32. Sagittario è un piromane

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Se i ragazzi avessero saputo come piano piano quella responsabilità di leader mi stesse schiacciando, probabilmente tutti avrebbero fatto un passo indietro, oppure mi avrebbero spronato ancora di più per non mollare. Devo essere sincero, trovare l'arma mi eccitava e mi spaventava in modo sincronizzato. Avevamo trovato un indizio...qualcosa che avrebbe potuto darci una risposta. In cuor mio avere qualcosa per le mani per me significava rendere fiera mia madre e se possibile anche mio padre. Sapevo che se fossi riuscito a farmi notare probabilmente avrebbe confermato il mio ruolo di leader. Dovevo fare di tutto, in modo che lui, nel palazzo dello Zodiaco dicesse: -Quello è mio figlio.-.
Alzai lo sguardo. La fronte madida di sudore, il cuore a mille e le mani tremanti. Intorno a me tutto era sfocato. "Helia!" gridarono. Un'ombra si chinò su di me e delle dita fredde mi rinfrescarono il viso.  Era come stare sott'acqua. Con straordinaria lentezza la luce calda divenne buio. Caddi nel vuoto.

No...no...no. Scusatemi veramente tanto, ma sono andato troppo avanti con la narrazione. Cavolo che spoiler! Mi scuso veramente tanto. Mi sembra uno di quei momenti in cui guardi una puntata di una serie tv e i fatti ti vengono buttati addosso tutti insieme in modo da non farti capire nemmeno il tuo nome. Questo incipit vi ha letteralmente catapultati nei fatti futuri...ok, potrei averlo fatto apposta per farvi rimanere con il fiato sospeso fino alla fine del capitolo. Mi sento malefico. Hey! Non mi giudicate!
Dove eravamo rimasti? Ah! Sì, quindi... Mi preparai per l'assemblea vestendomi di scuro per non attirare l'attenzione. Raven non ne ebbe bisogno, insomma, con i suoi pantaloni a vita alta e la canottiera nera, certamente non si sarebbe fatta notare. Ma qualcosa di diverso in lei c'era: aveva i capelli legati in una coda e indossava una serie infinita di braccialetti argentati e tintinnanti su entrambi i polsi. Stava bene così. L'assemblea si sarebbe svolta alla mensa ed io e i miei compagni ci sedemmo in un punto strategico della sala, ovvero vicino alle cucine. Perché? Ora ve lo spiego. Ovviamente io e Raven non potevamo mica passare dalla porta principale! Quindi Harle ci aiutò ad attuare un piano di fuga, conosceva bene la scuola e tutti i posti migliori dove scappare o nascondersi. Mentre E.S. spiegava cosa si sarebbe fatto durante i giorni di festività, Harle si avvicinò a me e mi rispiegò il piano. "Quando sarà il momento Noah distrarrà i presenti, dando voi modo di scappare. Dovrete andare nelle cucine e accedere al magazzino delle scorte alimentari. Lì ho aperto un varco che vi porterà sani e salvi di fronte al giardino interno" spiegò Harle. Io annuii un po' nervoso e un po' eccitato. Sembrava una missione per vere spie...fichissimo!
Harle guardò E.S. e poi Noah. Una volta sicuro di poter creare un po' di scompiglio, il mio amico colpì il tavolo a cui eravamo seduti con il pugno e si alzò in piedi. "Ripetilo!" gridò mentre Noah lo seguiva e lo fronteggiava a pugni stretti.
"Sei un deficiente Core!" urlò il ragazzo. Harle lo spinse e Noah in tutta risposta gli tirò un pugno sullo zigomo che lo fece cadere all'indietro. I ragazzi dei tavoli vicini cercarono di placare i miei due amici, creando così una barriera di persone che lasciava me e Raven coperti agli occhi dei professori.
"Questo diversivo mi piace" ridacchiò la ragazza. Senza dire niente la presi in tutta fretta per il polso e la trascinai con me alle cucine. Una volta chiusa la porta ci guardammo e scoppiammo entrambi in una risata fragorosa. La risata di Raven era così naturale e frizzante che non sembrava per niente la stessa persona che più volte mi aveva minacciato. "Ok, forse è meglio andare" dissi mettendomi le mani sui fianchi. Con ancora un sorrisetto sulle labbra lei annuì.
Il magazzino per le scorte alimentari era freddo e buio, ma il varco che Harle ci aveva creato era in bella vista e pronto all'uso. Ci affrettammo e lo attraversammo. Harle aveva fatto in modo che arrivassimo proprio di fronte all'albero. Io e Raven vi entrammo e fummo pronti all'operazione -Indizio-.
"Bene, ora che siamo qui...cosa dovremmo cercare di preciso?" mi chiese la ragazza. "Beh...qualcosa che...sì insomma un...Non lo so, quando trovi qualcosa di sospetto chiamami" farfugliai. Lei alzò gli occhi al soffitto e sbuffò.
Io andai a cercare nella zone degli archi e delle frecce. Amavo quella parte dell'armeria, era così pulita e curata.  Tutte le armi erano allineate e sembravano sistemate per bellezza. Le lame delle spade vicine si illuminavano al mio passaggio, mi chiamavano, volevano essere impugnate ed essere usate, ma il mio cuore ormai apparteneva all'arco e difficilmente l'avrei barattato per un pugnale o una scimitarra.
Ai margini dell'entrata c'era una freccia. Era grezza. Semplice manico in legno e punta di pietra, era anche priva di pennacchio. La guardai con attenzione, il che era strano, quell'arma non aveva niente di spettacolare, era banale e anche brutta. Però mi stava dicendo qualcosa, così l'occhio mi cadde sulla parete opposta che, probabilmente, questa stava indicando.
Mi avvicinai al muro e cominciai a studiarlo. Sulla sua superficie vi erano leggeri graffiti rupestri che rappresentavano ghirigori floreali. Continuavano in lunghezza per un pezzo e si interrompevano in un punto di una ventina di centimetri di parete bianca e ricomincivano subito dopo. Seguii con le dita il disegno contorto dei graffiti e poi arrivai al punto spoglio. Al contatto con la mia pelle qualcosa si illuminò. Era un semplice puntino di luce viola. Mi venne spontaneo continuare a tracciare con le dita ciò che avrebbe dovuto esserci in quel punto, il simbolo. Questo si illuminò di viola e poi la parte di parete spoglia si aprì in una piccola fessura. All'interno di questa, fluttuava un cofanetto di vetro color porpora. Conservato in esso vi era un pezzo di carta.
Rimasi a fissare il fluttuare del piccolo scrigno, che nel frattempo, si era avvicinato alla mia faccia. Allungai la mano per prenderlo.
Ed ecco ragazzi dove ci siamo lasciati poco fa.
Alzai lo sguardo. La fronte madida di sudore, il cuore a mille e le mani tremanti. La stanza cominciò a girare e tutto diventò sfocato e poco chiaro. "Helia!" gridò Raven. Caddi all'indietro. Sentivo freddo, molto freddo, ma stavo anche bruciando. Dei passi si avvicinarono frettolosi e un'ombra si chinò su di me. Delle dita fresche mi avvolsero il viso. Mi sembrava di stare sott'acqua. Con straordinaria lentezza la luce divenne buio. Poi caddi nel vuoto.

Stavo camminando nel buio. Tutto intorno a me era nero. Ero a piedi scalzi, indossavo una maglia bianca e pantaloni di lino del medesimo colore. Sentivo freddo e non sapevo dove stavo andando, non vedevo niente. Io ero l'unica fonte di luce, una lampadina vagante nel buio più totale.
Mi girai. A poca distanza da me, un tronco di un albero tagliato, emanava una luce leggera. Mi avvicinai e sulla sua superficie lessi la parola -Risolto-. Mi chinai per toccarla ma tutto il tronco scomparve.
Sentii nitrire. Mi girai nuovamente con un'ansia e una preoccupazione che partiva dalla cute e finiva sulle punte dei piedi.
A pochi metri da me c'era un uomo molto giovane. Era vestito in giacca e cravatta e portava i capelli neri con lievi riflessi blu pettinati all'indietro. La sua pelle era pallida e il suo viso era solcato da molti spigoli, come la mascella quadrata e gli zigomi alti. I suoi occhi erano di colore diverso. Uno era verde e l'altro nero. Appariva e spariva ad intermittenza in punti diversi. Quando apparve di fronte a me, quando solo una spanna poteva dividerci, inciampai e caddi all'indietro per lo spavento. Quando mi rialzai lui era sparito ed era comparso al suo punto di partenza, ma qualcosa era cambiato. Le sue gambe erano state sostituite dal corpo di un cavallo nero. In mano aveva un arco e una freccia infuocata. "Papà" dissi. Quando lo chiamai Sagittario prese la freccia e la scoccò. Non ebbi il tempo di capire cosa stava succedendo. Intorno a me si era aperto un enorme cerchio di fuoco. "Papà...Papà!" urlai, ma ovviamente era già sparito. "Questo è il prossimo punto" sussurrò qualcuno.

Mi svegliai in un letto. Harle fu il primo che vidi aprendo gli occhi. Aveva un livido sotto l'occhio sinistro. Era seduto su una sedia accanto a me. "Buongiorno bello addormentato" mi disse ridendo. "Dove sono?" Chiesi massaggiandomi la testa. "In infermeria" rispose Noah ai piedi del letto. "Cosa?! Perchè?!" Domandai cercando di mettermi seduto. Raven mi bloccò e mi spinse di nuovo contro il cuscino. Era seduta accanto a me sul letto. "Sei svenuto perchè hai toccato delle fibre di fluorite. Il cofanetto che hai trovato era fatto con quel materiale e siccome è dannoso per tutti, meno che me, ti ha fatto perdere i sensi" spiegò la ragazza. "Ora dov'è?!"esclamai allarmato. "Calmati! Raven l'ha preso e l'ha messo nella sua borsa. Dentro c'era un biglietto. C'era scritto che...anzi te lo leggo" rispose Noah. Dalla tasca dei pantaloni prese un foglietto di carta.
Si schiarì la voce e lesse: "Risolto il primo indizio arriva qualcosa che è inizio e destino di qualcuno. Fa male ma è necessario. Chi mi ha trovato sa la risposta". Corrucciai le sopracciglia. "Come puoi capire non possiamo andare avanti senza interpellarti" puntualizzò Harle. "Dov'è Angel?" chiesi. "Sta dicendo ai prof che mentre andavi al bagno sei caduto dalle scale e hai battuto la testa...Credo stia per arrivare" disse Harle. "Inizieremo senza di lei" borbottai. Spiegai al gruppo della mia visione. Io ero la risposta al nuovo indovinello. "Fuoco" mormorò Raven. Io annuii. "È un gioco a tappe. Ogni tappa è un elemento e l'ultima tappa avrà la risposta finale per quello che stiamo cercando" Angel era appena entrata e sembrava aver ascoltato tutto.  "Abbiamo risolto la terra...ora tocca al fuoco" disse Noah.

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Ho postato molto prima ragazzi amatemi!!!

Helia e Raven vanno nell'albero armeria alla ricerca dell'indizio. Helia lo trova e ha una visione su suo padre. Si scopre la prossima tappa.

L'Accademia delle stelle: Le OmbreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora