|Unexpected| |Asahi Azumane|

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Il sole batteva forte, caldo e feroce contro la terra arida di un allegro e caldo colorito arancione.

Le diverse sterpaglie secche e le piante verdi al limite della strada si smuovevano solo al passare delle auto: non un filo di vento percorreva quella landa bollente.
L'asfalto della strada si mangiava la polverosa terra rossastra per miglia e milia, percorrendo le maestose e stravaganti montagne dell'Arizona per i loro paesaggi mozzafiato.
La luce estiva illuminava il territorio roccioso, mettendo in risalto il verde spento delle piante, i fiori dei cactus, le cortecce degli ormai vecchi alberi e i colori delle imponenti montagne, che sembravano voler toccare il cielo limpido con le loro sinuose ed affascinanti forme dalle mille sfumature.
Per tutta l'estate in Arizona il caldo era prorompente, le uniche ore durante le quali era possibile salvarsi da un'insolazione o da diverse scottature erano la mattina, molto presto, e la notte.
Ma se durante le ore di sole le temperature arrivavano a toccare poco meno di quaranta gradi centigradi, durante la notte un bel fresco arrivava, e forse fin troppo! Di notte le temperature arrivavano sotto i venti gradi, mentre la mattina presto si aggiravano attorno ai venti.
Che cosa ci si poteva aspettare da una terra così calda e arida che persino i suoi colori la contraddistinguevano?
Nei paraggi delle strade le sorgenti d'acqua erano più che rare, bisognava avventurarsi all'interno delle montagne, all'interno dei canyon per far scontrare lo sguardo con l'acqua fresca e del colore del cielo tipica dell'Arizona.
Forse le uniche fonti di acqua in quel deserto arancione, a meno che non si sapesse come utilizzare un cactus.
Quell'estate il caldo non era solo cocente, ma anche arido, secco, più delle sterpaglie che passavano per la terra, portandosi dietro sporcizia e polvere.
La strada fumava e quasi sembrava sciogliersi sotto ai pneumatici della vecchia Mustang di un rosso scolorito, il colore della carrozzeria alternato a qualche grossa macchia di ruggine ramata.
Era talmente vecchia che ad ogni buca o sassolino preso emetteva un suono non troppo promettente, quasi stesse per cadere a pezzi da un momento all'altro.
Nonostante però i suoi agghiaccianti suoni, il vecchio catorcio continuava a divorare il cemento bollente, trasportando non poi così leggero per le sue ruote consumate.
Entrambi i finestrini anteriori erano abbassati e l'aria-non proprio fresca-entrava prepotente all'interno dell'abitacolo, rinfrescando anche se di poco le pelli sudate dei passeggeri mentre un braccio, dalla parte del passeggero, penzolava fuori, lasciandosi trasportare dalla corrente e dalla velocità della macchina che, nonostante i suoi anni, correva come una giovane puledra.
Dalla radio, posta sopra il condizionatore vecchio e rotto, una musica ispanica proveniva allegra e sensuale, con sospiri e sussurri languidi, spezzati però brutalmente dalla voce roca e al limite della sopportazione del guidatore, insieme ai colpi che lanciava al volante durante la guida.
"Mi stai prendendo per il culo?!"
La voce gli era uscita dalla gola prepotente, sputata con cattiveria ma stupore, tanto che il pomo d'Adamo si era alzato ed abbassato più volte.
I muscoli delle braccia ben allenate erano tesi e le vene sugli avanbracci-oh, Dio! Quelle vene!-erano più che visibili.
Era bello, molto bello se non fosse stato per le rughe che la rabbia stava scavando nel suo bel viso mascolino.
I folti capelli castani gli svolazzavano senza sosta grazie all'aria che entrava nell'abitacolo, la pelle olivastra e umida di sudore brillava sotto i raggi del sole e gli occhi di un verde scuro si erano schiariti, andando a formare pagliuzze dorate nell'iride.
Era ispanico, impossibile non riconoscere un accento così sensuale, anche se nato in America, e la passione che, così dicevano, risiedeva negli occhi di uno spagnolo, era diventata furia cocente, quasi più del caldo.
La maglietta bianca era sudata, un bel vedere agli occhi di una qualunque donna o uomo che fosse, ma lo sguardo del passeggero in quel momento era rivolto a ben altro.
Sul sedile del passeggero, con un'espressione di sufficienza e fastidio dipinta sul viso, era seduta una ragazza.
Sembrava esasperata.
Il sole le colpiva la pelle tiepida con i suoi raggi mentre l'aria le scompigliava i [l/c] capelli [c/c], spargendoglieli per tutto il viso, oscurandole di tanto in tanto la vista.
Aveva caldo, tanto caldo, e di certo non le serviva un ragazzo infuriato a peggiorare la situazione.
Ma perché non era semplicemente stata zitta?
Gli occhi [c/o] si rifiutavano di guardare ancora fuori dal finestrino, la luce era troppa ed il paesaggio li aveva stancati, ma mai per nulla al mondo avrebbe rivolto lo sguardo al ragazzo al suo fianco.
Le labbra rosate erano strette in una linea dritta, mentre quelle carnose del guidatore erano sottoposte alla tortura dei denti.
Aveva le guance rosse per il caldo ed il sudore che lentamente le scendeva lungo il collo, inumidendo i capelli alla radice.
La canottiera di pizzo nera le avvolgeva i seni delicatamente, lasciando che il decolté prendesse aria mentre qualche goccia di sudore le scendeva lungo la linea dei seni.
Si portò la mano destra, prima fuori dal finestrino, al viso, sospirando pesantemente.
Perché, perché, perché... Perché?!
Perché doveva capitare tutto a lei?
