Capitolo 2 ~ Novellina

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Quattro Anni Prima
San Francisco

Correre con la mia auto mi fa sentire vivo.
Percepire l'adrenalina crescere man mano che la lancetta del contachilometri sale sù e la vettura sfreccia lungo il percorso, superare i limiti di velocità consentiti, arrivare ogni volta a un passo dalla morte con il cuore che batte forte e la paura che mi istiga a spingere sempre di più l'acceleratore invece di paralizzarmi, mi rende libero.

È per questo motivo che lo faccio e metto a repentaglio la mia vita ogni volta: per il senso di spensieratezza e libertà che mi invade la mente.

In quei momenti in cui la folla mi incita a vincere e i miei rivali mi stanno alle calcagna, io non penso a nient'altro che correre. Mi isolo dal resto del mondo. Mi concentro solo sul battito incalzante del mio cuore, che rimbomba nelle mie orecchie come il rombo del motore che sto guidando.

La testa si svuota, i pensieri si annullano e i brutti ricordi, quelli che mi perseguitano la notte e invadono i miei sogni, spariscono. Tutto diventa magicamente eccitante e mi rende quasi felice, permettendomi di provare emozioni che altrimenti non riuscirei a sentire sulla mia pelle.

Ho cominciato a partecipare alle corse clandestine quando avevo diciassette anni. Mia madre e la mia sorellina, Cheryl, morirono appena un anno prima. Una per suicidio e l'altra per mano di chi l'aveva messa al mondo.

I ricordi di quel terribile giorno in cui tornai a casa e le vidi entrambe stese a terra, ricoperte di sangue e prive di vita, mi perseguitarono per mesi fino a farmi impazzire.

"Mi sentivo in colpa e non facevo altro che chiedermi cosa sarebbe successo se fossi rientrato a casa prima, se avessi portato Cheryl con me dopo il litigio che ebbi con mia madre, o se fu proprio quella discussione che la istigò a compiere un gesto tanto folle e crudele"

L'autopsia rivelò che era sotto l'effetto di stupefacenti - come sempre del resto - ma io in cuor mio sapevo che non era quello il motivo scatenante per cui decise di uccidere quella bambina innocente dagli occhi verdi e i capelli ramati. Sapevo che avrei potuto fare qualcosa prima di allora, che non avrei dovuto lasciare che badasse a mia sorella senza di me.

Sapevo che dopotutto era solo colpa mia!

Mi ritrovai solo, senza una famiglia e senza un padre. Quest'ultimo mi abbandonò anni prima e comunque non sarebbe mai stato capace di badare a me, in quanto alcolista, violento e tossico dipendente.

Credevo che la mia vita fosse giunta all'oblìo e non nego che diverse volte ho pensato di farla finita e uccidermi.

Tutto cambiò quando Tyler, un meccanico che viveva nella mia stessa via e mi aveva visto crescere, disse agli assistenti sociali che si sarebbe preso carico di me accogliendomi nella sua umile dimora, condividendo una casetta di poco più di due vani sufficiente per un orfano che aveva smarrito la retta via e un vedovo dall'animo solitario. Mi permise di lavorare insieme a lui in officina, insegnandomi tutti i trucchi del mestiere e trattandomi come se fossi suo figlio. Mi spronò a finire gli studi e mi fece promettere che il salario datomi ogni mese sarebbe stato utilizzato come fondo universitario per il mio futuro.

All'inizio non fu facile adattarsi alle sue regole e l'idea di continuare a studiare non mi allettava per nulla. Avevo cominciato a frequentare gente poco raccomandabile e le corse clandestine erano diventate il centro della mia vita. Con il passare del tempo diventavo un pilota sempre più bravo e vincevo sempre più corse, accaparrandomi auto di ultima generazione che puntualmente modificavo e rivendevo, fatta eccezione della Chevrolet Camaro del 79', che ho tenuto per me e utilizzo ancora oggi per partecipare alle gare.

 The Faded Memories  ~ Ricordi Sbiaditi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora