Capitolo 14 🌻

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Isabel

Un suono trillante e fastidioso raggiunge le mie orecchie, una musica famigliare; potrebbe essere la mia sveglia, ma sembra così lontana e io ho così tanto sonno che cerco di ignorare questo rumore insistente.

Forse sto sognando, è quello che spero, perchè non possono già essere le otto; mi sembra di essermi addormentata appena dieci minuti fa.

Mi costringo ad aprire gli occhi e purtroppo constato che sono quasi le otto e venti e che quindi sono già in ritardo, ancor prima di alzarmi. Sono senza speranza, come ho fatto a non sentire l'allarme del mio telefono che suona a intermittenza da venti minuti?

Spengo tutto e mi tiro su dal letto, ancora mezza addormentata; quanto vorrei non dover abbandonare questo groviglio di lenzuola e coperte, ma stamattina devo andare in ospedale e stare con papà, visto che mia madre è impegnata con degli affari urgenti.

Mi guardo allo specchio, mentre mi lavo i denti. Il mio riflesso è spaventoso, sono bianca come un cadavere e ho due orrende occhiaie nere e profonde; sembro pronta per una festa di halloween!

Ieri sera, anzi stanotte, sono stata con Jack fino le quattro del mattino; dopo la lunga serie di confessioni a cuore aperto, siamo rimasti su quella panchina a parlare quasi fino all'alba. Abbiamo disquisito di un sacco di cose; dopo aver affrontato argomenti spinosi, come la liaison tra Arthur e mia madre, siamo passati a temi più leggeri.

Devo ammettere che ci sono ancora un milione di domande che vorrei fargli. Ad esempio vorrei sapere il nome di sua madre e perché è morta. Era malata? Ha avuto un incidente? Cosa è successo? Avrei voluto parlarne con lui stanotte, ma non volevo sembrare invadente; inoltre sento che quando sarà pronto, sarà lui stesso a raccontarmi tutto.

Penso che quella appena passata sia stata la notte più intima che abbia mai condiviso con un uomo; il modo in cui Jack teneva le sue mani su di me, come se fosse padrone del mio corpo, è una circostanza del tutto nuova. Lui è molto sicuro di sé, sembra che sappia sempre quello che sta facendo; io, di contro, sono piuttosto impacciata e inesperta e non faccio altro che lasciarmi guidare dall'istinto, desiderosa solo di poter raggiungere la quiete che, ultimamente, solo la sua vicinanza riesce a darmi.

Purtroppo, però, passato il momento, inizio ad analizzare la situazione istante per istante, gesto per gesto, parola per parola, ritrovandomi quasi sempre a pensare di aver fatto qualcosa di sbagliato e a pentirmi del mio atteggiamento, ripromettendomi di tenere di più le distanze la prossima volta. E poi, la volta dopo, vedo Jack, i suoi occhi, il suo sorriso curativo e nell'istante in cui lui mi tocca, o anche solo mi sfiora, il mio corpo brucia, la mia pelle prende fuoco e i miei buoni propositi vanno a farsi benedire.

Non so se mi sento così solo per il fatto che lui è un uomo attraente ed esperto e io solo una bambina appena cresciuta, priva di qualsiasi tipo di esperienza all'infuori di qualche bacio e di qualche toccatina furtiva, data sempre sopra i vestiti.

Gli unici due ragazzi con cui sono stata non mi hanno mai fatto questo effetto, probabilmente perché, in fondo, non sono stati altro che due amori infantili e innocenti.

Daniel, il mio primo fidanzatino, è stato con me dai quattordici ai sedici anni; andavo d'accordissimo con lui, gli volevo bene, ma passavamo più tempo a guardare film e giocare a giochi da tavola, che a baciarci o a smaniare dalla voglia di scoprire i nostri corpi da adolescenti con gli ormoni a palla. È stato un buon amico e ho pianto per lui quando si è trasferito a Los Angeles; mi sono disperata pensando di aver perso l'amore della mia vita; di fronte a quella separazione forzata ho sentito un dolore che solo una ragazza di sedici anni può provare.

Come in un sognoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora