|Heart's desires| |Kōtarō Bokuto|

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Tell her that I love her
Tell her that I need her
Tell her that she's more
Than a one-night stand
Tell her that she turns my cheeks
The colour of my hair
All I wanna do is be near

Tell her that I want her
Tell her that I need her
Tell her that she's more than a one-night stand
Tell her that I love her
More than anyone else
If you don't, then I'll tell her myself

-Ed Sheeran.





Il sole di mezzogiorno colpì duramente gli occhi ancora chiusi di [T/n], disturbandole il sonno già inquieto. Sentiva la testa pulsare e vedeva il buio attorno a lei muoversi, pareva girarle attorno mentre riusciva a sentire il sudore scenderle lungo il collo. Iniziò a respirare con la bocca, cercando di inalare più aria possibile, ma ancora non se la sentiva di aprire gli occhi, aveva paura che se lo avesse fatto il mondo attorno a lei avrebbe preso a girare, per poi caderle addosso. Dopo poco, anche il nero iniziò a pulsare, sempre più forte, fino a che un forte conato di vomito non le arrivò alla gola, spingendola ad aprire gli occhi e ad alzarsi di scatto. Come aveva già previsto, non appena aprì gli occhi la sua camera prese a girarle attorno come se fosse su una maledetta giostra e il nodo alla gola rimase lì dove si era fermato. Sentiva i capelli attaccati al collo e alla fronte dal sudore, ma se li spostò quando si portò le mani alle tempie, passandosele per tutto il viso.
La bocca era secca, la testa le pulsava e le tempie parevano infuocate, sentiva tutto il suo corpo intorpidito, quasi fosse distante dalla sua testa ed eseguisse i comandi impartiti da quest'ultima in ritardo.
Appoggiò i piedi sul parquet freddo, non notando né i vestiti sparsi a terra, né la figura ancora addormentata sul suo letto, spaparanzata quasi fosse casa sua. O perlomeno, non se ne ricordò.
Si passò ancora qualche volta le mani sul viso, respirando a pieni polmoni, cercando di calmare quel forte impulso di vomitare che le era salito veloce come un fulmine e il tremolio del suo intero corpo.
Odiava quella sensazione, la detestava.
Vomitare era sempre stato il suo incubo, e aveva sempre cercato di fare di tutto per evitarlo, ma la sera prima non ci aveva pensato più di tanto, incazzata com'era.
Prese un ultimo respiro, e la nausea le pareva essersi calmata, al contrario del mal di testa, che ancora persisteva insieme al bruciore delle sue tempie.
Voleva alzarsi, ma ci pensò su attentamente, doveva valutare le condizioni del suo corpo, perché non aveva la più ben che minima intenzione di alzarsi per poi ruzzolare sul pavimento come una cretina. Già faticava ad alzarsi dal letto, figuriamoci dal pavimento. Probabilmente avrebbe finito per stare sdraiata sul parquet tutto il giorno.
Ma se voleva far passare quel mal di testa allucinante le sarebbe servita un'aspirina, e per prenderla avrebbe dovuto raggiungere il bagno.
Grazie al cielo non era così distante, ma non sarebbe stato un gioco da ragazzi arrivarci.
Con uno sbuffo infastidito, [T/n] si alzò dal letto con un verso di dolore e le gambe presero a tremarle, ma resistette reggendosi al comodino che aveva di fianco, per poi precipitarsi lungo la parete davanti a lei, che l'avrebbe sorretta lungo il tragitto verso il bagno.
Si muoveva come un bambino che aveva appena imparato a camminare... oppure come un ubriaco.
Reggendosi la testa con una mano riuscì a raggiungere la cassettiera di fianco al bagno (quasi cadendo). Ci entrò di slancio, correndo fino al lavandino su cui si resse per non cadere. Iniziò a respirare affannosamente, piegandosi con tutto il corpo verso il lavandino di marmo bianco, quasi sul punto di rimettere, ma riuscì a resistere, rimandando giù il conato, calmandosi.
Riuscì a rimettersi dritta e ad aprire l'acqua fredda, tuffando le mani sotto il getto, portandoselo poi al viso, spalmandoselo sul collo e sulla nuca sudata.
Quell'acqua gelata le diede così tanto sollievo che pensò di voler rimanere sotto l'acqua di quel lavandino per tutta la sua vita. Si strofinò gli occhi, la fronte, e prese a bere dal getto del rubinetto, rinfrescandosi finalmente la gola secca e bisognosa d'acqua fresca.
E quando finalmente fu soddisfatta e si sentì meglio, si allontanò dal rubinetto, fermando l'acqua, e si asciugò con uno degli asciugamani che teneva lì vicino, finendo poi inevitabilmente per guardarsi allo specchio.
Nello specchio appariva una lei pallida, con il trucco ormai quasi completamente sparito dal suo viso e i capelli arricciati dal sudore e bagnati da quella rinfrescata mattutina.
E con ancora l'asciugamano tra le mani a coprirle il torso, non si rese nemmeno conto di essere ancora completamente nuda dalla notte precedente, non fece nemmeno troppo caso al frescolino che le pervadeva l'interno corpo, così come non fece troppo caso al suo riflesso nello specchio.
Che schifo, questo fu il suo unico pensiero prima di spostarsi sul gabinetto, ancora una volta non badando minimamente all'assenza della sua biancheria intima.
Lì sul momento pensò di essersele tolte durante la notte, e sarebbe anche potuto essere normale se non fosse che non le era mai capitato in tutta la sua vita.
Una volta liberatasi dei suoi bisogni primari, afferrò la scatola dell'aspirina, un paio di mutande pulite che teneva in bagno per qualunque tipo di emergenza, infilandosele nel mentre che se ne tornava in camera e, una volta davanti alla cassettiera, prese anche la prima maglietta che le capitò sotto mano, infilandosi anche quella mentre già aveva preso a camminare verso la cucina, ma una volta che se la fu infilata e l'ambiente della sua camera da letto le si palesò davanti, qualcosa la bloccò.
Ora che finalmente era più lucida, dei dettagli inequivocabili la fecero riflettere più a fondo sul perché quella mattina era senza vestiti, e la spinsero a farsi delle domande sulla sera precedente.
A terra i suoi vestiti della sera precedente erano mischiati ad altri indumenti che, ne era sicura, non appartenevano a lei.
Spostò lo sguardo per tutta la camera, e non fu affatto difficile notare la figura di un giovane nel suo letto, anche lui nudo, e bell'addormentato, con un sorriso beato in viso.
Il panico l'assalì quando i ricordi della sera prima la colpirono come se fosse stata investita da un tir a tutta velocità. E forse avrebbe preferito essere presa sotto se quella doveva essere la situazione, a pensarci bene.
Il ragazzo che se la dormiva sul suo letto se lo ricordava all'improvviso molto bene, così come ricordava i loro baci appassionati nel taxi che li aveva portati a casa sua e la loro nottata di fuoco.
Si sentì le guance bruciarle dall'imbarazzo, mai si era ritrovata in una situazione simile, mai nella sua vita si era portata a letto uno sconosciuto, e non aveva la minima idea di come comportarsi in quel momento.
Sul momento le era parsa un'ottima idea, anzi un'idea fantastica, ma ora le sembrava di aver fatto l'errore più grande della sua intera esistenza.
I lunghi capelli di lui erano sparsi per tutto il cuscino, e le loro particolari sfumature argentate e nere brillavano illuminate dal sole di mezzogiorno. I suoi lineamenti erano duri e mascolini, il viso rilassato (pareva dormire beatamente) ed il suo fisico era di un'indubitabile bellezza. Le spalle larghe e le braccia muscolose, un torso largo ed una vita stretta che ospitava degli addominali su cui si ricordava di aver soffermato lo sguardo la sera prima, come persa, imbambolata. E le stava capitando anche in quel momento.
Di certo non poteva lamentarsi del compagno della notte precedente, perché era senza ombra di dubbio uno dei ragazzi più belli che avesse mai visto, ma la situazione non cambiava.
Il tizio con cui era andata a letto la notte scorsa se la stava ancora dormendo in casa sua, e non aveva idea di che cosa fare. Non sapeva se evitarlo, se parlargli, svegliarlo e mandarlo via da casa sua, o fare finta di niente.
In quel momento, pensò che era in un cazzo di casino. E tutti quei dubbi le fecero ricordare di avere un gran mal di testa, e magari l'aspirina che teneva tra le mani le avrebbe dato una mano a capire cosa cazzo doveva fare.
Indugiò ancora per qualche secondo sul bel corpo e sul bel viso del ragazzo di cui, improvvisamente, si ricordò il nome.
Kōtarō Bokuto.
Ricordò di come dopo aver finito il rapporto, Bokuto si fosse gentilmente presentato, e lei si sentì ancora più stupida per averlo portato a casa sua senza nemmeno sapere il suo nome.
Dio santo, mi deve essere andato in pappa il cervello.
In preda all'ansia e all'imbarazzo, si affrettò ad uscire dalla propria camera, scappando in cucina.
Meccanicamente prese un bicchiere e lo riempì d'acqua, buttando giù insieme all'acqua l'aspirina, per poi poggiare il bicchiere nel lavabo, immobilizzandosi.
Il mal di testa le pareva intensificato e il nervosismo l'aveva portata a muovere senza accorgersene la gamba.
Che cosa doveva fare lei esattamente? L'unica alternativa al momento pareva quella di aspettare e vedere quale sarebbe stata la mossa di Bokuto, ma l'ansia la stava divorando.
Tante di quelle possibilità le stavano spuntando in mente come funghi velenosi, e non riusciva a liberarsene, o perlomeno ad analizzare ogni possibilità con calma, in modo tale da tranquillizzarsi.
Si passò una mano sul viso mordendosi il labbro e poi l'interno guancia, ma poi si ricordò del pacchetto di sigarette (anche quello in caso di emergenza) che aveva lasciato in uno dei cassetti della cucina.
In quel momento non riuscì a trovare un'idea migliore di quella per schiarirsi le idee, nonostante sapesse che quel senso di calma era tutta opera della sua mente e nonostante si ricordasse della promessa fatta a Chou e ad Haruo, quel vizio l'aveva sempre aiutata e mai delusa, quindi perché rinunciarci? E poi era un momento di crisi, e rischiava veramente di dare di matto se non faceva qualcosa.
Aprì il primo cassetto sotto i fornelli, ed eccolo lì, un pacchetto di sigarette nuovo di zecca affiancato da un'accendino giallo fluo.
Chiuse il cassetto, aprì il pacchetto e in un attimo una sigaretta era tra le sue labbra, accesa e fumante.
Si sedette sul tavolo al centro della cucina, avvicinandosi il posacenere che ancora faticava a buttare via, e si godette il primo momento di relax di quella mattina prima che i pensieri le fluissero nuovamente in testa.
Non sapeva se Bokuto era abituato a quello stile di vita, a saltare da un letto all'altro, ma sotto sotto ci sperava, almeno lui avrebbe saputo cosa fare al contrario suo.
Ma se fosse veramente così, se lui fosse veramente uno di quelli che va di donna in donna, le sarebbe rimasto un peso irremovibile nel cuore e nell'orgoglio. Non ci teneva ad essere ricordata solo come una scopata, si sarebbe sentita usata come un oggetto. Ma ciò che la irritava di più, era che in realtà anche lei aveva usato lui.
E se lui non si fosse rivelato un playboy incallito, si sarebbe sentita decisamente in colpa. Non voleva fare la parte della mangiauomini, perché non lo era affatto, anzi. Quella situazione si era creata solo in seguito a una serie di eventi spiacevoli, che l'avevano portata a compiere cose che mai avrebbe pensato di fare.
Ma forse c'era una remota possibilità che tra loro nascesse qualcosa, forse? Forse.. No, era decisamente impossibile. E in quel momento, vista la sua situazione sentimentale, di certo non poteva mettersi a pensare certe cose. Come avrebbe potuto? Ancora una volta, le sarebbe parso di usarlo, e non voleva avere più di un peso sulla coscienza.
Prese uno degli ultimi tiri, continuando a pensare.
La cosa migliore era sicuramente liberarsene il più in fretta possibile, non rivedendolo mai più.
Occhio non vede, cuore non piange.
Probabilmente era la scelta migliore, in fondo di solito funzionava così, no? Lei sperava di sì.
Spense la sigaretta e sospirò.
Se doveva proprio essere sincera, non le sarebbe dispiaciuto affatto che accadesse qualcosa tra loro due, ma come poteva essere certa che lui non fosse un coglione? Il punto era che non lo sapeva, così come non lo aveva potuto sapere la volta precedente, quindi decise di prevenire, piuttosto che curare.
Si convinse che non rivederlo più sarebbe stata la scelta migliore, che lui l'avesse voluto, oppure no.
Si alzò, fermandosi davanti al lavandino per guardare fuori dalla finestra verso il palazzo davanti al suo, proprio davanti ad un altro appartamento. Dalle porte finestre senza tende del balcone che si affacciava davanti al suo riuscì a vedere che l'interno di quella casa era un gran casino.
Era pieno di scatoloni e l'arredamento esisteva a malapena.
Probabilmente qualcuno si era appena trasferito.
In quel momento, con ancora lo sguardo piantato sull'appartamento davanti al suo, si sentì scivolare sui fianchi due grandi e calde mani, percependo un respiro estraneo sul suo collo, ma sapeva esattamente di chi si trattava.
"Buongiorno."
La sua voce roca e dal tono basso confermavano che si era appena svegliato, ed inevitabilmente dei brividi percorsero la schiena e il collo di [T/n].
E adesso che faceva? Gli doveva rispondere? Offrirgli un caffè prima di cacciarlo da casa sua?
Il suo cuore batteva all'impazzata nella cassa toracica e il mal di testa che fino a poco fa le pareva passato tornò prepotente.
Con le gambe che le tremavano e ancora intrappolata nel suo abbraccio si voltò verso di lui, trovandosi faccia a faccia con Bokuto, quel Kōtarō Bokuto, quello che si era portata a letto.
I suoi stravaganti capelli gli ricadevano sulla fronte, coprendogli le folte sopracciglia e mettendo in risalto i suoi grandi occhi dorati che la osservavano incuriositi ed intrigati, affascinati.
La sua bocca era piegata in un dolce sorriso e [T/n] si sentì il cuore batterle ancora più veloce, ma il fiato le si mozzò quando si rese conto che Bokuto in quel momento indossava solo i boxer, e nient'altro.
"Buon..." Si fermò ad osservare il suo corpo, ma poi con le guance rosse rialzò lo sguardo velocemente, osservata con un sorriso da lui. "Buongiorno."
Sorrise imbarazzata, evitando il suo sguardo curioso, che la stava esplorando da parte a parte.
Spostò la testa di lato, esponendo il collo. Stava pensando a cosa dire per mandarlo via con gentilezza, senza ferirlo o risultare scortese, ma quello le piombò sul collo con la voracità di una tigre affamata, iniziando a baciarglielo lentamente.
Al contatto [T/n] fece un balzo e si liberò di scatto dalla presa che Bokuto aveva su di lei, lasciandolo lì confuso per un secondo prima che si girasse verso di lei, stranito.
"Che succede..."
"A-ascolta... Ieri sera è stato molto bello, m-mi è piaciuto molto! M-ma penso che adesso dovresti andartene!"
Bokuto non riuscì a completare la domanda che [T/n] lo aveva interrotto, prendendo a gesticolare imbarazzata e agitata, arrossendo da testa a piedi, indietreggiando verso la propria camera da letto.
"Cosa?"
[T/n] sparì dentro camera sua e Bokuto, ancora intontito da quella reazione inaspettata, ci mise un po' ad elaborare quello che tra i balbettii lei gli aveva detto, spalancando poi gli occhi.
"Cosa?!"
Si precipitò verso la camera di lei, ma non riuscì nemmeno ad entrare che lei ne uscì con le braccia piene dei vestiti di lui, porgendoglieli in malo modo e prendendo a spingerlo verso l'uscita.
"D-dicevo che è meglio se te ne vai... Mi è piaciuto molto ieri sera, ma fidati, è meglio così!"
Ridacchiò in preda al nervosismo, continuando a spingerlo verso la porta, senza che il poveretto potesse fare niente confuso e ancora assonnato com'era.
[T/n] gli mise le scarpe sopra al mucchio di vestiti, aprì a porta di casa e lo spinse fuori, ancora con solo i boxer addosso.
"Beh, grazie mille! Ciao, buona giornata!"
Fece per chiudere la porta, ma all'ultimo la mano di Bokuto la fermò, facendo cadere tutti i suoi vestiti a terra, e riaprì la porta.
"Aspetta..! Ho fatto qualcosa di sbagliato? Mi spiace, non volevo, ma..."
"Non hai fatto niente di sbagliato! Solo... Fidati, è meglio così."
"Eh? Ma come..."
E [T/n], in preda al panico e alla fretta di mandarlo via, lo zittì con un lungo bacio, cercando di distrarlo abbastanza da finalmente chiudere la porta e non rivederlo più, suo malgrado, perché quel bacio era così fantastico...
Ma no, doveva darsi un contegno.
Si staccò da lui, con ancora le mani sulle sue guance, e gli sorrise prima di chiudergli la porta in faccia e lasciarlo mezzo nudo sul suo pianerottolo.
Quando finalmente la porta fu chiusa, [T/n] si appoggiò alla porta con le mani sulla bocca, aspettando che lui se ne andasse prima di fare qualunque mossa, come se lui potesse vederla muoversi da fuori il suo appartamento.
Per un po' non sentì alcun rumore, poi le parve di sentire un lungo sospiro dispiaciuto, e il rumore di vestiti (probabilmente si stava rivestendo) e, dopo un po', lo sentì camminare via con passo trascinato.
Solo allora si permise di scivolare lungo la porta fino a terra, lasciandosi andare ad un rumoroso sospiro di sollievo ed imbarazzo.
Ma cosa diavolo le era venuto in mente? Buttarlo fuori in quel modo? Le era andato di volta il cervello?
No.
No, la colpa non era sua, ma di Bokuto! Cosa gli era saltato in mente di fare, baciandola così, senza il minimo preavviso? Magari lui era abituato così, ma lei no di sicuro!
Si passò una mano tra i capelli, lamentandosi come una bambina. Quella era la prova che non era la prima volta che gli capitava, e si sentì triste, ferita e.. delusa? DELUSA?
Per quale motivo si sarebbe dovuta sentire delusa? Sbuffò, scompigliandosi i capelli e piagnucolando.
La verità era che lei aveva già iniziato a sperarci, ma come al solito, le era andata male.
Si alzò da terra, intenta a fumarsi un'altra sigaretta per calmarsi.
Ma non sapeva se ci aveva sperato per via del suo fisico e del suo bel viso, per via della delusione che ancora provava dopo la sua ultima relazione, o per via della dolcezza del suo sguardo e del suo sorriso.
Decise di non pensarci, si ripromise di non ripensarci più, era finita ora, e quello sarebbe stato solo un brutto ricordo di un ragazzo per niente brutto.
Uscì in balcone con la sigaretta tra le labbra, sedendosi poi su una delle sedie che teneva fuori e si accese la sigaretta.
Che poi però quale sarebbe stato il problema se Bokuto le fosse piaciuto?
Ci pensò su, e la risposta non fu difficile da trovare: ci sarebbe stato un rischio. Il rischio che lei lo stesse solo usando, come lo aveva usato la sera prima per liberarsi della sua collera con del sano e buon sesso. Scosse la testa, aveva deciso di non pensarci, magari ne avrebbe parlato più tardi con Chou e Haruo, ma in quel momento non ne voleva sapere.
Riprese a fumare, guardando l'appartamento davanti al suo, dentro cui pareva finalmente esserci del movimento. Cercò di sbirciare dalle finestre con discrezione.
Il proprietario pareva essere appena tornato, e non pareva molto felice da come si muoveva ingobbito. Vide la sua figura scura avvicinarsi al balcone, e lo notò fermarsi di scatto.
[T/n] aggrottò le sopracciglia.
"Che cosa..."
"Cosa ci fai tu lì?!"
Quello appena uscito sul proprio balcone, con gli occhi spalancati e il viso invaso dallo stupore, era Bokuto.
[T/n] si coprì la bocca con la mano, lasciando cadere la sigaretta a terra.
"Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo..."
"[T/n]! Aspe..."
Ma [T/n] corse dentro casa, sconvolta.
Si rifugiò dietro al lavandino, accoccolandosi a terra, in modo che non la potesse vedere dal balcone, e si maledisse.
Perché capitavano tutte a lei?
"Ma porca puttana!"



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