Perché non era capace a tenere la sua maledetta boccaccia chiusa quando serviva veramente?
"Allora? Sto aspettando."
Dio, di nuovo quell'accento e quella 's' la facevano sciogliere come ghiaccio al sole.
Ma il suo corpo ed il suo accento erano probabilmente le uniche cose che l'attraevano di lui.
Si tolse la mano dagli occhi, spostando di conseguenza l'ombra ed esponendoli così nuovamente alla luce del sole.
Provò a voltarsi verso di lui, ma non ci riuscì, tornando a fingere di ammirare i cactus.
"Ascolta Miguel-"
"Miguel? Non mi chiamo così!"
La ragazza aggrottò le sopracciglia.
Eppure le era sembrato di sentire che si chiamasse Miguel due settimane prima, quando lo aveva conosciuto..
Beh, come è possibile ricordarsi il nome di qualcuno che aveva nominato appena conosciuti, da ubriaca, ed il giorno dopo, nel suo letto, con un dopo sbronza assurdo?
Si rese conto in quel momento che, durante quelle due settimane che avevano passato insieme, lei non aveva mai pronuciato il suo nome, e probabilmente nemmeno mai saputo.
Eppure ce l'aveva sulla punta della lingua!
Cortez? No, no, quello era un cognome.
Carlos! Però.. No, non aveva la faccia da Carlos.
Pedro..? No, ora stava soltanto facendo la razzista.
Accorgendosi di essersi portata una mano alle tempie, la [c/c] strinse le dita prima di levarle dal viso insieme ad una ciocca sudaticcia di capelli, frustrata più che mai.
"Oh, andiamo! Vuoi dirmi che ti ricordi come mi chiamo?"
Si voltò verso di lui, quasi sfidandolo col tono e con lo sguardo intanto che stringeva le braccia al petto, offesa.
Figurati se si ricordava il nome di una che si è solo portat-
"Certo che me lo ricordo!"
Merda.
Ed era fottuta.
Completamente fottuta sotto ogni punto di vista, tranne quello piacevole.
Le si gelò il sangue e l'espressione di sfida si tramutò in una di terrore mentre il sudore le scendeva ora freddo.
Cavolo, aveva sempre fatto così caldo lì dentro?
Il ragazzo, di cui ancora non si sapeva il nome, la guardò incredulo per un secondo.
Non poteva credere che non sapesse nemmeno il suo nome, nemmeno quello!
Anche se in realtà avrebbe dovuto accontentarsi di 'Miguel': avrebbe potuto tirare fuori di peggio, come Jorge, Santiago, o peggio ancora.. Jesus.
"Ti chiami [T/n]."
Cazzo, cazzo, cazzo.
"Sei italiana, ma vivi qui in America da sei mesi, no?"
Ma come diavolo si ricordava tutte quelle cose?! Non era nemmeno sicura di avergliele dette, maledizione!
Ad un tratto, sembrò che la Mustang andasse più veloce di prima, e [T/n] si sentì schiacciare contro il sedile dalla velocità.
"Se io mi ricordo queste cose, perché tu non puoi ricordarti il mio nome?"
Ora stava veramente diventando pesante.
Insomma, era solo un nome!
Erano andati a letto insieme qualche volta-e per 'qualche volta' erano intese tutte le notti di quelle due settimane-okay, e allora? Non stavano insieme, si erano solo divertiti un po'.
Oh, beh, lei si era divertita parecchio.
"Okay, ascolta.."
Si bloccò, guardandolo per un secondo, ma il nome ancora non le tornava in mente.
Gesticolò con la mano sinistra, come a mandare via una mosca fastidiosa.
"..tu. Siamo andati a letto insieme, è stato molto bello e sono stata bene, ma ciò non significa che io abbia un-"
"Quindi..per te non ha significato niente?"
[T/n] spalancò gli occhi ed il suore freddo aumentò a dismisura.
Strinse forte le gambe e si trattenne dal tirare giù Dio.
Un ragazzo innamorato era proprio l'ultima cosa che le serviva.
Non era possibile.
Quando li cercava non c'erano mai, quando non li cercava le arrivavano e ci doveva rimettere lei!
Alzò gli occhi al cielo, milioni di parolacce in testa.
Si morse le labbra.
Non poteva mentire, era ormai tutto fin troppo chiaro, tanto valeva essere onesti alla fin fine.
Lanciò un ultimo sguardo agli addominali sudati di Mi.. di.. del ragazzo, e si pentì di non averli guardati più a lungo durante tragitto turbolento.
"No, nulla. Mi dispiace, ma pensavo che per te fosse lo stesso.."
Mentre parlava vide le vene sulle braccia del castano pulsare ed i muscoli contrarsi maggiormente.
[T/n] iniziò a preoccuparsi quando vide la macchina rallentare.
Che cosa voleva fare? Ucciderla per la rabbia?
Aveva visto film simili, e non le erano piaciuti per niente.
Ripensarci le aveva fatto venire la pelle d'oca e, quando il ragazzo fermò tutto d'un tratto il vecchio catorcio pensò di farsela addosso.
Rimasero in silenzio per un po' accostati al limite della strada deserta e bollente.
La [c/c] era terrorizzata, bloccata e paralizzata: non sapeva cosa avrebbe potuto farle e ne era terribilmente preoccupata.
Iniziò a tirarsi le pellicine delle dita presa dall'ansia, fino a quando non sentì la portiera aprirsi tutto d'un tratto.
Non ebbe il tempo di elaborare cosa le stesse accadendo intorno che si sentì spingere fuori dalla vettura, per poi precipitare sul suolo caldo e polveroso.
Dalle labbra le uscì un verso di stupore e dolore mentre negli occhi erano dipinte la sorpresa e la confusione, e anche uno spruzzo di paura.
Non stava facendo quello che credeva lei, vero?
Pregò Dio, anche se lo aveva maledetto qualche volta durante la corsa, pregò ogni cosa esistente e non che il ragazzo non avesse intenzione di farlo.
Ma, purtroppo, quando il castano uscì dalla macchina e si avviò verso il bagagliaio, aprendolo mentre [T/n] si alzava in piedi, e le buttò addosso la sua roba, tutte le speranze andarono a farsi fottere.
La guardò con disprezzo, come si guardano le fecce, quasi avesse ucciso qualcuno, e le tirò il resto dei suoi bagagli tenuti sui sedili posteriori.
Borbottò un: "Ma di chi cazzo mi vado ad interessare, porca troia."
[T/n] cercò di avvicinarlo, non poteva lasciarla lì per strada, con quel caldo e nulla da bere! Ma lui la scansò quasi avesse la peste e ritornò alla macchina.
"Andiamo! Non puoi mollarmi qui! Non ho nulla e lo senti anche tu che caldo che fa!"
Afferrò i finestrini mezzi aperti, finendo per supplicarlo con un tono che era ben lontano dalla supplica, ma sembrava più una minaccia isterica.
In risposta, il castano alzò il medio mentre faceva retromarcia, quasi prendendo in pieno i bagagli di lei, e si girò, cambiando strada.
[T/n] rimase lì a guardare la vecchia Mustang fare manovra, ormai inerme ed impossibilitata di qualunque azione se non quella di rischiare di farsi investire pur di convincerlo, ma non le era parsa un ottima idea.
Angosciata e con un peso sul cuore e sullo stomaco, vide il castano entrare nella seconda corsia e sporgersi dalla vettura per urlarle qualcosa.
"E comunque mi chiamo Monroe, brutta stronza!"
Monroe! Ecco come si chiamava!
Certo però, dopo averle gettato i bagagli a terra, dopo averla lanciata fuori dalla macchina di peso ed averla chiamata 'brutta stronza', di certo non lo avrebbe lasciato impunito, solo perché lui non le piaceva!
"Monroe è un nome di merda, e tu sei un coglione ad innamorarti di ogni persona con cui fai sesso!"
In quel momento, [T/n] si ricordò dell'età di Monroe e, dalla sua veneranda età di ventiquattro anni, poté capire, anche se difficilmente, i capricci di un appena ventenne.
Ma di certo non avrebbe dovuto lasciarla lì da sola, al caldo, senza cibo né acqua, cristo santo!
Guardò l'auto allontanarsi, era sicura l'avesse sentita forte e chiaro dato il dito medio sporgente dal finestrino, e si girò verso il suo grande zaino e la sua borsa straripante, rivolta sul terreno.
Sospirò d'angoscia, il sole già forte sulla sua pelle delicata.
E mentre guardava sconsolata la sua roba, iniziando a raccoglierla per proseguire per una meta sconosciuta, iniziò a pensare a come cazzo era riuscita a confondere Monroe con Miguel.
Dopotutto, non aveva la faccia da Monroe.


Il sole del pomeriggio le bruciava la pelle delicata, la sentiva calda e sofferente, aveva paura di sentire l'odore di carne cotta da un momento all'altro. I pantaloncini di jeans chiari le si erano appiccicati alle cosce col sudore e la canottiera di pizzo nero era ormai zuppa, compressa dallo zaino sulla schiena e dalla cinghia della borsa sul torace.
Aveva la gola secca, nella borsa non aveva viveri ed il cellulare lì non prendeva, ma non sarebbe riuscita a chiamare un taxi comunque lì, nel bel mezzo del nulla.
L'unico sollievo era l'ombra sul retro delle cosce che la camicetta a quadri neri che portava sulla vita le procurava. I muscoli le facevano male, sembrava si stessero per sciogliere e la testa le faceva male, così esposta a quel forte sole.
Ormai da più di due ore di camminata da quando Monroe l'aveva abbandonata, [T/n] aveva sprecato più fiato a maledire chiunque le capitasse per la testa che a pensare ad un piano.
Forse sarebbe morta lì, prosciugata fino al midollo di tutti i liquidi che aveva in corpo, con lo stomaco vuoto ed il corpo simile ad una fetta di bacon ben cotta.
Magari qualche animale se la sarebbe mangiata, aveva già visto dei coyote in giro e un gruppetto di avvoltoi appollaiati sul ramo di un albero morto. Forse l'avevano guardata con interesse, pronti a gettarsi sulla sua carcassa, e si era preoccupata talmente tanto del loro sguardo che aveva aumentato il passo.
Non sapeva dove andare, e a dire il vero non lo sapeva nemmeno quando era in macchina con Monroe.
Era iniziata tutta come una avventura, lontana dai genitori fin troppo oppressivi, l'università estenuante e la vita monotona, solo una semplice routine che aveva deciso di spezzare.
Aveva abbandonato tutto, non sapeva quando e se avrebbe fatto ritorno, ma voleva vivere la sua vita senza il comando di autorità superiori nella sua vita.
Lei doveva essere l'artefice del suo destino.
Lei doveva decidere come vivere la sua vita.
Lei dettava le proprie regole.
E lei decideva a chi dare retta.
Nessuno più si sarebbe imposto su di lei, non avrebbe più dovuto sottostare al volere dei suoi genitori, della società e di chiunque altro le stesse attorno.
Per la prima volta aveva il pieno controllo sulla sua vita, e non doveva rendere conto a nessuno se non a sé stessa.
Ma le difficoltà, come in quel caso, non si erano fatte pregare.
Ne aveva passate di cotte e di crude in quei sei mesi di fuga, tra le ricerche dei genitori e degli amici, ma se l'era sempre cavata. Ma in quel momento, dispersa nel bel mezzo del nulla, con i capelli sporchi di polvere e di sudore, le gambe pronte a cedere, la gola e la pelle in fiamme, secche, ed i piedi che le dolevano, non sapeva più da che parte girarsi.
Finiva così il suo viaggio? Prima che potesse anche solo dimostrare che poteva farcela da sola, senza venir controllata?
Non si sarebbe arresa, la sua mente non l'avrebbe fatto, ma il corpo era un qualcosa che non poteva controllare.
Necessitava di acqua prima di tutto, cibo e riposo, o non ce l'avrebbe fatta.
Il sospiro le si stava affaticando e la vista offuscando. Si chiese se anche a lei sarebbero venute delle allucinazioni così come si raccontava e credette di averne una quando sentì il potente rombo di un'auto dietro di lei.
A quell'ora del pomeriggio i viaggiatori erano ben più che rari, infatti quella era la prima macchina che vedeva oltre a quella di Monroe lo stronzo, sempre tenendo in conto che non fosse un'allucinazione.
Ma lei ci sperava, e se fosse stata una vera machina?
La vedeva in lontananza con l'aria che oscillava dal calore del sole. Era un'auto grande, di un nero lucido, e sembrava avvicinarsi a lei con grande velocità.
Era la sua unica possibilità di sopravvivenza.
Quando entrò nel campo visivo del conducente, alzò il pollice, il volto stremato e rosso, forse le stava venendo la febbre.
Si fermò, aspettando e sperando che l'auto, che aveva constatato fosse una enorme jeep da viaggio, si fermasse, che il conducente avesse la minima idea di che cosa le sarebbe potuto capitare e che fosse abbastanza magnanimo.
Aspettò col cuore che le batteva all'impazzata, speranzosa e terrorizzata.
Voleva ancora vivere, ma la morte le stava alitando sul collo.
Chiuse gli occhi con le lacrime agli occhi miste al sudore, ma non pregò.
Sperò.
Pregare non le era servito a molto quel giorno.
Sperò che il Caso avesse altro in serbo per lei che una morte triste ed in solitudine.
Sentì il rombo sempre più vicino, fino a quando non sentì una ventata di aria fresca arrivarle addosso insieme a della polvere arancione.
Pensò che l'avesse sorpassata e che se ne fosse andata ed il cuore rallentò, ma il rombo era sparito.
Al suo posto, una voce gentile, preoccupata ed esile.
"Stai bene?"
Aprì gli occhi umidi quando sentì la portiera dell'auto aprirsi per rivelare gli interni ben curati della jeep.
Sorrise con le lacrime a percorrerle le guance e disse addio all'alito della morte, sostituendolo con la dolce carezza del condizionatore dell'auto.
Sentiva che le gambe le stavano per cedere e, prima che cadesse al suolo stremata, si catapultò all'interno dell'auto con un grande sorriso sulle labbra secche.
Lo zaino le impedì di sedersi correttamente sul sedile e persino di chiudere la portiera, ma non era quello a cui pensava in quel momento.
"Ti prego..d-dell'acqua.."
Cazzo, non si era accorta di avere la gola così secca.
Non riuscì a vedere il suo salvatore, la sua vista era ancora troppo offuscata e la testa era da tutt'altra parte: le girava, non se la sentiva sulle spalle e aveva paura di svenire, o peggio.
Il guidatore, che dalla voce sembrava un ragazzo, subito si agitò, allungandosi verso i sedili posteriori per prendere una bottiglia d'acqua che, quando venne posta alla [c/c], venne afferrata in fretta e prosciugata in ancora meno tempo.
L'acqua le scese lungo la gola dolcemente, rinfrescandola. Le sembrava di star bevendo direttamente da una cascata e si rese conto per la prima volta di quanto l'acqua fosse buona.
Bevve e bevve sotto lo sguardo stupito del suo nuovo compagno di viaggio, e quando si tolse dalle labbra la bottiglia vuota, prese un grande respiro, quasi fosse il primo che prendeva nella sua vita.
Respirò a fondo, facendo arrivare finalmente aria fresca al cervello accaldato.
Rimase in contemplazione del sedile di pelle nera per qualche secondo prima di alzare lo sguardo lucido sul ragazzo.
Non perse tempo a guardarlo, non le interessava sapere che faccia aveva, ma in quel momento aveva un tale bisogno di dimostrare la sua gratitudine, di avere un contatto con qualcuno, che non perse tempo a buttarsi fra le sue braccia con le lacrime agli occhi.
L'aveva salvata, anche se non ne era consapevole.
"Grazie..grazie.."
Continuava a sussurrargli la sua gratitudine all'orecchio con la voce spezzata ed ancora un po' roca, il sudore contro la maglietta di lui, così come lo zaino e la borsa, mentre il ragazzo, impacciato, non sapeva se ricambiare l'abbraccio che la sconosciuta gli stava dando.
"D-di nulla.."
Quando [T/n] sembrò tranquillizzarsi, ma ancora con gli occhi [c/o] lucidi, si staccò dal ragazzo e solo allora si permise di guardarlo più attentamente con un sorriso grato sulle labbra secche.
Aveva la pelle chiara, leggermente arrossata, ed una corporatura a dir poco possente.
Le spalle erano larghe e muscolose, così come le braccia. Il petto era grande e ben piazzato, messo i risalto dalla t-shirt nera che portava. Sembrava alto, molto alo a giudicare dalla lunghezza delle gambe nascoste sotto il volante.
I capelli castani erano raccolti in un chignon basso e un po' scompigliato, probabilmente dall'abbraccio appena ricevuto, e un velo di barba incolta gli percorreva la mascella mascolina.
Le guance rosse gli mettevano in risalto i grandi occhi di un dolce marrone, sembravano quelli di un cerbiatto impaurito ma curioso.
La guardavano scombussolati, come se fosse appena piovuta dal cielo.
Le sottili labbra cercavano di stirarsi in un sorriso insicuro, mentre quelle screpolate di [T/n] erano ben più ricurve e sicure di ciò che stavano esprimendo.
Lo guardò ancora per un po' prima di rendersi conto del disagio del ragazzo, dopotutto era ancora addosso a lui!
Si rimise seduta sul sedile del passeggero, scusandosi sottovoce come fanno i bambini prima di tornare a guardarlo più discretamente.
"Grazie di esserti fermato."
Gli sorrise e le guance del castano si gonfiarono per l'imbarazzo.
Si agitò sul sedile grattandosi distrattamente la barba incolta.
"N-non ti preoccupare... Stai meglio ora..?"
La preoccupazione nel suo tono e nei suoi occhi la fecero sorridere e le fecero battere il cuore più forte.
Inclinò la testa di lato, sentendo il fresco del ventilatore arrivarle sul collo scoperto.
"Si, sto meglio ora. Grazie.."
Decise di non rivelargli il ruolo fondamentale che aveva avuto nella sua vita.
Non volle attribuirgli quel merito proprio in quel momento.
Sentiva che non si sarebbe reso conto fino in fondo del suo ruolo e che si sarebbe solo sentito a disagio, più di quanto già non fosse.
Gli sorrise semplicemente, divertendosi ad osservare la sua reazione impacciata.
"D-dammi pure la tua roba."
[T/n] gli porse lo zaino e la borsa, entrambi straripanti di roba che in precedenza le era parsa più utile di cibo e acqua, ma che in quel momento risultava inutile.
Una volta che si tolse lo zaino dalle spalle e fu capace di chiudere la portiera dell'auto, sembrò quasi di essere in un altro mondo, molto più vivibile ed accogliente, e fu finalmente capace di rilassarsi.
"Come ti chiami?"
Glielo chiese prima di abbandonarsi contro i sedili della jeep, con la stanchezza che iniziava a riemergere.
Il castano si rimise composto sul sedile del guidatore e mise in moto l'auto prima di rispondere alla sua domanda, forse più tranquillo.
"Asahi Azumane.. e tu?"
Rispose interrotta da uno sbadiglio che quasi fece scappare una risata ad Asahi.
"[T/n] [T/c]. Piacere, Asahi."
Gli porse la mano impolverata prima che un attacco di sonno la travolgesse, ma fece in tempo a sentire la grande mano di Asahi avvolgere delicatamente la sua.
"Piacere, [T/n]."
Si addormentò con la vista del suo dolce e premuroso sorriso sulle sue sottili labbra.


Asahi, [T/n] aveva potuto constatarlo di persona, era a tutti gli effetti un ragazzo d'oro. Quando si era risvegliata nella sua macchina, ormai il sole calato e la luna ad illuminare il suo impero, erano andati a mangiare in un auto grill poco distante da loro e [T/n] si era ritrovata a fare la doccia in quel bagno ai limiti delle nome igieniche, ma era sopravvissuta anche a quell'esperienza.
Asahi le aveva pagato la cena nonostante le continue proteste e le aveva prestato dei suoi vestiti, senza nessun doppio intento.
Dopo giorni, [T/n] si sentiva finalmente bene.
Insieme a quel gigante buono-si, era proprio alto-si era sentita libera, come rinata.
Aveva anche smesso di pensare a Monroe lo stronzo, e si era concentrata a conoscere meglio Asahi, meglio non commettere due volte gli stessi errori! Ma a parte le precauzioni prese dopo la precedente esperienza, [T/n] voleva veramente conoscere Asahi, quel timidone impacciato.
E quella sera, sdraiati sul cofano della jeep con le pance piene del secondo panino di un fast food, e una coperta a coprire le loro gambe scoperte, illuminati solo dalla luna e dalle infinite stelle, entrambi assaggiarono un po' della realtà quotidiana dell'altro.
Non si erano parlati molto dal giorno prima, erano rimasti in silenzio ad ascoltare la musica e a godersi l'aria del condizionatore, Asahi poi non le era sembrato un gran conversatore, ma di certo non lo aveva ritenuto meno buono di cuore.
Quella sera [T/n] scoprì che Asahi aveva due anni in più di lei, ventisei, e che era finito in Arizona per esplorare, incredibile data la sua natura prevalentemente mite ed insicura.
Anche lui, come lei, si era stancato di vivere sempre la solita routine , stupendo tutti i suoi amici, aveva speso buona parte dei suoi risparmi per fare diversi viaggi. L'Arizona non era infatti stata la sua prima tappa, anzi! Dal Giappone era finito in Australia-dove aveva rischiato di farsi prendere a pugni da un canguro-, poi in Brasile, in Grecia-dove si era trovato ad avere a che fare con molti pretendenti di sesso maschile-, ed infine in America, finendo poi in Arizona, dove aveva iniziato il suo viaggio con lei.
[T/n] rise alle sue confessioni, imbarazzandolo ma strappandogli un sorriso imbarazzato, e gli raccontò la sua spiacevole avventura con Miguel, omettendo i particolari più piccanti: non le andava di fare una così brutta figura con lui.
Era strano, ma ci teneva alla sua opinione.
Teneva all'opinione di un ragazzo che, per tutta la sua vita, si era preoccupato di che cosa pensassero gli altri di lui.
Inaspettatamente, forse era la luce della luna a fargli quell'effetto, Asahi rise apertamente quando [T/n] gli raccontò di non ricordarsi il nome di Monroe, storpiandolo.
La [c/c] rimase interdetta dal nuovo suono che sentì uscire dalle labbra del castano, ma con le guance rosse illuminate dalla luna si unì alla risata, beandosi di quel dolce suono e della vista delle sue sottili labbra ricurve in un grande sorriso.
Non si era mai sentita così in confidenza con qualcuno che aveva appena conosciuto, ed era stranamente piacevole.
Rimasero sdraiati sul cofano di quell'auto per ore, parlando di sciocchezze che sembravano divertire entrambi ed Asahi perse quel velo di timidezza che lo separava da lei. Era strano, non avrebbe mai pensato di sentirsi così con una persona che non fossero i suoi amici, figuriamoci poi con una ragazza! Ma lei era così estroversa che gli era parso fosse stata lei a tirarlo fuori dalla sua timidezza.
Ed era stato piacevole.
"Ed il mio nome te lo ricordi?"
Gli era uscita di bocca senza che potesse rendersene conto.
Voleva saperlo, non era insolito per lui.
Non lo era nemmeno il fatto che ci sarebbe rimasto male se lei non se lo fosse ricordato.
La cosa strana era che desiderava ardentemente che lei ricordasse non solo il suo nome, ma ogni cosa di lui.
[T/n] si girò verso di lui.
I [l/c] capelli [c/c] si muovevano leggermente con la brezza notturna, le ciocce illuminate dalla luna mentre nei suoi occhi [c/c] si riflettevano le stelle.
Un sorrisetto le incurvava le labbra, e Asahi notò lo stesso colorito che imporporava le sue stesse guance.
Strinse di più le coperte quando si accorse che stava indossando la sua vecchia felpa del liceo.
Sotto, a coprirla, nulla, a parte il reggiseno blu visibile dalla spallina.
"Asahi Azumane."
Lo disse con tale dolcezza e divertimento nella voce che il castano sentì lo stomaco agitarsi.
Gli s avvicinò di più, così tanto da sentire il calore del suo corpo, e gli sorrise timidamente prima di tornare a guardare le stelle.
"Non pensò i dimenticherò tanto facilmente."
E anche Asahi, anche se non lo disse, non l'avrebbe dimenticata facilmente.


Il giorno dopo, in macchina, [T/n] si rese conto di non aver chiesto ad Asahi una delle cose più importanti.
"Dove stiamo andando?"
Asahi si paralizzò, gli occhi spalancati ed il cuore bloccato.
"Non lo so."
Si guardarono per un momento, spaesati e scombussolati.
Forse avrebbero dovuto pensarci prima, era ormai da tre giorni che erano in viaggio senza una meta precisa.
Poi, tutto d'un tratto, [T/n] scoppiò a ridere.
Era una situazione troppo assurda e comica.
Insomma, tre giorni a girovagare per il nulla dell'Arizona!
Rise con leggerezza.
Se non rideva per stronzate del genere, per cosa avrebbe dovuto ridere?
Trascinò anche Asahi nella risata.
Prima di conoscerla avrebbe dato di matto, si sarebbe agitato e avrebbe perso la calma, ma in quel momento si sentiva così leggero.
Vivo.
Non gli importava molto di trovare una meta, era felice, e se poteva stare ancora un po' con lei, allora ne era felice.
Ma quando finirono di ridere, si resero conto del vero problema: la benzina stava finendo ed i soldi iniziavano a scarseggiare.


Nel pomeriggio, con la macchina ormai a secco e pochi soldi per pagare la benzina fin troppo costosa, arrivarono nelle vicinanze di un benzinaio.
Aahi sembrava preoccupato, e stavolta non c'era nulla di cui ridere.
I soldi non erano molti, non sarebbe riuscito a pagare con i pochi spicci che aveva, e nemmeno [T/n] sembrava avere molti soldi. Nessun benzinaio della zona era provvisto di un bancomat, ma al loro posto, invece, un bel fucile era sotto ogni bancone.
Ma le vie erano due: continuare a guidare in attesa che la macchina morisse, o rubare la benzina.
Entrambe rischiose, ma quello preoccupato sembrava essere solo Asahi.
[T/n], che più di una volta si era ritrovata in una situazione simile in quei sei mesi, aveva ormai esperienza nel campo della truffa.
Non era una cosa di cui andare fieri, certo, ma a mali estremi, estremi rimedi, no?
Asahi, dal canto suo, non sembrava affatto tranquillo.
[T/n] gli mise una mano sulla gamba, sorridendogli dolcemente.
Asahi venne percorso dai brividi.
Era la seconda volta che avevano un contatto.
"Asahi, davvero, non preoccuparti. Okay? L'ho già fatto due tre volte, andrà tutto bene! Tu devi solo ascoltarmi, va bene?"
In realtà lo aveva fatto ben più di due tre volte, ma non era quello l'importante.
Asahi le sorrise, esitando a toccarle la mano con la sua, ma una volta che entrarono in contatto, la strinse forte, guardandola preoccupato, ma amorevole.
"Stai attenta, va bene?"
[T/n] gli sorrise e gli accarezzo la guancia ruvida, la barba gli era cresciuta e a [T/n] piaceva.
Era selvaggio.
Lo adorava.


Il piano ebbe inizio quando, proprio a pochi passi dal benzinaio, finsero che la jeep fosse morta.
Scesero dall'auto, lontani dalle videocamere di servizio, e fingendosi esasperati e stanchi, iniziarono a spingere la pesante auto fino al benzinaio.
[T/n] si era tolta la camicetta e l'aveva stesa sul bagagliaio, coprendo per bene la targa dell'auto, tirandola su quando rischiava di cadere.
La portarono con enorme fatica-ora si che erano stanchi per davvero-davanti al distributore di benzina e, mentre Asahi si impegnava per fare il pieno all'auto discretamente, la fifa nel sangue e le gambe tremanti, [T/n] entrò nel baracchino del benzinaio, esibendo con disinvoltura il suo bel corpo sudato, sperando di trovare chi cercava.
Le gambe nude splendevano sotto il sole e i seni sodi erano ben in vista dalla canottiera bianca attillata che aveva deciso, fortunatamente, di indossare quella mattina.
Finse di guardarsi attorno, guardando in realtà con la coda dell'occhio la cassa e, con enorme sollievo, trovò l'esemplare perfetto.
Alla cassa, semi nascosto dal quotidiano, un ragazzotto ricolmo di brufoli, grassottello e sudaticcio la guardava con fin troppa poca discrezione.
[T/n] si chiese che cosa avrebbe potuto pensare Asahi delle occhiate che il commesso le stava lanciando, ma scacciò in fretta il pensiero.
Guardò per un po' le bottiglie fresche d'acqua, inclinandosi verso esse, sentendo sempre lo sguardo del ragazzo su di lei, e poi si girò, concentrandosi sul ragazzo, che subito si nascose dietro al giornale, scoperto in flagrante a guardarle le forme.
Gli si avvicinò tranquilla, sporgendosi verso il bancone con un bel sorriso e la linea dei seni esposta.
Il ragazzo abbassò incerto il giornale, rivelando i suoi cortissimi capelli rossi e i piccoli occhi scuri da maiale che si ritrovava.
Poveretto.
"Ciao!"
[T/n] gli sorrise energica, prendendolo alla sprovvista, forse si aspettava indifferenza, o addirittura arroganza.
Probabilmente non era mai stato truffato.
Ottimo.
"S-salve.. ha bisogno di qualcosa?"
[T/n] annuì, facendogli cenno di avvicinarsi a lei mentre si sporgeva ancora di più sul bancone.
Vide sulla tasca della sua giacca uno spinello, e le parole le uscirono spontanee di bocca.
Conosceva ogni angolo di quei maledetti negozietti e sapeva fin troppo bene che altri servizi i commessi come lui davano. 
Quello spinello era un marchio di fabbrica che solo i più attenti avrebbero notato.
Lo vide osservare più attentamente i suoi seni sudati mentre gli sussurrava dolcemente all'orecchio.
"Mi servirebbe della roba. Tu sai quale intendo, vero?"
Si allontanò da lui solo per trovare il suo viso dello stesso colore dei suoi capelli.
Iniziò a giocare con le proprie mani, continuando a borbottare e balbettare.
Si guardò attorno, soprattutto fuori dal negozio, e poi annuì.
"Seguimi."
[T/n] applaudì contenta, prendendolo per le spalle una volta uscito dal bancone.
"S-stai attenta a chi lo dici, va bene? O finirei in galera.."
"Tesoro.. non ti preoccupare, so mantenere i segreti."
Glielo sussurrò all'orecchio e sentì i brividi scendergli lungo la schiena mentre si avviava verso la porta alla sinistra del bancone.
La chiave era nella toppa, come sempre.
Lanciò uno sguardo ad Asahi, che stava finendo di riempire il serbatoio, e tornò alla su amissione.
Pressò il proprio seno sulla schiena del ragazzotto, vedendolo come tremava mentre girava la chiave nella serratura.
Quando la aprì, il poveretto ricevette un bello spintone all'interno dello stanzino colmo di droga, capitolando a terra con un potente tonfo.
[T/n] non si perse in convenevoli.
Chiuse subito la porta a chiave, la prese e la lanciò in mezzo al negozio, afferrando due bottiglie d'acqua prima di correre fuori con le urla del ragazzotto attutite dalla porta.
Corse fuori con l'acqua in mano, Asahi pronto ad entrare e mettere in moto l'auto.
Appena furono entrambi dentro l'abitacolo, Asahi partì veloce, allontanandosi in fretta dal benzinaio mentre la camicetta iniziava a volare via, lontana dal benzinaio.
[T/n] tirò un urlo di gioia e Asahi rise felice.
Altra leggerezza tanto agognata.
"Ce l'hai fatta!"
Asahi la guardò con il sorriso in bocca, ormai non si riconosceva più nel ragazzo timido e pessimista che era sempre stato.
Con lei, era tutto diverso.
"Ce l'abbiamo fatta!"
[T/n] saltò sul sedile, emozionata e con l'adrenalina in corpo mentre l'acqua veniva lanciata sui sedili posteriori.
"Sei stata fantas-"
Ma Asahi si interruppe.
[T/n] si era lanciata d'impeto, con il fiatone, gli occhi lucidi, le guance rosse ed il cuore a mille sulle belle labbra di Asahi, baciandolo come aveva desiderato fare dalla sera prima.
La sua barba ispida le pizzicava le guance, ma le piaceva.
I suoi capelli, sempre racchiusi nello chignon basso, si erano allentati, e delle ciocche castane erano aggrovigliate tra le sue dita.
[T/n] si staccò col fiatone ed un grande sorrise sulle labbra, che però morì quando vide il viso sconvolto di Asahi che, troppo sorpreso, non aveva ricambiato al bacio che aveva desiderato ardentemente ed inconsciamente.
Si guardarono per poco prima che Asahi tornasse a concentrarsi sulla strada, non prestando troppa attenzione alla ragazza al suo fianco, nonostante avesse il suo sapore sulle labbra umide.
[T/n] si fece piccola sul sedile, imbarazzata e pentita.
Ancora una volta, aveva rovinato tutto.
Nell'abitacolo si era diffuso un freddo e fin troppo caldo imbarazzo, ed il silenzio aveva iniziato ad aleggiare insieme a lui.
Guardando il cielo, quella sera avrebbe piovuto.


Ferma sul ciglio della strada, la jeep nera si lavava via la polvere arancione con la forte pioggia che, come previsto, quella sera aveva colpito dopo mesi l'Arizona.
Il cielo era nero ed i tuoni non mancavano, così come i fulmini, che erano le uniche fonti di luce nel cielo.
All'interno dell'abitacolo però, il rumore era minimo.
Nessuno dei due parlava, entrami troppo imbarazzati e scombussolati per poter proferire parola.
[T/n] guardava fuori dal finestrino senza lanciare il minimo sguardo al castano che, al contrario, non riusciva a non guardarla.
Voleva risentire le labbra di lei sulle sue, abbracciarla e sentire il suo calore, la sua pelle toccare il suo corpo, ma non ne aveva il coraggio.
Dal canto suo, [T/n] stava iniziando a pentirsi della sua azione improvvisa. Era evidente che non era stata apprezzata, e così facendo aveva solo rovinato un bel rapporto appena sbocciato.
Si strinse più forte le braccia, infreddolita.
La sua camicetta era andata e le era rimasta solo la canottiera addosso., ma almeno il riscaldamento era acceso.
[T/n] sospirò ed Asahi tornò a guardarla.
Asahi si sentì come se tutti i progressi contro la timidezza che aveva fatto fossero all'improvviso scomparsi.
Perché non riusciva nemmeno a dirle ciò che sentiva?
Non era così difficile!
Ma ogni volta che apriva la bocca, nulla usciva.
Quando però [T/n] parlò, il coraggio sembrò riemergere in lui, insieme però alla paura, inevitabile.
"Mi dispiace.. non avrei dovuto. Scusami, Asahi.."
Le afferrò d'impulso la mano e, sorpresa, la ragazza alzò lo sguardo verso di lui.
La guardava con i suoi soliti occhioni marroni, dolci e premurosi ma, stavolta, determinati, con un velo di preoccupazione.
"Non dire così."
[T/n] sorrise ironica portando lo sguardo fuori, ma non spostò la mano calda di Asahi.
"Ma è così. Ho rovinato tutto."
All'improvviso, senza preavviso, si sentì sollevare e si ritrovò sulle gambe di Asahi, a cavalcioni su di lui.
Lo vide così vicino che le mancò un battito.
Sentiva il suo calore, il suo respiro sul suo viso, vedeva la sua barba incolta ed i suoi capelli castani più ricci.
La guardava senza staccare gli occhi, accarezzandole le braccia delicatamente e beandosi dei brividi che le stava procurando.
Il coraggio gli stava bruciando il cuore mentre [T/n] si sentiva sempre più insicura, avvolta da quel calore così amorevole che mai aveva provato.
Asahi le percorse la schiena con le punte della dita, fino ad arrivare alla nuca, che spinse verso il suo viso, mentre le sussurrava sulla pelle del viso.
"Non hai rovinato nulla."
La baciò senza esitazioni e tornò a non riconoscersi più.
In meno di quattro giorni era cambiato così tanto che quasi non se ne era accorto.
Tutto grazie a quell'incontro gradevole.
Grazie a quella ragazza inaspettata, colma di polvere ed assetata in mezzo al nulla.
La baciò dolcemente, attendendo una sua risposta, continuando ad accarezzarle la nuca e le braccia fredde.
Non si era accorto di quanto freddo avesse.
[T/n] era ancora incredula, ma sentire nuovamente la sua barba contro le guance, le sue labbra calde muoversi sulle sue screpolate, provare la delicatezza delle sue carezze e sentire il suo calore focoso la fecero sciogliere in fretta.
Portò le mani ai suoi capelli, sciogliendo lo chignon ed affondando finalmente le dita nei suoi morbidi capelli marroni, selvaggi e finalmente liberi.
Lo spinse bisognosa di più contro di sé, sentendo tutto il calore che le stava trasmettendo.
Sentì la stretta di lui sulla sua vita e poi caddero all'indietro: Asahi aveva abbassato il sedile, ed ora lei era sdraiata sopra di lui.
Un piccolo urlo le uscì dalle labbra prima che prendessero entrambi a ridere, abbracciandosi di più e fondendo le loro labbra e i loro corpi in quella notte tempestosa.
Si sussurrarono amore, dolcezza e risate soffocate.
La macchina si mosse in mezzo alla pioggia al ritmo dei loro corpi infreddoliti.
"Fammi stare con te."
[T/n] glielo sussurrò all'orecchio poco prima che il sole sorgesse, continuando a giocare con le lunghe ciocche dei suoi capelli mentre lui le cingeva la vita delicatamente, inspirando il suo dolce profumo, abbracciato a lei.
Abbassò lo sguardo baciandole la fronte.
Alla fine una meta non era servita loro, e probabilmente non gli sarebbe servita mai.
Semplicemente perché non c'era.
Si erano trovati inaspettatamente, con leggerezza e divertimento, e si erano innamorati il tempo di scambiarsi un sorriso.
La baciò sulle labbra, dolcemente e lentamente.
Volevano esplorarsi a vicenda come si esplorano nuove terre, ed il viaggio non avrebbe avuto mai fine.
L'amore è troppo esteso, troppo immenso per essere esplorato tutto in una vita sola, ma importava davvero?
No, certo che no.
Avrebbero continuato ad esplorarsi, a costo di dover derubare mille benzinai.
"Viaggerai con me?"
[T/n] gli sorrise.
"Ovunque."
Ed un viaggio che non ebbe mai una fine, per loro ebbe inizio.
Dopotutto, le terre dell'amore erano ancora del tutto inesplorate.



Dedicata a TheFlightelessCrows


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