Capitolo 35 ~ Non Andartene (pt. II)

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Quattro Anni prima
San Francisco

Bianco. Sono passato dal nero buio e fitto al bianco. È tutto fottutamente bianco e confuso attorno a me. Mi ci vuole qualche secondo prima che i miei occhi scuri riescano a mettere a fuoco l'ambiente circostante. Una luce appesa al soffitto mi acceca, costringendomi a richiudere scattante le palpebre.

"Dove diamine sono? Cosa mi è successo?"

A fatica mi costringo a riaprire gli occhi ed esplorare con lo sguardo le quattro mura asettiche che mi circondano. Saetto rapido le pupille da un punto all'altro della stanza avvertendo una strana agitazione crescere nel mio petto.

Sono in ospedale. Flebo e macchinari medici sono attaccati al mio corpo nutrendolo e controllandone le funzioni vitali. Un dolore inaspettato mi pizzica la gamba sinistra, portandomi istintivamente ad allungare una mano verso quella direzione e trovarvi una benda a coprire una ferita.

Accanto al mio letto giace un uomo, disteso su un letto e coperto a metà con un lenzuolo. Sta dormendo ed io approfitto della sua posizione supina per scrutarne i lineamenti.

È Tony Hines, il padre di...Tiffany.
Dannazione, Tiffany! Dove diavolo si trova al momento? Sta bene?

Ricordi confusi di ciò che è accaduto mi affollano la mente finché tutto si fa lentamente più chiaro. L'auto di Santiago l'ha investita, ha perso i sensi mentre la stringevo tra le braccia agonizante e poi, nel vano tentativo di portarla in salvo, io e suo padre siamo stati coinvolti nella sparatoria e abbiamo perso conoscenza.

Diamine, devo avere sue notizie o impazzirò!

«Tif...Tiffany? Tiffany!» comincio a urlare il suo nome in preda al panico, dimenandomi frenetico nel letto. «Dov'è? Sta bene?» grido come un pazzo, agitandomi al pensiero che possa esserle accaduto qualcosa mentre ero incosciente.

«Signor Anderson....Signor Anderson, si calmi! Deve rimanere a riposo. Ha subìto da poco un intervento delicato». Un'infermiera si prodiga a venirmi incontro per placare la mia furia e tranquillizzarmi, ottenendo invece l'effetto contrario .

«Dov'è lei? Voglio sapere dov'è la mia ragazza? Sta bene?» ripeto allarmato, respirando a grandi boccate intanto che la testa sembra sul punto di esplodermi.

«Se ne stanno prendendo cura, si rilassi» mi assicura, invitandomi a stendermi. Punto irrequieto lo sguardo verso di lei e mi accorgo che mi che sta iniettando qualcosa.

«Io voglio rivederla adesso! Ho bisogno di sentire la sua voce» piagnucolo mentre le immagini intorno a me si fanno confuse e sento le forze scarseggiare. Ho come la sensazione che qualcuno mi stia tirando per mano riportando il mio corpo tra le braccia di Morfeo, lasciandomi con questo senso d'irrequietezza nel petto e un bisogno senza uguali di stringere forte la mia ragazza.

*•*•*•*•*•*

La testa martella insistentemente, il segnale acustico emesso dei macchinari circostanti crea una melodia irritante che aggrava il mio nervosismo, mentre il dolore alla gamba sinistra ricomincia a pizzicare, alterando ulteriormente il mio stato d'animo già indisponente.

Non ho la più pallida idea di che giorno sia o di quale ora segni l'orologio, nè tanto meno di quanto tempo sia passato dal mio ultimo risveglio e da quella tragica notte di cui ho solo vaghi ricordi.

 The Faded Memories  ~ Ricordi Sbiaditi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora