Capitolo Extra I ~ La Chiave di tutto

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Tony

Avevo messo le mani su questo caso sin dal mio primo risveglio in ospedale, sei anni fa; quando l'inscenata morte di mia figlia mi aveva squarciato in due il cuore dal dolore e smosso una rabbia feroce dentro che niente era stato in grado di placare. A quel tempo la verità sembrava essere sotto gli occhi di tutti ma le prove per incriminare il colpevole erano insufficienti. Si trattava solo di supposizioni, di piste da seguire troppo scontate che avevano il solo scopo di confonderci le idee.
Nel corso della mia carriera mi è capitato svariate volte di imbattermi in un omicidio architettato in maniera così scrupolosa da rendere quasi impossibile la risoluzione del caso stesso, ma sapevo benissimo che non esistevano esseri umani perfetti e anche il più abile e maniacale degli assassini avrebbe commesso degli errori nel tentativo di coprire le proprie tracce. Era per questo che non mi davo per vinto e nel corso degli anni non avevo mai perso la speranza. Dentro di me sapevo che in un modo o nell'altro, con un po' di pazienza e determinazione, sarei riuscito a ottenere giustizia per la mia bambina. Avevo vissuto la stessa angoscia e frustrazione il giorno dell'omicidio di mia moglie, ed ero certo che come ero stato capace di sbattere in galera quei criminali bastardi, colpevoli della sua morte, prima o poi avrei fatto marcire dietro le sbarre chiunque si trovasse alla guida di quell'auto quella maledetta notte in cui mia figlia è stata investita.

Ero incazzato come poliziotto per questo, come detective e più di tutto come padre. Non era bastato il ritorno di Tiffany, per quanto fosse miracoloso e straordinario, a far sparire il senso di vendetta che covavo nel mio cuore dal giorno della sua scomparsa. Riaverla nella mia vita un'altra volta mi ha solo fatto realizzare quanto mi è stato ingiustamente portato via di lei e di mio nipote, e quanto è stato tolto a lei e a Cole negandogli l'opportunità di vivere felici e costruirsi la propria famiglia con Justin.

Detestavo quella realtà e mi sentivo fallito all'idea che dopo tutto questo tempo né io né i miei uomini eravamo venuti a capo di quest'enigma. Avevamo testimonianze oculari, pagine di diario, ricordi frammentati, accuse da parte della vittima, documenti falsi e persino ricatti verso terzi, minacciati di tenere la bocca chiusa. Eppure tutto questo non bastava a incriminare il colpevole. Secondo il giudice le accuse che ricadevano su Anita García non erano sufficienti per portarla a un processo e indicarla come mente criminale dietro quell'incidente premeditato. Non era possibile accusarla di tentato omicidio per il solo fatto che si fosse spacciata per Natalia Roy, un'immaginaria ragazza dalla natura inventata. Così come non si potevano incolpare Scott Morrison e Kate Jones per aver mentito riguardo il passato della vittima. E se il primo aveva detto di essere stato ingaggiato, pagato e successivamente minacciato dalla presunta Natalia Roy, la seconda non aveva aperto bocca in proposito e sembrava stesse tentando di uccidersi facendosi passare del veleno sottobanco in carcere. In pratica avevamo tre indagati, due dei quali potrebbero essere stati semplicemente ingannati o rivelarsi complici, ma nessuno di essi sembrava in grado di darci delle risposte esaustive.

Cominciavo a pensare che Justin avesse ragione e il vero colpevole di tutto fosse Santiago García. Immaginarlo come un burattinaio che manovrava i fili di questa messinscena sembrava fin troppo facile e scontato. Aveva un movente più che valido per vendicarsi e tentare di uccidere Tiffany, c'erano delle minacce di morte nei suoi confronti, era la sua auto quella che l'ha colpita a tutta velocità ed è lui l'unico così furbo da essere capace di orchestrare una follia tanto grande. Ma è anche vero che tutte le volte in cui è stato interrogato è riuscito a scagionarsi e non esistono prove concrete, oltre le supposizioni elencate, che possano sbatterlo in galera. Inoltre che senso avrebbe tentare di uccidere Tiffany e risparmiarle la vita una volta che si è a conoscenza della sua perdita della memoria? Perché inventare tutte queste bugie e costruire intorno a lei un mondo immaginario solo per reggere una farsa che dovrebbe coprire un presunto omicidio, quando avrebbero potuto farla fuori una volta per tutte?

Le cose che non tornano in questa storia sono davvero troppe e i punti di domanda che mi assillano quotidianamente non trovano risposta nonostante lavori a questo dannato caso da anni. Mi sento frustrato, stanco e fuori di me. È notte inoltrata ormai ed io, invece di tornarmene a casa e riposare un po' nel mio letto, continuo a esaminare le prove di cui sono in possesso, nella speranza di scorgere un particolare che ci sia sfuggito e possa indicarci una nuova pista da seguire.

Spazientito e demoralizzato tiro un pugno sulla mia scrivania, colpendo la pila di fogli e documenti che la ricopre. La scossa fa scivolare sul pavimento alcuni archivi e la cornice contenente la foto di me insieme a mia moglie e mia figlia. Sbuffo rassegnato e mi chino sulla sedia per raccoglierla, assicurandomi che il vetro non sia andato in frantumi. La stringo tra le mani ed emettendo un sonoro respiro mi perdo per qualche istante ad ammirare quella fotografia. Accarezzo i visi delle mie donne impressi su quella carta invecchiata e socchiudo gli occhi per sopprimere l'angoscia che sta lentamente invadendo il mio cuore al ricordo del dolore che la nostra famiglia ha dovuto subire.

"Non lascerò che quei bastardi scampino al loro destino. Non permetterò più a nessuno dei miei famigliari di ricevere altre sofferenze. Non posso arrendermi proprio adesso che sono a un passo dalla fine, devo continuare a indagare fino a che qualcosa verrà fuori".

Quei pensieri mi infondono coraggio e un senso di pace e giustizia che mi spinge a riaprire le palpebre e mostrare un sorriso trionfante sul volto. Ed è proprio in quel momento, quando sto per tirarmi sù e immergere il muso nuovamente tra quelle scartoffie, che una busta sigillata, scivolata sotto la mia scrivania, cattura la mia attenzione. Scattante l'afferro tra le mani e la esamino scrupolosamente, raggirandomela tra le dita. Deve essere arrivata qui insieme alle prove che ho chiesto di inviarmi quando ho riaperto il caso, perché è indirizzata a me e riporta l'indirizzo del mio vecchio commissariato a San Francisco. Ciò che mi sconvolge comunque non è tanto il fatto che questa busta mi sia sfuggita nelle ultime settimane, nonostante sia stata praticamente sotto i miei occhi, piuttosto è leggere il mittente scritto sopra: Adam Wright. Quel ragazzo è morto tre mesi fa e la data in cui è stato spedito questo pacco combacia con il giorno del suo suicidio. Non può trattarsi di una semplice coincidenza, non se la persona in questione è sparita dalla circolazione per sei anni ed è palesemente coinvolta con gli avvenimenti riguardanti quella sera.

Sconvolto, con le mani che tremano e il cuore in gola, strappo l'involucro protettivo che avvolge la busta e mi ritrovo difronte un foglietto di carta che dice: "Non sono mai stato un santo, ma non credevo nemmeno che sarei mai arrivato a tanto. Non c'è stato giorno della mia vita in cui non mi sia pentito per ciò che ho fatto. Non ci sono scusanti al mio comportamento ma spero che tu, amico mio, un giorno riuscirai comunque a perdonarmi per il male che ti ho causato portandoti via la tua amata ragazza. E spero che lei che sta leggendo, ispettore Hines, mi odierà un po' di meno quando scoprirà finalmente la verità su quella notte".

Perplesso rileggo tre volte quelle poche righe, scritte con una calligrafia frettolosa, per cercare di capire quale messaggio criptato vi sia nascosto dentro. Sta forse dicendo che lui è colpevole? Quelle parole sono chiaramente indirizzate a Justin e in qualche modo sta ammettendo di aver commesso un errore. A cosa si riferisce? Cosa significano queste ammissioni?

Frugo nella busta alla ricerca di qualcos'altro che possa aiutarmi a capire e individuo subito una chiavetta USB nera. La inserisco nel mio computer e apro la cartella denominata "REGISTRAZIONI" in cui sono contenuti diversi file audio. Ascolto il primo, il secondo, il terzo uno dopo l'altro, a raffica, fino a sentirli tutti e capire che si tratta delle prove che incastrano inconfutabilmente il vero colpevole. Rimango a bocca aperta, basito da questa scoperta. Non mi sarei immaginato mai e poi mai che alla guida di quell'auto quella notte ci fosse la persona di cui ho appena udito la voce. Lo sapevo che Adam è sempre stato la chiave di tutto e così come il cerchio si è aperto grazie a lui, adesso si richiude per sempre.

A Lunedì prossimo 😘

 The Faded Memories  ~ Ricordi Sbiaditi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora