3. Quel sorrisetto

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Era snervante.

Snervante dover partecipare a quelle cene e tenere fisso sulle labbra un sorriso che non era tuo. Snervante far finta di essere la famiglia perfetta e felice solo per attirare clientela e fare buona impressione all'azienda, come se delle tubature per l'acqua costruite da mio padre mi avessero cambiato la vita. Snervante far amicizia con i figli viziati e arroganti di imprenditori ricchi che tra le mani possedevano mezzo modo, e sentirli mentre si lamentavano di quanto era piccola la loro villa a Los Angelos rispetto a quella a Tokyo.

Se c'era una cosa che non tolleravo erano le persone viziate, e chissà come stasera avrei avuto l'occasione di conoscerne di nuove.

Stavo terminando di dare una sistemata alla camera - mamma era fissata con l'ordine -, quando la porta si aprì e un peso morto in ghingheri si tuffò sul mio letto.

<<Carino...>

Francesco si alzò a sedere sul bordo del letto e mi lanciò un'occhiataccia. <<Senti, ho bisogno di un favore>> mi mostrò una cravatta a quadri bianchi e blu.

<<Ehm... lo sai che non so metterla, vero?>>

Ma prima che potessi dire altro lui me la lanciò addosso, e io la presi al volo senza capire. <<Devi solo nasconderla, Sam. Niente di difficile>> mi fece l'occhiolino.

Annuii, e mentre lui usciva dalla mia camera, gettai la sua cravatta in qualche parte remota dell'armadio.

Arrivai in cucina e trovai mamma con un elegante vestito rosso che fasciava perfettamente la sua vita stretta. Stava tirando fuori dal forno la luce della serata - le lasagne - per metterle poi sul piano di cottura. Papà invece aveva lo sguardo fisso sul cellulare e stava seduto su una casuale sedia della tavola ben apparecchiata con tanto di candele e antipasti invitanti. Indossava uno smoking simile a quello di Francesco, ma lui aveva anche la cravatta. E infine c'era Anastasia che stava finendo di apparecchiare posizionando ogni singolo elemento con grazia. Indossava un vestito nero che aveva il girocollo, e sembrava quasi serena.

Mamma si voltò a guardare uno per uno e, comportandosi come la maniaca del controllo che era, fece un commento ad ognuno. <<Renato puoi staccarti due secondi da quel coso? Anastasia, raccogli i capelli in una coda. Non ti si vede il viso. Samantha, sorridi. Non avere quella espressione cadaverica. E Francesco...>> si fermò per sospirare e scosse la testa. <<...la cravatta>>

<<Credimi, mamma, se potessi mi strapperei di dosso questo smoking e lo butterei nel camino per dargli fuoco>> aggiunse andando verso l'ingresso, seguito da mamma e preceduto da papà.

<<Non abbiamo un camino, Francesco>> gli fece notare mio padre.

<<E secondo te perchè sono vestito come un pinguino?>>

Il campanello suonò. Mamma rizzò le orecchie. Papà si alzò dalla sedia sistemandosi la giacca. Francesco si trascinò verso l'ingresso.

E stavo per andare anche io quando Anastasia mi venne incontro bloccandomi la strada, mi mise in mano le posate e mi fece l'occhiolino per poi raggiungere il resto della famiglia.

Roteai gli occhi e mi affrettai a sistemare le posate mancanti, mentre delle voci sconosciute riecheggiavano dall'ingresso.

<<Giorgio, quanto tempo!>>, disse papà con un tono allegro, e per niente compatibile con la serietà di qualche istante prima. 

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