|The beating of a butterflie's wings •2| |Tsutomu Goshiki|

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Vorrei che ricordaste che questa storia non è ambientata ai giorni nostri, ma nella Seconda Guerra Mondiale, quindi ci saranno degli oggetti che probabilmente saranno diversi da quelli attuali, come le macchine, quindi se non capite come possano essere fatti cercateli su internet!
Buona lettura~

"Buongiorno Tsutomu."
L'infermiera si avvicinò al lettino del paziente che le era stato affidato da ormai più di tre mesi.
Il ragazzo tremava dalla felicità, non vedeva l'ora di poter rimettere i piedi a terra e camminare di nuovo, anche se con l'aiuto delle stampelle.
La sua guarigione si era rivelata più veloce del previsto ed ora potevano togliergli il gesso, sostituendolo con un tutore, ma questo non significava che il suo soggiorno al Centro Medico Kameda fosse finito.
Infatti, non poteva tornare a combattere finché la sua gamba non fosse stata del tutto guarita.
Ma lui, stranamente, non sentiva più la necessità di tornare sul campo di battaglia.
Stava bene lì, circondato dalle attenzioni della sua bellissima infermiera, per la quale lo strano peso che sentiva nello stomaco, ogni volta che la vedeva, continuava a crescere.
"Buongiorno!"
Il radiante sorriso che gli si formò in viso fece arrossare un poco le guance di [T/n], ma Goshiki non sembrò accorgersene.
"Sei pronto?"
Lui annuì entusiasta, e, non stando più nella pelle, aiutò la ragazza ad appoggiare la sua gamba sul materasso.
La [c/c] si preparò, e, impugnando i giusti utensili, iniziò ad incidere il gesso, scoprendo piano piano la gamba del corvino, che guardava la scena del tutto in estasi.
Quando tutta la copertura se ne fu andata, Goshiki riuscì a sentire un formicolio che gli saliva dalle punta delle dita fino al ginocchio.
La sentiva di nuovo, finalmente.
"Purtroppo resterà la cicatrice."
Le dita affusolate della ragazza passarono sopra la sua pelle, provocandogli la pelle d'oca.
Nel punto da lei toccato si poteva notare perfettamente una cicatrice, con una forma quasi circolare, irregolare.
Tsutomu alzò le spalle.
"La considererò come una medaglia al valore."
[T/n] ridacchiò al suo ragionamento, che aveva imparato a conoscere, ed iniziò a fasciare l'arto con il tutore.
"Quanto ancora dovrò tenerlo?"
"Fino a quando non sarai in grado di camminare decentemente."
"Guarda che lo so fare perfettamente!"
L'infermiera alzò un sopracciglio, scettica.
"Ah si?"
"Certo!"
Sulle labbra di lei comparve un sorrisetto, che ricordava lontanamente quello del Tenente Tendō, inquietante.
"Allora credo che non avrai problemi a camminare fuori da quella porta, senza stampelle."
"Ma per chi mi hai preso? Certo che ci riesco! Sta a vedere!"
Si mise a sedere, e dondolò un po' entrambe le gambe prima di poggiare a terra entrambi i piedi.
Ma qualcosa andò storto.
La sua caviglia sinistra sembrava non riuscire a sostenere il suo peso, facendolo di conseguenza aggrappare alla prima cosa che gli capitò a tiro, in questo caso, il corpo di [T/n], che si era preparata, sapendo già l'esito di quella prova.
Con il ragazzo tra le braccia ed il cuore che batteva ad una velocità accelerata, sospirò.
"Certe volte sei proprio uno stupido; sei stato fermo per più di tre mesi, come credi di riuscire a camminare dopo nessun tipo di allenamento? I tuoi muscoli si sono affievoliti, è normale."
Lo riappoggiò delicatamente al letto, lasciandogli una leggera carezza sui capelli prima di andare a prendere le stampelle, lasciando il corvino con le guance color porpora e lo sguardo perso nel vuoto.
Quando tornò, i tentativi furono vari prima che Goshiki riuscisse a reggersi da solo sulle due stanghe di metallo, sempre con la ragazza al suo fianco, pronta a sorreggerlo.
Iniziarono a girovagare un po' per l'ospedale, scendendo poi nel giardino, grazie all'ascensore.
Si andarono a sedere in una piccola panchina, coperti dall'ombra di un grande ciliegio in fiore, che faceva cadere qualche petalo rosa ogni tanto, grazie alla dolce brezza primaverile.
Rimasero un po' in silenzio ed osservarono il bellissimo paesaggio, colorato dai più vivaci colori, fino a quando delle parole non vennero trascinate via dal vento.
"Ti manca la battaglia?"
Goshiki si girò verso di lei, vedendola quasi fosse stata la prima volta.
La sua bellezza sembrava essersi amplificata con quel gioco di luci ed ombre, i capelli sciolti le regalavano un'aria più ribelle, con tutti i petali rosa incastrati tra di essi.
"No."
La ragazza si voltò verso di lui, incuriosita.
"Come mai?"
Il corvino rimase un secondo in silenzio, riflettendo sulla giusta risposta da dare.
"La sento..meno presente, nonostante io ci abbia dedicato praticamente tutta la mia vita."
[T/n] annuì, tornando a guardare davanti a sé mentre il canto degli uccellini risuonava nell'aria.
Ma una domanda la torturava, non la lasciava in pace.
Quella domanda che si faceva sin da quando aveva scoperto l'aspirazione del ragazzo, e non riuscì più a trattenersi.
"Come mai sei così determinato nel voler diventare Generale?"
La domanda non mise affatto in difficoltà Tsutomu, anzi, sapeva a memoria la risposta.
Tutto quelli che lo avevano conosciuto gli avevano chiesto almeno una volta la stessa domanda, e lui aveva sempre risposto allo stesso modo.
Ma a lei, decise di raccontare le parole del padre, che mai avevano raggiunto orecchie altrui, nemmeno quelle di sua madre.
"Vedi, mio papà mi ha insegnato che la vita è come il battito d'ali di una farfalla. Può sembrare lento, ma in realtà va più veloce di quello che immaginiamo. Per questo, quando lui morí, decisi di non sprecare il mio battito, come mi chiese lui. Volevo, e voglio ancora farmi ricordare come uno dei grandi, e diventare il Generale, mi aiuterebbe a raggiungere il mio obbiettivo."
Si girò a guardarla, solo per vedere i suoi occhi velati di tristezza.
"Ti rendi conto che potresti morire ancora prima di diventarlo? Tutto quello per il quale hai lavorato andrebbe perso, e non potresti più tornare indietro."
Goshiki chiuse gli occhi, annuendo.
Lo sapeva, anche fin troppo bene, ma quello era il destino di tutti, prima o poi.
Anche se provava un dolore al petto quando pensava che non avrebbe più potuto vedere la ragazza, o anche solo udire la sua voce.
Decise di non rispondere, continuando invece a contemplare il cielo azzurro, una volta riaperti gli occhi, mentre si sentiva lo sguardo di lei addosso.
Capì che era quello il momento giusto per chiederglielo, insomma, ora o mai più.
"Senti.."
Sentiva già le guance avvampare, ma voleva chiederglielo, più di qualunque altra cosa.
"Si?"
Il suo tono di voce, così calmo e gentile, nonostante avesse ancora una briciola di tristezza, lo fece rilassare un poco, incoraggiandolo.
"Sai che tra un mesetto o due ci sarà una festa alla villa del Generale, no? Per festeggiare i successi che abbiamo ottenuto.."
"Si, ne ho sentito parlare, ma noi dell'ospedale non siamo invitati. Solo voi soldati, mi sembra."
Goshiki deglutì.
"Esatto, però..ecco.. Il Tenente Colonnello Tendō mi ha detto che se voglio posso portare qualcuno, quindi.. Beh, se vuoi.."
"Mi stai chiedendo di venire con te, Tsutomu?"
Il tono divertito di [T/n] fece arrossare ancora di più le guance di lui, ancora più in imbarazzo una volta che si fu girato di scatto verso di lei.
"S-si b-beh, se tu n-non vuoi non ti obbligo!"
Si sventolò le mani davanti al viso, coprendosi le gote infiammate.
"Ma certo che voglio venire!"
Gli rivolse un sorriso smagliante mentre le passavano già per la mente tutti gli abiti eleganti che aveva rinchiuso dentro il suo armadio.
"S-sul serio?"
Ancora balbettante, il corvino scoprì il viso, solo per vedere il sorriso a trentadue denti di [T/n], entusiasta per la proposta.
"Ovvio! Sarà bellissimo! Solo.. Credo che tu debba riprendere a camminare normalmente se vuoi andarci."
Ridacchiò un po' al pensiero del corvino arrancare sulla pista da ballo con le due ingombranti stampelle.
"Sono sicuro di riuscirci, tutto pur di non dover stare più in quella stanzetta."
"Hei, io in quella stanzetta ci lavoro!"
Lo spintonò leggermente sulla spalla, portandogli un leggero sorriso sulle labbra mentre il suo cuore batteva ora più tranquillo.

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