakura. Io, Kakashi e Shisui siamo a capo delle rispettive squadre, ognuna delle quali composta da quattro membri dell'FBI, tranne la mia che ne prevede tre, essendoci Alexander.
Corro in questa moltitudine di corridoi, il cuore che rimbomba in sincronia con il passo dei miei piedi.
Dove sarà Sakura? Starà bene?
Non appena vedo una stanza vi entro dentro, incurante per la mia incolumità e di quella dei miei compagni.
Al suo interno scorgo due uomini, entrambi imponenti. Uno di questi, con lunghi capelli neri, tiene per la gola un abominio dalla pelle azzurrognola
Non appena gli occhi color carbone del primo uomo incrociano i miei, esce una katana da dietro la schiena, e con essa recide del tutto la testa del mostro che rotola fino ai miei piedi con un'espressione di muto stupore.
"Finalmente ho il piacere di conoscerti di presenza, Sasuke", mi parla con voce profonda.
"Madara".
"In carne ed ossa", mi risponde.
"Dov'è Sakura?".
"Stavo andando a cercarla. Ce ne avete messo di tempo per arrivare", mi rimprovera.
"La Thailandia è un po' fuori mano da New York".
"Immagino...ma con la giusta motivazione speravo che accelerassi i tempi".
"Tsk", sbuffo esasperato.
"Vuoi continuare a farmi la predica, o andiamo alla ricerca di mia moglie accelerando i tempi?".
"Preferirei scuoiarti vivo, in questo momento, ma credo che tua moglie sia più importante di un mio personale desiderio", mi zittisce rimettendo nel fodero la katana con un sordo sibilo, per poi passarmi avanti e uscire.

Shisui

Giuro che non appena la troverò le impianterò un sistema GPS. So come agire in queste situazioni, o meglio so come dovrei agire. Purtroppo, quando entrano in gioco interessi e affetti estremamente personali, la logica e la fredda razionalità che con tanta fatica e sofferenza conquistiamo con l'esperienza, vanno a farsi fottere.
E quando si tratta di lei, il mio cuore non accetta logiche strategiche, né quantomeno tattiche, obbedendo soltanto a quell'istinto primordiale che mi urla di difendere ciò che è mio. Perché lei è mia. Può anche essere sposata con l'Uchiha sbagliato, ma rimarrà per sempre il centro del mio mondo, la mia unica ragione di vita che, dopo la morte della mia adorata sorellina, mi permette di convivere con quel lato scomodo della mia umanità: la vulnerabilità dettata dai sentimenti.
Lotto con me stesso, cercando di sopprimere la belva nera che cerca di fuoriuscire e sterminare tutto e tutti.
Non appena indovino la sala comandi, ovvero dove si trova l'intero impianto di sorveglianza, sfondo la porta blindata con una carica di dinamite, incurante del boato che mi squarcia le orecchie. Estraggo la mia pistola, e con due colpi precisi spedisco all'aldilà due scagnozzi della yakuza. Mi chino sopra quel tavolo disseminato di carte e monitor, e il mio cuore cessa di battere quando scorgo il corpo minuto di Sakura immobilizzato su un tavolo. Le sue candide gambe sono spalancate, e tra di esse si erge Kabuto con i pantaloni sbottonati. Individuo il codice di identificazione della telecamera, e dopo aver decifrato le rispettive coordinate, contatto Kakashi.
"Sono nella terza stanza a nord-est della struttura. Vai immediatamente lì", ordino.
"Al momento siamo alquanto impegnati con i tuoi cari amici della yakuza", mi informa la voce di Kakashi inframmezzata dal sibilo dei proiettili, e da urla di agonia.
"Cazzo!", impreco. Inizio a correre ancor più velocemente. Tutto il mio essere proteso ad arrivare il prima possibile.
In quei minuti, frangenti di tempo che parvero infiniti, pregai per la prima volta in vita mia di arrivare in tempo, prima che quell'orrenda tragedia fosse consumata.
Sapevo che dovevo avvisare Sasuke, tener conto della probabilità che lui potesse trovarsi nelle vicinanze.
Ma agii da solo, solo con i quattro agenti dell'FBI che erano al mio seguito come supporto.
Il rumore delle suole delle scarpe su quel cemento sterile scandiva i secondi che avevamo a disposizione. Secondi preziosi oltre l'inimmaginabile.
Ho capito di esser nelle vicinanze nel modo peggiore: ascoltando le urla disperate di Sakura.
Sento la rabbia scorrere in tutto il mio corpo, prendere il posto del sangue, e corrodere la mia anima come il più tossico dei veleni.
Con un calcio, incurante di costituire un facile bersaglio, apro la porta, e senza pensare, senza udire i rumori che mi circondano, sordo a tutto tranne che al rombare della mia ira, mi fiondo su quel mostro staccandolo a forza dal corpo di Sakura e gettandolo in un angolo della stanza.
"Stai bene?", le chiesi ansimando.
Solo in quel momento notai la sofferenza che galleggiava sul fondo di quegli occhi smeraldini, spalancati dallo shock e dall'angoscia.
"Sakura rispondi", le ordina bruscamente, incapace anche della più lieve gentilezza.
Vedere i suoi occhi riempirsi di lacrime mi fa imprecare contro me stesso.
"Credo di stare bene, sono solo sotto shock. Non mi ha toccata", mi riferisce.
Le offro una mano per aiutarla a scendere da quel tavolo.
"Cosa dobbiamo farne di questo qui?", mi domanda un'agente.
"Ammanettatelo, ci penserò più tardi", gli risposi.
Vedendo Sakura barcollare, la prendo in braccio, e la conduco fuori da quell'inferno.

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