17. Seguo la signora delle tenebre

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Io ed Harle ritornammo alla sezione con Angel. Quando Harle l'avvertì lei corse a prendermi dei vestiti asciutti e poi senza, (stranamente), fiondarsi su di me, mi scrutò con attenzione.  Zoppicavo un po', e mi faceva ancora male la mascella, ma per il resto era tutto ok. Be' quanto ci si può definire ok quando sei appena stato pestato? Noah mi aveva salvato le chiappe con quel suo unguento puzzolente, gli dovevo molto.
Mi addormentai presto e profondamente, tanto che, non feci caso al fastidioso chiacchiericcio degli altri ragazzi del dormitorio. Harle mi era rimasto accanto tutto il tempo, pure nel mondo dei sogni.

Sognai di essere in un polveroso e buio scantinato con solo la luce di torce infuocate. Ci avviammo verso una grande porta di legno massiccio, ma lì di fronte, apparvero dal nulla Angel e Noah. Bloccavano il passaggio con le braccia strette al petto. Harle allungò il passo e si avvicinò a loro, per poi girarsi verso di me e dire :"Non sei ancora pronto".

Mi svegliai con un brutto mal di testa. Mi misi a sedere e stropicciai gli occhi. Erano le sette di un sabato mattina, questo voleva dire niente lezioni e giornata libera. Tutti i ragazzi stavano ancora russando. Pure Harle. Dormiva a bocca aperta con le lenzuola che gli coprivano solo una gamba, il cuscino era per terra e un braccio era appoggiato al comodino. Non potei non sorridere a quella scena, lui era un vero e proprio personaggio, anche quando dormiva.  Mi diressi verso il bagno per farmi una doccia l, una che speravo, non mi avrebbe soffocato all'improvviso. 
Se mia madre doveva darmi un segno, avrei preferito una telefonata, un messaggio, una lettera... anche un piccione viaggiatore se proprio non sapeva come contattarmi, ma farmi morire prima ancora di conoscermi, mi sembrava esagerato!
Ripensai, sotto l'acqua calda, alla giornata passata, e all'incontro con Noah. Dovevo ringrazziarlo. Quando era scappato non ne avevo avuto il tempo. Perchè aveva reagito così con Harle?
Uscii dalla sezione e percorsi i corridoi, vuoti e silenziosi. Vagai senza sapere dove andare per un po', ma mi fermai di fronte ad una porta in argento, con suggestive incisioni.
Vi erano diverse rappresentazioni di stelle, come il Sole. Poi, in un angolino, vidi il disegno stilizzato di una donna che emanava luce. "Cometa" mormorai. Allungai la mano verso l'incisione. Avevo come una sorta di legame con lei. Mi aveva mostrato il mondo a cui facevo realmente parte e poi, era stata molto gentile. Mi sentivo, finalmente, apprezzato.
"Io non lo farei se fossi in te" mi girai e vidi Noah. Indossava una felpa nera e si teneva il cappuccio in testa e le mani in tasca. "Perchè no?" chiesi. Mi guardò come se fossi stupido. Certo! Nessuno faceva caso al fatto che fossi quello nuovo e non sapessi nulla di quel posto. Mi sarebbe piaciuto seriamente sembrare meno idiota. "Ma da dove vieni?" sbuffò. "Da Las Vegas e grazie per aver notato la mia ignoranza sul mondo dei figli dei corpi celesti, sul serio, sono colpito..." ironizzai alzando gli occhi al cielo. "Le porte delle sezioni sono fatte per proteggere i diversi dormitori e i figli a cui è stata consacrata. Se tu la toccassi, visto che sei figlio di costellazioni, potresti rimanere: fulminato, mutilato, ustionato..." spiegò. Lo guardai a bocca aperta e indietreggiai. "Sul serio?" chiesi. Noah annuì prima di fare spallucce e girare i tacchi  e andarsene. "Aspetta! Devo ringraziarti per ieri" esclamai. "Ho fatto quello che andava fatto. Buona giornata" continuò a camminare. Azzardai qualche passo prima di urlare: "Perchè ieri sei scappato quando è arrivato Harle?". "Non sono scappato" mentì. "Non è vero" dissi. "Senti, è già tanto se ti ho aiutato ieri. Voglio starmene da solo, per i fatti miei senza nessuno che mi ronza in torno, e avere più di una persona che pensa di essere in debito con me è già fin troppo stressante! Mi piace stare nell'ombra" sbottò. Scoppiai a ridere. "Tu? Nell'ombra? Sei il figlio del Sole, come puoi stare nell'ombra?" Chiesi. "Si può essere diversi dai propri genitori ed io, non voglio per niente essere come loro. Li ho incontrati, entrambi. È per questo che voglio mantenermi nell'ombra, non ho mai conosciuto persone più ipocrite e vanitose" sbottò. "Hai conosciuto i tuoi genitori?" Chiesi. "Sono uno dei pochi, ma sì. Speravo in qualcosa di meglio e mi sono ritrovato a detestarli. Ora vado, ciao" questa volta lo lasciai andare.
Noah aveva ragione. Io non ero come i miei genitori, eppure l'avevo dato per scontato. 
Passai il mio pomeriggio con Ben e Harle, che mi aiutarono ad affinare le miei tecniche con la spada, nonostante non fosse quella la mia arma. Ad ogni sfida perdevo, non c'era una volta che riuscissi a parare un loro fendente o altro. No, sicuramente la spada non era adatta a me.
Tornammo alla sezione verso le sette di sera e ci preparammo per andare in mensa. Era al piano inferiore ed era composta da tanti tavoli circolari da pic-nic. Vi era già stata servita la cena, quando io e gli altri due ragazzi, arrivammo. Carne con patate arrosto. Angel era seduta ad un tavolo e sfogliava un libro. Mi sedetti accanto a lei e dissi: "È interessante?". Lei lo chiuse di colpo e lo buttò nella sua borsa. "Niente! Non trovo niente riguardante a..." adocchiò Ben che stava ascoltando. "quella cosa lì" concluse. Cercava informazioni sullo spirito di Chirone da ormai giornate intere. "Le troverai" la rassicurò Harle. "Spero!" Sbottò.
Tornammo alla sezione dopo cena e andai a letto presto.
Quella notte la passai in uno stato di dormi-veglia. Non ero del tutto sazio dal sonno, ma non riuscivo a riposare come avrei voluto. Decisi di alzarmi e andare a fare una passeggiata. Nel cuore della notte nessuno mi avrebbe disturbato. Camminai fino al secondo piano, ma sentii dei passi e mi nascosi. Avrei preferito non farmi beccare, ci mancava anche una punizione. Dal corridoio ne uscì una ragazza. Era vestita con un maglioncino nero a collo alto e leggins del medesimo colore. I capelli erano legati in una coda. Quel colore straordinario, della sua chioma, l'avrei riconosciuto ovunque. Raven se ne stava andando al piano di sotto. I suoi passi leggiadri non provocavano alcun rumore, o almeno, erano così lievi da non poterli sentire. Mi ero quasi dimenticato che volevo assolutamente parlarle. Harle mi avrebbe detto di non seguirla, ma io non ero Harle. In silenzio compii gli stessi passi di Raven.

//spazio autrice//

Ciao ragazzi!

È da una vita che non scrivo ma spero di farmi perdonare con questo capitolo.

Ho avuto molto da studiare e mi stava andando in pappa il cervello.

Ma ok, spero il capitolo vi piaccia.

L'Accademia delle stelle: Le OmbreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora