Attenzione: questa One Shot è una GirlxGirl, una Shot normalissima, ma con come protagoniste due donne, tra cui ovviamente la reader.
You see her to be
the flower for your eyes,
but I must tell you
she is more than beauty
for you to behold.
She is a flower
for this earth,
the reason why many eyes
see the beauty in this world.-Pierre Jeanty.
Una frizzante aria primaverile soffiava tra le ampie strade trafficate, diffondendo i diversi odori dispersi tra quei palazzi.
Dai più dolci, come il profumo del pane e delle brioche appena sfornate dal panettiere, ai più acri, come lo scarico di una macchina, o il fumo di una sigaretta fumata di nascosto.
Le diverse voci si ammassavano tra loro insieme ai rumori della città, divenendo così un unico frastuono. Le voci stridule e allegre dei bambini si confondevano con i rimproveri delle madri e con le chiacchierate di alcune donne in pausa pranzo, mentre alcune animate conversazioni al telefono si disperdevano con l'arrivo del rombo di una motocicletta.
La città era così fredda con i suoi colori tristi e opachi, che sembravano aver risucchiato tutta la vitalità ed allegria attorno a loro.
Nonostante ciò, le diverse risate riecheggiavano per le strade, e la vita continuava serena per la cittadina, affatto oppressa da quell'atmosfera malinconica.
Era come se gli abitanti si fossero rassegnati a quell'esistenza triste e sconfortante, priva di colori e vivacità.
Ma non tutti sembravano essere dello stesso avviso.
Al lato di una strada affollata, così piccolo e circondato da giganteschi palazzi scuri, un allegro e pimpante negozio illuminava l'intero isolato.
Le sue pareti erano dipinte di un bel rosso pastello, ricoperte in parte da un bel gelsomino risalito lungo esse. Sopra la porta di legno bianco, una piccola insegna pendeva, con la sola immagine di un bocciolo di rosa, con sottostante una elegante scritta magenta, che citava: 'Hitoka's Flowers'.
Dalle grandi vetrate dalla cornice di legno poi, l'interno altrettanto gioviale era ben visibile alla clientela prima di entrare.
Dentro quel piccolo negozio, una vecchia radiolina verdognola trasmetteva allegra musica colma di energia, mentre le piante tutt'attorno ad essa si beavano della bella melodia.
L'ambiente era ricolmo dai fiori più fragili a quelli più resistenti, dai rampicanti alle piante da vaso, e dai colori più stravaganti a quelli più semplici.
Il parquet chiaro era coperto da qualche petalo o foglia secca, mentre qualche gocciolina d'acqua colava dai vasi appena innaffiati ed ancora umidi.
Le pareti erano stavolta dipinte di un semplice bianco, che passava completamente inosservato davanti a quel ricco assortimento di colori, emanato dai bei petali dei fiori.
Dopo poco, dalla porta dietro il bancone di legno, una minuta figura fece la sua entrata leggiadramente, canticchiando la stessa canzoncina della radiolina.
La sua camicetta arancione svolazzò per aria quando, con un movimento veloce delle braccia, la ragazza alzò l'anta del bancone e si avvicinò alle piante.
I lunghi jeans scuri, con qualche toppa colorata a coprire i buchi, le avvolgevano le snelle gambe, intente a far muovere la giovane a leggeri passi di danza, mentre le sue scarpe da ginnastica bianche e nere si inzuppavano un po' d'acqua.
La camicetta le stava larga, e ogni movimento la smuoveva, facendo arrivare un po' d'aria alla delicata pelle della sua pancia.
Gli ordinati capelli biondi, tagliati a caschetto, le ricadevano lungo il collo dolcemente, con solo un piccolo fermaglio colorato a tenere a bada i ciuffi più ribelli.
Le ciocche dorate le incorniciavano il dolce viso, in quel momento placido e beato, mentre le guance rosate le coloravano il viso, insieme alle sue sottili e belle labbra rossastre.
I suoi grandi occhi castani, incorniciati dalle sopracciglia bionde ed abbelliti dalle lunghe ciglia, splendevano alla vista dei colorati fiori, di cui si prendeva cura ogni giorno ormai da anni.
Aveva sempre amato i colori, sin da bambina, ed essendo cresciuta in campagna, la loro presenza era stata una costante nella sua vita, fino a quando i genitori non si erano dovuti trasferire in città, portandosi ovviamente la figlia dietro.
Dal giorno del suo arrivo, il grigio più cupo l'aveva accolta.
Non i bei fiori di campo ed il grano dorato, ma tristi, scuri e brutti palazzi.
Implorò per giorni i genitori di tornare in campagna, di far vivere almeno lei lontano da quel postaccio, ma erano stati irremovibili.
Aveva vissuto per giorni malinconicamente, osservando come l'allegria che prima splendeva negli occhi della madre e del padre, lentamente, avesse iniziato ad estinguersi, così come quella nei suoi.
Fino a quando, un giorno, tornando a casa da scuola con il muso, non si era persa, troppo impegnata a guardare il grigio marciapiede che a prestare attenzione alle vie della nuova città, e non li aveva ritrovati.
I colori erano di nuovo lì, riflessi nei suoi begli occhi castani, mentre un sorriso le solcava le labbra e il cuore le batteva forte dalla felicità.
Un enorme spiazzo erboso stanziava davanti a lei, ricolmo dei più svariati fiori, ben curati e rigogliosi, con al centro del campo una piccola catapecchia di legno, così piccola in confronto ai giganteschi palazzi che la circondavano.
Era rimasta incantata davanti a quello spettacolo, così tanto, che non aveva sentito una mano posarsi delicatamente sulla sua spalla.
Balzò dallo spavento, e si girò spaventata alla sua destra, trovandosi davanti il bel viso di una donna.
I lunghissimi e lisci capelli di un nero pece erano legati dietro la sua nuca, e le ricadevano delicatamente sulla schiena, fino a sfiorarle il fondoschiena.
Una leggera bandana bianca era avvolta al suo capo, coprendole la testa e finendole sotto il mento con un piccolo nodo, mentre la camicia rossa ed i jeans chiari erano sporchi di fango.
La guardava con due premurosi occhi scuri ed un bel sorriso sulle labbra carnose, mentre rideva sotto ai baffi per la reazione della ragazzina.
La bionda la osservò, prestando maggiore attenzione agli indumenti sporchi di terra.
"Ti piace?"
Senza troppa esitazione, la donna le aveva rivelato la sua dolce voce, sorridendo ampiamente vedendo le gote della ragazza arrossarsi.
Titubante, Yachi annuì, non distogliendo gli occhi da quelli scuri della donna, che le sorrise intenerita.
"Ne sono felice, è da tanto che me ne occupo, ma c'è così tanto da fare!"
La corvina si asciugò una goccia di sudore che vagava sulla sua candida pelle e posò lo sguardo sul campo verde, il sorriso meno presente.
Yachi si guardò le scarpe, imbarazzata sentendo la mano della donna ancora sulla propria spalla, ma portò poco dopo lo sguardo sul campo, e in seguito sulla donna.
Il cuore le batteva forte e poteva sentire le corde vocali tremarle, ma si fece forza, unì i piedi, irrigidendo le gambe, e serrò gli occhi, abbassando il capo.
"P-potrei darle una mano!"
I secondi passarono, ed il cuore della bionda non sembrava voler cessare di battere all'impazzata, fino a quando i battiti si bloccarono improvvisamente, udendo la leggera e sincera risata della donna, che aveva intanto tolto la propria mano dalla spalla della ragazza.
"Davvero?"
La ragazza alzò lo sguardo, incontrando gli occhi scuri della donna, che la guardavano amorevoli e divertiti.
"Mi faresti un favore gigantesco! Come ti chiami?"
La bionda si agitò sul posto alla domanda, e le guance le si tinsero di un rosso più intenso.
Iniziò a giocare con le proprie dita, imbarazzata, prima di rispondere alla donna.
"Hitoka Yachi."
La corvina le sorrise, prendendole gentilmente una mano e stringendola nella sua.
"Io sono Airi Harada, ma tu chiamami semplicemente per nome, d'accordo?"
Aveva conosciuto così la Signora Harada-che non aveva mai chiamato per nome, troppo irrispettoso!-e da quel giorno aveva iniziato ad aiutarla con quel grande campo rigoglioso, circondato dal grigio dei palazzi.
La donna le aveva raccontato che era stato un dono del marito per lei, e che la catapecchia al centro del campo era la vecchia casa dell'uomo, trasformata dalla moglie in una casetta per gli attrezzi.
Dedicava quasi tutti i suoi pomeriggi insieme alla Signora Harada, impegnandosi al massimo per rendere quell'unico spiazzo verde un paradiso.
Grazie ad Airi, Hitoka riuscì ad opprimere il desiderio di andarsene da quella città, e piantò il seme di un nuovo desiderio nel suo cuore, innaffiandolo con gli incoraggiamenti della donna.
Voleva trasformare quela città, farla rinascere con mille colori, estinguendo il grigio malinconico di quei maledetti palazzi.
E grazie a quel piccolo seme, invece di contare i giorni che le mancavano per diventare maggiorenne e scappare da quel posto, aveva iniziato a contare i soldi per comprare quello spiazzo, e farlo suo.
E quel giorno, con addosso la sua camicetta arancione che profumava di gelsomino e le mani sporche di terra, quel grande spiazzo era diventato la sua magnifica serra, mentre la vecchia catapecchia, era diventata il suo bel negozio.
Lentamente, il seme nel suo cuore cresceva e le radici scavavano sempre più a fondo, rendendo il desiderio più forte.
Molte persone ormai ogni giorni andavano da lei per comprare decine di fiori e, anche se molto lentamente, i risultati iniziavano a vedersi.
Sorrise, felice dei suoi progressi e del suo impegno, fin quando il campanello alla porta non la riportò alla realtà.
Si voltò verso l'ingresso, e sorrise dolcemente vedendo la Signora Harada fare la sua entrata.
I lunghi capelli corvini presentavano qualche ciocca bianca, mentre le prime rughe sul viso iniziavano a far notare la loro presenza attorno ai begli occhi scuri, mentre il caldo sorriso della donna non cambiava mai.
Airi entrò con il cardigan beige che le svolazzava attorno alle lunghe gambe, mentre Yachi la andava ad accogliere con un bel sorriso in viso.
"Signora Harada!"
La corvina alzò gli occhi al cielo con un sorriso, esasperata dopo quasi otto anni che la conosceva.
"Airi, Yacchan. Chiamami Airi!"
La bionda ignorò il commento, precipitandosi dietro al bancone con le gote rosa.
"Suo marito le ha detto di venire qui, giusto?"
"E chi sennò? Quell'uomo mi farà impazzire prima o poi!"
Yachi ridacchiò alla teatralità della donna e si precipitò nella serra, prendendo il mazzo di gigli rosa che, quella mattina, l'uomo le aveva richiesto, e lo portò all'interno del negozio.
Nel momento in cui la Signora Hamada vide i bei fiori, e si precipitò verso la ragazza, la campanella sopra la porta suonò nuovamente, attirando l'attenzione della bionda.
Nel negozio era appena entrata una figura scura, completamente vestita di nero.
La maglietta dei Metallica aveva una profonda scollatura, dalla quale era possibile intravedere la linea dei seni sodi della ragazza, mentre i pantaloni neri aderenti avevano diversi strappi sulle ginocchia, finendo poi per essere infilati nei Dr.Martens neri che portava ai piedi.
In spalla portava uno zaino, altrettanto nero, dalla cui cerniera ricadeva una catena argentata, che tintinnava ad ogni movimento.
I [l/c] capelli [c/c] erano scompigliati dal venticello dell'esterno, e le avevano scoperto l'orecchio destro, ricolmo di orecchini, dal lobo alla cartilagine, tutti rigorossmente o neri, o argentati.
Il bel viso era risaltato dai suoi grandi occhi [c/o], delineati da una leggera linea di eyeliner ed abbelliti dalle folte ciglia, rese nere dalle mani di mascara utilizzato.
Le belle labbra rossastre erano stese in una linea dritta mentre i suoi begli occhi si osservavano attorno.
Le braccia erano poi ricoperte di tatuaggi rigorosamente neri, e soltati i loro interni permettevano la vista della delicata pelle nascosta dietro all'inchiostro.
Erano tutte decorazioni floreali, e Yachi si stupì notando l'accuratezza di quei dettagli.
Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, non prestando minima attenzione alla donna raggiante davanti a lei.
Era bellissima e...affascinante.
Sembrava che la città stessa l'avesse partorita, così colma di nero e oscurità ma, al contrario della città, che Yachi detestava, quella ragazza la attraeva più che mai.
Strano ma vero.
In poco meno di un secondo, si sentì le guance andare a fuoco ed il cuore martellare contro la cassa toracica, impaziente di andarsene a fare una bella passeggjata fino alla gola.
Improvvisamente, gli occhi [c/o] della ragazza si puntarono su di lei, ed una mano iniziò a passarle davanti agli occhi.
"Yacchan! Ci sei?"
Yachi balzò sorpresa, ma cercò di far finta di niente, come se quella presenza nera non la stesse osservando da dietro la donna.
"E-eh? Ah, si, si, certo!"
Iniziò a giocare con le proprie dita sotto al bancone, agitata, mentre Airi la scrutava attentamente con un sorrisetto in viso.
Abbracciò di più a sé il mazzo di gigli e sorrise alla bionda innocentemente, pronta a lasciare sola la ragazza.
"Beh, grazie mille dei fiori, cara! Ci vediamo!"
Voltandosi, incontrò la figura scura della ragazza, a cui rivolse un bel sorriso prima di allontanarsi e voltarsi nuovamente una volta vicino alla porta.
Rivolse alla bionda un sorrisino, sventolando le dita a mezz'aria, mimando con la bocca un: 'Che figa', prima ci uscire soddisfatta dal negozio, lasciando Yachi consumata dall'imbarazzo.
La [c/c] le si avvicinò svelta con un piccolo sorriso sulle labbra, mentre Hitoka voleva solo nascondersi.
Non riusciva a guardarla, era troppo imbarazzata, ma voleva così tanto rivedere il suo viso e la sua pelle tatuata!
Prese un piccolo respiro, continuando a giocare con le proprie dita sotto al bancone, ed alzò lo sguardo, solo per bloccarsi non appena vide il suo viso da vicino.
Era dannatamente bella, ed il suo cuore sembrava essersene reso conto da solo.
Stava per parlare,-o emettere un suono simile a delle parole-ma la ragazza la precedette, sfoderando i suoi denti bianchi per un sorriso splendente.
Ed improvvisamente, quella ragazza vestita di nero, si riempì di colori, e Yachi si sentì quasi trapassare dalla loro intensità.
Oh Dio.
Era uno smiley quello che vedeva?
Il suo cuore smise di battere per un secondo intero a quella vista, e si sentì le guance esplodere dal calore, mentre la voce candida della ragazza si propagava nella sua testa.
"Ciao!"
Appoggiò delicatamsnte i gomiti sul bancone, esibendo i suoi elaborati e bei tatuaggi, mentre la bionda tremava dall'imbarazzo, cercando di rispondere senza balbettii.
"C-ciao.."
Qualche secondo di silenzio passò tra loro due, e Yachi quasi se la stava facendo sotto.
Oh cavolo, non le ho chiesto cosa desiderasse! E adesso c'è questo silenzio imbarazzante! Ma come faccio ad essee così stupida!? Stupida, stupida, stupida, stupida, stupid-
"Sono [T/n]."
Rialzò lo sguardo, che aveva abbassato mentre si stava tirando mentalmente delle sberle, e si trovò nuovamente davanti il suo bel sorriso, messo in risalto dallo smiley, e la sua mano libera dai tatuaggi tesa davanti a lei.
La guardò per un momento confusa prima di comprendere effettivamenfe ciò che la ragazza desiderasse fare.
Le guance le si tinsero di un rosa acceso mentre allungava la mano davanti a sé, stringendo quella della [c/c], che le sorrise più ampiamente.
"Hitoka.."
"Piacere, Hitoka!"
Sentendo il suo nome pronunciato da quelle labbra e da quella voce, la reazione fu immediata, e sciolse a malincuore la stretta delle loro mani.
Le sue dita erano gelate, ma il palmo era così caldo..
"D-desideri qualcosa?"
[T/n] si allontanò dal bancone per mettersi le mani nelle tasche posteriori, dondolandosi da piede a piede, facendo tintinnare la catena sul suo zaino.
"A dire il vero, si."
Yachi rimase in ascolto, annuendo e continuando ad osservarla, in ogni suo più piccolo particolare, soffermandosi sulle braccia tatuate e sui loro disegni.
"Vedi, io lavoro come tatuatrice.."
Yachi sbarrò per un secondo gli occhi, sorpresa, e vide la [c/c] sorriderle, facendola arrossire.
Se lo sarebbe dovuto aspettare?
"E diciamo che, come puoi vedere, prediligo i disegni floreali."
Stese le braccia sul bancone, mostrando le proprie braccia, che Yachi osservò più che volentieri.
"Mi è giunta poi voce che, in questo negozio, i fiori sono meravigliosi, e che c'è una serra magnifica. Mi stavo quindi chiedendo s-"
"Si! Certo che si!"
Prima ancora che avesse po realizzarlo, le parole le erano fuoriuscite di bocca istantaneamente, mentre il cervello aveva fatto due piu due, capendo dove la ragazza volesse andare a parare.
Il solo pensiero di vederla piu volte in una giornata l'aveva fatta impazzire.
Quella ragazza, l'aveva fatta impazzire.
E da quanto si conoscevano?
Anzi!
Non si conoscevsno affatto!
[T/n] iniziò a ridere vivacemente, con una risata cristallina e leggera, che fece imbarazzare ancora di più la bionda.
Posò poi nuovamente il suo sguardo su di lei, e con lo stesso sorriso inclinò la testa di lato, guardandola curiosa mentre la bionda bruciava dalla vergogna.
"S-scusa, io..continua pure!"
Un'altra leggera risata sfuggì dalle labbra di [T/n] prima che riprendesse a dondolarsi da piede a piede, i denti splendenti in bella vista.
"Non ti preoccupare, vai tranquilla. Volevo solo chiederti se potessi farmi stare per qualche ora ogni tanto dentro la serra, ma penso tu lo avessi capito, no?"
Le sorrise innocente, ma i suoi occhi riflettevano malizia, come se la stesse prendendo in giro-anzi, la stava sicuramente prendendo in giro-e si stesse divertendo nel farlo.
Intanto, le guance di Yachi erano diventate più rosse dei petali delle rose, ed un sorrisino colpevole ed imbarazzato si era propagato sulle sue labbra, intenerendo e divertendo la [c/c].
Si grattò leggermente il ponte del naso prima di annuire leggermente, appoggiando fermamente le mani sul bancone per impedirsi di rovinarsi le dita con le unghie.
Puntò poi titubante i suoi grandi occhi castani su quelli ammalianti della ragazza davanti a lei, e le sorrise dolcemente, cercando di mantenere un stia tranquilla.
"Certo, non c'è nessun problema! Vieni, posso fartela vedere già da adesso."
[T/n] sollevò sorpresa le sopracciglia prima di annuire entusiasta e sorridere felice alla proprietaria del negozio che, agitata, le fece cenno di seguirla dietro al bancone, e successivamente al di là della porta dietro esso.
Quando la porta di vetro opaco venne aperta, un'ondata di profumo di fiori e di terra bagnata invase l'olfatto delle due.
Il pavimento era terra nuda, ricoperta dalla verde e rigogliosa erba, eliminata solo per creare piccoli percorsi, che conducevano agli stand sui quali diversi vasi custodivano le radici dei fiori.
Ben organizzata, la serra divideva le diverse tipologie di piante in base alla specie, creando tutt'attorno una immensa varietà di colori, uno spettacolo per gli occhi.
Yachi guidò la ragazza all'interno del suo piccolo paradiso, indicandole le più belle piante.
[T/n], dal canto suo, era totalmente ammaliata da tutti quei colori e da quel buon profumo. Si guardava attorno incantata, osservando la grande varietà di piante che la stavano intrigando, e che avrebbe probabilmente riportato sul suo block notes.
Continuarono a camminare, coperte dal vetro della serra, fino a quando [T/n], da lontano, non intravide un area più grande e circolare.
"Cosa c'è lì?"
Accelerò il passo, posizionandosi a pochi centimetri dalla schiena di Yachi, che poteva giurare di sentire il suo fiato sul collo.
"A-ah, lì c'è la zona dei rampicanti, ma l'ho allestita anche come zona riposo, diciamo così.."
Fece la sua entrata nella stanza circolare, subito seguita dalla [c/c], che spalancò gli occhi e sorrise entusiasta alla vista che le si parò davanti.
Al centro della stanza, un grande albero copriva con le sue fronde i raggi del sole, lasciando l'area sotto esse ombreggiata, dove dei bei fiori crescevano alti su delle piccole piccole staccionate a rete, attorcigliandosi nei buchi.
Sul perimetro del vetro della serra invece, dei gelsomini crescevano rigogliosi, arrampicandosi con i loro profumati fiori bianchi lungo le pareti, ricoprendo il vetro delicatamente.
Attorno al grande albero, due panchine erano state posizionate l'una davanti all'altra, e proprio su una di queste, Hitoka fece sedere [T/n].
Si sedettero vicine, la bionda un po' più sicura di sé mentre osservava la ragazza ammirare il suo lavoro.
Si compiacque notando quanto stesse apprezzando i suoi fiori, e non poté fare a meno di sorridere ampiamente, le gote rosate, quando la [c/c] si complimentò con lei.
"Hitoka, è fantastico! È la prima volta che vedo una serra del genere, in questa città oltretutto!"
Le guanciotte della bionda si arrossarono mentre il meraviglioso sorriso della ragazza accanto a lei splendeva tra i fiori più belli della serra.
"G-grazie.."
Ridacchiò imbarazzata mentre faceva dondolare le gambe.
Poi guardò in alto, verso i bei gelsomini bianchi, intanto che la luce che filtrava dal vetro le illuminava il viso, osservato attentamente da [T/n].
"Qual'è il tuo fiore preferito?"
La domanda la sorprese, anche se avrebbe dovuto aspettarsela.
Si voltò verso la [c/c], che la guardava attenta, il mento sorretto dalla sua mano dalle dita affusolate, avvolte da diversi anelli dalle pietre scure.
Le sorrise un poco prima di abbassare lo sguardo verso la terra scura, continuando a dondolare le gambe, lo stomaco in subbuglio e il cuore a mille, per qualche strana ragione.
"Amo i ciliegi. So che è abbastanza scontato, ma non mi riferisco solo alla loro bellezza. Il loro significato è la cosa più bella del mondo: la rinascita. Tutti i fiori hanno il loro significato, ma quello dei fiori di ciliegio è stupendo, e rappresenta un po' il mio desiderio. Questa città ha bisogno di cambiamento, e io sto cercando di farla rinascere con i miei fiori. Ah..so che può sembrare una sciocchezza, ma forse ci sto riuscendo, e continuerò fino a quando non ne avrò più le forze, anche se dovesse risultare tutto vano."
Solo quando il suo monologo finì, Hitoka si accorse di quanto tranquillamente aveva parlato, chi aveva affianco, e che sulle sue labbra era spuntato un sorriso dolce e amorevole.
Non appena si voltò alla sua destra, incontrando lo sguardo perso della ragazza, le guance le si arrossarono più che mai e le mani iniziarono a gesticolare ovunque.
"E-ecco non so se mi sono spiegata, cioè io..ecco... Oh mamma, dovevo stare zitta.."
Il suo tono si abbassò sempre di più, fino a diventare un sussurro per poi spegnersi.
Yachi era tornata a schiaffeggiarsi mentalmente, anche se avrebbe tanto voluto farlo fisicamente, ma una mano sulla sua guancia la distrasse dal maltrattarsi.
Il palmo era così caldo, mentre le dita così fredde, congelate, quasi il sangue non arrivasse fino alle punte.
Alzò lo sguardo, completamente rapita da quel tocco, e si perse completamente nel colore dei suoi occhi [c/o], così belli, affascinanti e dolci, dentro ai quali tutti i colori dei fiori erano riflessi.
Socchiuse le labbra, rimanendo incantata davanti alla figlia della città, la darchettona, così priva di colori, fredda e cupa, ma al contempo stesso, colma delle più variegate sfumature dell'arcobaleno, riflesse nei suoi occhi e nel suo sorriso.
Si lasciò cullare da quel tocco delicato, e quasi si sporse per baciarla da quanto era soggiogata dal suo bel viso, ma il suo sorriso dolce la fece rinsavire.
"Non devi stare zitta. È quello che ami, e capisco perfettamente come ti senti, perché anche io penso lo stesso. Questa città fa schifo, lo ha sempre fatto, ma non è detto che lo farà anche in futuro, e se andrà come credo io, allora sarai tu a compiere il cambiamento. Vedo e sento quanto ami il tuo lavoro da come parli e da come tratti le tue piante, è ammirevole. Tanto quanto il tuo desiderio. Non vergognarti della passione che metti in quello che ami."
Il sorriso rimase tatuato sulle sue labbra color pesca mentre il cuore di Hitoka quasi esplodeva come una bimba ad orologeria.
Annuì piano, rimanendo imbambolata davanti a lei, come una scema.
Non si era mai sentita così.
"I miei fiori preferiti sono i gelsomini invece, sono puri, candidi ma forti, ed hanno il profumo più dolce del mondo. Mi ricordano un po' te."
[T/n] ridacchiò un poco alla confessione mentre le gote assumevano un colore rosato, e Yachi si sentiva la ragazza più fortunata del mondo a vedere il suo sorriso e il suo rossore insieme.
Non seppe se ringraziarla o meno.
Insomma, che diavolo si fa in una situazione del genere?
Ma [T/n] le rese il lavoro più semplice ritraendo la mano dalla sua guancia ed alzandosi in piedi.
Nero in mezzo alla radura.
Hitoka si ritrovò a voler sentire ancora quel calore su di sé.
Sul suo intero corpo.
[T/n] sorrise ancora.
"Avrei un ultima cosa da chiederti, Hitoka. Puoi ascoltarmi?"
La bionda annuì sorpresa, di nuovo.
Quella ragazza era piena di sorprese per lei, a quanto pareva.
Sentì le proprie mani stringere il legno della panchina dall'impazienza.
La [c/c] inclinò la testa di lato, mettendo in risalto i suoi orecchini luccicanti mentre la catena sullo zaino tintinnava.
"Mi permetti di aiutarti a far avverare il tuo desiderio?"
E per la prima volta durante la compagnia della ragazza, fu Yachi a sorridere ampiamente dopo un secondo di attesa, durante il quale il suo cervello dovette analizzare l'informazione attentamente.
Il cuore le batteva follemente, colorando con ogni pulsazione la sua anima di un colore diverso.
E forse, lo stesso valeva per [T/n].
"Si! Certo che sì!"
[T/n] sorrise felice, allontanandosi dalla serra frizzante.
"Ne sono contenta! Allora ci vediamo domani, Hitoka!"
Uscì con un gesto della mano dalla zona dei rampicanti, le guance rosate, lasciando Yachi da sola, il cuore a mille e la felicità nelle vene.
I secondi passarono, ma lei non si muoveva, troppo immersa nei ricordi di pochi attimi prima.
E proprio quando pensava che la ragazza se ne fosse andata dal negozio, dei passi pesanti e affrettati le si avvicinarono, e una voce affannata le arrivò all'udito prima di qualunque altro rumore.
"Ho dimenticato una cosa!"
[T/n] rientrò nella serra alla velocità della luce, fiondandosi come un fulmine nero verso Yachi.
Prima ancora che potesse accorgersene, le labbra dolci e soffici della [c/c] erano sulla sua guancia, e le sua mani le avevano racchiuso dolcemente il viso rosso a coppa.
Durò poco più di qualche secondo, ma fu abbastanza per far mandare in tilt Hitoka, che a malapena si accorse della fine del bacio, e della fuga affrettata ed imbarazzata di [T/n], rimanendo per la seconda volta da sola nella serra, stavolta sul serio.
In quel momento, col cuore a mille e lo stomaco in subbuglio, si sentiva rinata."Benvenuti! Oh, sei tu."
Il sole splendeva alto e i bambini ridevano più allegri nella stessa città di un anno prima, solo più colorata.
In ogni angolo della città c'erano i più variopinti vasi di fiori, fino ad arrivare ai grattacieli dove, nei balconi più grandi, piccoli angoli di paradiso erano stati allestiti.
Addirittura, sui muri più lerci e malridotti erano stati dipinti dei murales colorati, per la maggior parte intrecci di fiori.
Ormai quasi tutte le fioriere presenti in quella città erano abitate da piccole piantine colorate, e quella cupa cittadina non era mai stata così allegra.
Era tutto così diverso, così meravigliosamente diverso.
Tutto, tranne quel piccolo negozietto di fiori, dall'insegna di legno recitante 'Hitoka's Flowers', e dalle pareti rosso pastello.
E anche se in pochi lo sapevano, quasi fosse un segreto, tutto era partito da lì, e da uno scuro negozio di tatuaggi.
Quando la campanella tintinnò sopra la porta, Yachi si girò, pronta ad accogliere nuovi clienti, che in quei mesi avevano iniziato a pullulare, ma chi si ritrovò sull'uscio della porta del negozio, era semplicemente [T/n].
E, strano ma vero, anche lei era cambiata.
I suoi tatuaggi neri si erano colorati, ogni fiore aveva ora un colore, e la sua pelle candida era quasi del tutto coperta.
Le sue braccia erano ora un giardino rigoglioso, pieno di vita ed allegria.
Di nero rimanevano solo i loro contorni, ma poco importava.
L'abbigliamento era forse la cosa meno diversa, sempre con una maglietta strappata addosso, i suoi jeans neri e i suoi fedeli Dr. Martens ai piedi.
Il suo sorriso smagliante era il solito, così come lo smiley, e i colori che emanava erano solo più intensi.
"Che c'è? Non sei felice di vedermi?"
Hitoka sorrise alla [c/c], allegra.
Lei non era affatto cambiata.
Sempre con i suoi vestiti stravaganti addosso, con le fantasie più colorate e vivaci, i capelli biondi in ordine e gli occhi castani scintillanti.
Ma forse una cosa era cambiata in lei.
"Non fare la stupida. Certo che lo sono."
[T/n] le si avvicinò saltellando, per poi attirarla a sé per la vita e scoccarle un dolce bacio sulle labbra.
Rimasero abbracciate forse per qualche minuto prima che Yachi le battesse una mano sulla schiena, divertita ma in cerca d'aria.
Quando si staccarono [T/n] ridacchiò, osservando le sue guanciotte rosse e il suo dolce sorriso le veniva sempre voglia di spupazzarla tutta di baci.
Quanto amava la sua piccola Hitoka.
Si imbarazzava ancora per i loro baci, anche se pure [T/n] doveva ammettere di essere stata in imbarazzo le prime volte.
Le sorrise apertamente, mostrando lo smiley che la fidanzata tanto adorava, e le accarezzò il polso destro, posandoci poi lo sguardo.
"Ti fa ancora male?"
Hitoka abbassò lo sguardo, sorridendo amorevolmente e scuotendo il capo.
"No, non più ormai."
"Ricordati di continuare a mettere la crema però."
"Si mamma, va bene."
[T/n] alzò un sopracciglio alla risposta spavalda della bionda, ed aumentò la stretta sulla vita di lei prima di ridacchiare insieme.
Era contenta di vedere che in poco tempo, la sua adorata Yachi era riuscita a scacciare il suo balbettio, anche se lei lo trovava carino, e ad aprirsi di più con le persone, soprattutto con lei.
La strinse di più a sé, crogiolandosi nel suo buon profumo.
"E a te fa male?"
[T/n] rise.
"Ma scherzi? Ormai ci sono fin troppo abituata."
Voltò lo sguardo verso la strada, un anno prima grigia e brutta, quel giorno nella e colorata dai loro fiori.
Che fossero fiori sulle verande delle case o fiori tatuati sulla pelle delle persone, non importava.
Alla fine, insieme, avevano ottenuto ciò che entrambe desideravano, raggiungendo il loro scopo.
"Ci siamo riuscite alla fine, mh?"
Hitoka guardò la compagna, un sorriso dolce e il cuore che batteva un po' più veloce.
"Si, insieme."
[T/n] le sorrise, i colori sempre più presenti nella sua anima, forse gli stessi di quella di Hitoka.
Si avvicinò un'altra volta alle sue soffici e dolci labbra, assaggiandole una volta di più.
Intanto, sui polsi destro di entrambe, a coprire il punto del battito cardiaco, sulla loro delicata pelle, il puro e bel tatuaggio di un ramo di fiori di ciliegio risiedeva, il fiore del seme del desiderio piantato nei loro cuori.
Il tatuaggio pulsava a ritmo con i loro cuori, ed entrambe, con il loro sogno portato a termine, ora, si sentivano rinate.Dedicata a Moon_Of_Roses .
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Haikyuu!! One Shots x Reader ||ITA||
Fanfiction"Lieto fine. Tutti ne meritano uno, per quanto il loro animo possa essere corrotto. Ma, prima, c'è un'intera vita da vivere, e voi ne sarete una parte fondamentale, per ognuno di loro. Vi prego però di prestare attenzione. Non tutti, per quanto il l...