Prologo 🌻

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Isabel

Il taxi su cui viaggio percorre le strade della città semi deserta, mentre io lascio vagare il mio sguardo tra le vie parigine. Ferma a un semaforo, osservo distrattamente la vetrina di una delle prestigiose gioiellerie di Boulevard Montmartre; cercando invano di distrarmi, passo in rassegna la merce, sistemata su piedistalli in cristallo: scintillanti collier di diamanti e pietre preziose, anelli da migliaia di euro e orologi di ogni dimensione, forma e gusto.

Un Cronographe Suisse, con quadrante in argento massiccio nero e cinturino in pelle scura, cattura la mia attenzione. Papà l'adorerebbe, perfettamente nel suo stile, retrò ed elegante. Magari glielo comprerò per Natale. Magari lo accompagnerò a un bel paio di gemelli personalizzati. Magari un regalo costoso e sofisticato mi farà guadagnare un po' di punti ai suoi occhi.

Mi sto prendendo in giro da sola. Purtroppo l'affetto non si può comprare e io lo so bene. Nemmeno l'intera gioiellieria potrebbe migliorare i nostri rapporti.

Scatta il verde e mi lascio alle spalle il Cronographe svizzero, così come dovrei fare anche con i miei pensieri. Mi massaggio le tempie e, mentalmente, continuo a ripetermi che si tratta solo di un paio di settimane e poi sarò nuovamente qui; di nuovo nella città che, negli ultimi tre anni, è stata la mia casa e il mio rifugio sicuro. Lasciarla mi mette sempre in ansia, ma non vedo la mia famiglia da più di un anno, perciò, a meno che non voglia che mio padre mi odi più di quanto già non faccia, mi preparo a tornare nella mia casa natale, in Tennessee.

Un timido sole si affaccia sul cielo terso, colorando la strada, e gli alberi che la fiancheggiano, di tenui sfumature brillanti. È l'alba e Parigi è ancora addormentata, proprio come me, che non ho chiuso occhio per tutta la notte. Appoggio la testa contro il finestrino, sperando di riuscire a sonnecchiare un po' prima dell'arrivo in aeroporto, ma sono un fascio di nervi e la mia mente non ne vuole sapere di riposare. Ogni anno, ogni volta che preparo i bagagli per andare dalla mia famiglia, ogni volta che sto per salire su un aereo diretta a casa, è sempre così che vanno le cose: notti insonni e inquietudine crescente.

Non riesco a stare ferma, perciò afferro tra le dita il pendente della mia catenina, un piccolo cuore rosso, e inizio a giocarci, come sono solita fare quando sono irrequieta. Dal finestrino leggermente appannato, in lontananza, osservo la Tour Eiffel, che aspetta l'arrivo della solita massa di turisti, pronti ad aspettare per ore e ore, pur di ammirarne il panorama dall'alto; la sua punta padroneggia su tutta la città e, nonostante le sue diecimila tonnellate, questo monumento di ferro ha un'aria leggera e bohemien, che lo rende a dir poco stupendo e perfetto. Me ne sono innamorata dal primo momento, nello stesso istante in cui l'ho vista, forse perché, anche lei come me, doveva restare nella città dell'amore solo per pochi mesi, per poi essere smantellata e dimenticata. E invece eccola, ancora qui a distanza di anni. Come me, anche lei è rimasta in questa città magica e non se n'é più andata.

Amo la mia vita ora, perciò non mi pento di aver lasciato il mio paese e la mia famiglia per venire a stare qui; benché io sia certa che l'essermene andata di casa abbia incrinato i rapporti con mio padre in modo irrimediabile. Nonostante questo, non smetto di sperare, anche se ci sbatto il naso tutte le volte; il pensiero che un giorno lui mi perdoni per le mie decisioni non mi lascia mai e ogni volta che torno a casa, questa speranza si riaccende. Anche oggi, parto sognando che lui mi abbracci e mi guardi come se non fossi la delusione più grande della sua vita.

'Forse, questa è la volta buona, Isabel,' dico a me stessa, 'cucinerai così tante cose prelibate che lui sarà fiero di te e del fatto che tu sia diventata una cuoca provetta; gli racconterai quanto è bella la pasticceria dove lavori, quante cose utili hai imparato e quanto adori questa splendida città. Gli dirai che ti mancano solo sei esami all'università per laurearti in letteratura, che sei felice e appagata e, forse, per la prima volta in vita sua, lui metterà da parte il suo orgoglio e si dimostrerà semplicemente felice per te', penso speranzosa.

So che questa è solo una pia illusione, e che per quanti sforzi farò durante queste due settimane, lui mi eviterà come sempre e si fingerà felice e sereno solo per non cadere in litigi inutili che ferirebbero la mamma, l'unica che riesce a tenergli testa, l'unica persona che ama davvero e che può tirar fuori qualcosa di buono da un uomo come lui.

So perfettamente tutto questo, ma nonostante gli anni e nonostante le miglia che ci dividono, questa consapevolezza riesce ancora a farmi male, a rendermi insicura e a impedirmi di essere me stessa quando sono con lui, solo per paura che mi guardi di nuovo con disprezzo o, peggio ancora, che non mi guardi affatto, come se non meritassi nemmeno un briciolo della sua attenzione.

Perciò, anche in questo viaggio, anche se l'ansia mi stringe già lo stomaco e vorrei scendere ora da questo taxi e tornare nel mio appartamento lungo le rive della Senna, so già che anche in questo maledetto ritorno a casa, cercherò di compiacerlo per due settimane. Permetterò a mio padre di esercitare di nuovo potere su di me, gli consentirò di distruggermi ancora con uno sguardo o con una sola parola.

'Sono solo una quindicina di giorni, meno di un ergastolo, poco più di un banale ricovero in ospedale. Posso farcela'.

Do un ultimo sguardo alla mia amata città e chiudo gli occhi, sperando di riuscire ad addormentarmi e a quietare così i miei pensieri bui.

Quello che non so ancora, è che non tornerò a Parigi e che i motivi per cui mio padre mi odierà saranno molto più sconvolgenti di quelli a cui penso ora. A dare il via al tornado che distruggerà la mia vita saranno due occhi grigi, due occhi grigi come il ghiaccio.

Come in un sognoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora