Il passato che torna a bussare

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Sakura
Ci sono momenti nella vita, brevi attimi che sembrano un'eternità, in cui siamo chiamati a scegliere: cosa mettersi per un primo appuntamento, se baciare o meno il ragazzo con il quale siamo uscite, se tagliarci i capelli, se avere figli o concentrarci sulla carriera.
Semplici, e quasi banali, domande; domande che possono essere sciolte nell'arco di un attimo, il tempo di un respiro, di un battito di ciglia, eppure a noi, noi che ci tormentiamo nel dilemma di compiere la scelta giusta, quel breve lasso di tempo si espande all'infinito diventando un purgatorio.
Chi devo salvare?
Posso mai elevarmi a giudice divino?
"Hai scelto?", mi sussurra all'orecchio Madara, la sua viscida lingua che penetra nel mio orecchio.
"Non toccarmi", lo minaccio senza nemmeno voltarmi, la mente in fermento per cercare una via d'uscita.
Mai arrendersi: questo è quello che mi ha sempre ripetuto Shisui.
"Cosa pensi di fare in questa situaz...".
Afferro la mano con la quale mi carezza i capelli e faccio leva nel palmo, sotto il pollice, paralizzandogli la mano e l'intero braccio.
"Un po' presuntuoso, no?", lo sbeffeggio costringendolo in ginocchio, ai miei piedi.
Ma la mia sicurezza vacilla quando vedo che sorride.
"Lo sapevo.... Lo sapevo che saresti diventata fenomenale. Ma, mi duole dirti che il comando in questa situazione, nonostante le attuali apparenze, lo detengo io: solo io", mi avverte, gli occhi incandescenti di rabbia e ammirazione.
Troppo presa da quegli occhi maledetti, non riesco a captare la spazzata che fa alle mie gambe, ritrovandomi immediatamente col sedere per terra.
"Vuoi lottare?", mi domanda nuovamente in piedi, la sua figura che domina la mia.
"Cosa ne otterrei?"
"Potrei essere magnanimo se saprai stupirmi", mi propone con un sorriso.15 anni fa.
Busso alla porta di mogano. Non so perché lo faccio, in fin dei conti mi è stato ordinato di venire qui, sono stata richiesta. È proprio a causa di ciò che il mio cuore aumenta la frequenza dei suoi battiti, costringendo i polmoni ad una spasmodica ricerca di ossigeno.
Ho paura, come ogni volta che la mia presenza viene richiesta in questo studio.
Non sono una vigliacca, una debole, ma ciò che accade in questo studio piegherebbe qualsiasi essere presente su questo mondo.
Quindi sì, ho paura. Ho paura di perdere un altro pezzetto di me, di dovermi piegare alla mera sopravvivenza e poi dover fare i conti con me stessa.
Chiudo gli occhi e poggio la fronte sul quel legno pregiato, cercando di indossare la mia solita maschera: quella dell'impavida sfrontata.
"Entra", mi ordina la voce.
Entro nell'immenso studio arredato all'inglese, uno stile che stona con i personaggi che lo popolano. Infatti i cinque uomini qui presenti, vestiti all'occidentale, sono seduti sugli zabuton, costringendomi ad inginocchiarmi per servirli con il sake ordinatomi.
Non il minimo cigolio segnala la mia entrata, né il rumore dei miei passi su quella moquette, solo lo spostamento d'aria che il mio corpo in movimento provoca in quella cappa di fumo.
"Ecco", annuncio, per poi inginocchiarmi a lato di mio padre, e servire l'alcolico agli ospiti.
Sono due uomini, il primo a destra avrà all'incirca una quarantina d'anni, ma il viso, solcato da profonde rughe d'espressione, lo fa apparire molto più vecchio.
"E lei chi sarebbe?", domanda il secondo con una profonda voce baritonale.
È un uomo sulla trentina, di bell'aspetto, con due magnetici occhi scuri, ora illuminati da un interesse che conosco troppo bene.
"è mia figlia", risponde Danzo.
Il moro scoppia a ridere, una risata calda e piena, come se fosse realmente divertente il fatto che fossi la figlia di quel vecchio decrepito affarista.
In effetti, pensandoci bene, la cosa è alquanto comica.
"E bravo il nostro Danzo! Vedi che, quando non ti dedichi esclusivamente al bene della nostra nazione, riesci a fare qualcosa di buono, anzi, di meraviglioso?", esclama strizzandomi l'occhiolino.
"Lasciala fuori da tutto questo Danzo!", dice il primo con voce severa.
"Suvvia Fugaku, non fare il moralista", borbotta il moro.
"è solo una ragazzina!", sbotta Fugaku.
"Se è per questo lo sono anche Sai e Itachi", sottolinea Danzo poggiando una mano sulla spalla di mio fratello.
"Non sono una ragazzina", esordisco scrutando ognuno di loro.

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