|Strangers| |Satori Tendō|

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Hey pretty stranger
I think you look cute
Can I get your number?
I wanna know you

Tell me your secrets
Tell me your fears
Nobody will notice
Let's get outta here

-Sundial.

Un limpido cielo autunnale ospitava l'imponente stella infuocata sul suo bel telo azzurro, lasciando che i suoi raggi illuminassero la fredda terra, coperta da uno strato di foglie secche, senza però scaldarla, quasi illudendola.
Un fresco vento soffiava tra le fronde degli alberi che, prossimi al loro annuale letargo, lasciavano che le loro preziose figlie venissero trasportate da quella brezza, per poi essere abbandonate al suolo, decorando dei loro caldi colori ogni singolo angolo del Giappone.
Ogni tanto, dai grandi alberi, scendeva frettolosamente qualche animaletto che, con le guance gonfie di ghiande e nocciole, si preoccupava di nascondere le proprie provviste per l'imminente inverno, ben curandosi di non essere seguito o spiato da qualche ladruncolo.
L'autunno era un periodo di transizione, fatto di preparativi per la stagione successiva, lesto e scaltro, che con la stessa velocità con la quale era arrivato, se ne andava, permettendo solo ai più attenti di assaporare la sua dorata presenza, tanto schiva quanto attraente.
Erano questi i pensieri che frullavano nella testa del proprietario di una folta chioma cremisi, in quel momento illuminata dai freddi raggi solari.
Un persistente scalpiccio era accompagnato da un fitto brusio tra gli affollati corridoi, nei quali una massa di studenti confluiva verso la stessa grande porta.
Tra questi, il rosso camminava tranquillo, con una postura assonnata contraddistinta dagli occhi che quasi gli si chiudevano da soli. Sentiva gli arti formicolargli e stentava a credere che le sue gambe ancora lo reggessero in piedi.
Allungò le lunghe braccia verso l'alto, stiracchiandosi in un disperato tentativo di svegliarsi almeno un po', portando contemporaneamente lo sguardo verso l'ambiente esterno, perdendosi nell'infinità dei colori autunnali.
Sbuffò facendo ricadere a peso morto le braccia lungo il suo corpo, ingobbendosi un poco, ma continuando a camminare con un broncio dipinto in viso.
"Hei Wakatoshi, ma dobbiamo proprio andarci a questa assemblea?"
Girò il capo verso la sua sinistra, dove l'imponente e rigida figura del suo capitano-anche se lui preferiva dargli l'appellativo di 'migliore amico'-continuava a camminare imperterrito, non degnandolo nemmeno di uno sguardo, quasi non lo avesse sentito.
L'uniforme scolastica era indossata da Wakatoshi con serietà ed adeguatezza, mettendo così in risalto la rigidità del bruno, cosa che non poteva essere detta per il suo compagno dai bizzarri capelli cremisi: la camicia azzurrina era posta fuori dai pantaloni viola, coprendo così la cintura di cuoio chiaro, la giacchetta bianca era totalmente sbottonata, e anche un po' sgualcita, lasciando così vedere come la cravatta, dello stesso colore dei pantaloni, fosse sul punto di sciogliersi dal nodo che la teneva legata.
Il rosso continuò a guardare l'amico in attesa di una qualche risposta ma, non sentendola arrivare, riprese a parlare.
"Non ce la faccio più! Wakatoshi, portami via di qui!"
Allungò entrambe le braccia verso il ragazzo, avvicinandosi lentamente a lui cercando di abbracciarlo ma, ancora una volta, Wakatoshi sembrò irremovibile.
"Lo sai che non posso farlo, Tendō."
A quella risposta, Tendō abbassò il capo e le braccia, sconfitto, ma fu lesto a risollevarsi con un sorrisetto sulle labbra.
"Certo, certo, lo so."
Scosse leggermente una mano, come si fa quando si vuole tranquillizzare qualcuno, ma Wakatoshi era proprio l'ultima persona a cui doverlo fare.
Satori si rimise diritto, infilò le mani nelle tasche dei suoi pantaloni e continuò a camminare lentamente, preparandosi psicologicamente alla noia che l'avrebbe intrappolato quando vide la grande porta dell'auditorium a pochi passi da lui.
Entrò svogliatamente insieme agli altri studenti, abbandonando le finestre che permettevano la vista dell'ambiente esterno con uno sbuffo.
Fu guidato dai suoi insegnanti verso una delle ultime file, riservate agli studenti del terzo anno, e si sedette con un tonfo su una di quelle scomode sedie di legno, sulla quale sarebbe dovuto rimanere per minimo due ore, se il preside non si fosse dilungato, ovvio.
Approfittò degli ultimi momenti di pace che gli erano stati concessi per stravaccarsi sulla sedia ed osservare la massa informe di studenti che lentamente si stavano sedendo, ascoltando attentamente il loro vociferare.
Vide Wakatoshi poche file più avanti e fu tentato di raggiungerlo, ma più guardava i suoi dintorni, più si accorgeva che tutti i posti attorno all'amico erano ormai stati occupati.
Sospirò silenziosamente guardando gli studenti vicini, osservando le loro facce, le loro emozioni, cercò di leggere loro le labbra, ridendo un poco rendendosi conto che non ne era capace.
Continuò a perlustrare l'auditorium con quelle sue piccole iridi rosso fuoco, cercando un qualcosa, o qualcuno, di interessante da esaminare-doveva pur far qualcosa per scacciare la noia!-fino a quando lo sguardo gli ricadde sulla figura seduta al suo fianco, che non si fece alcun problema a scrutare attentamente.
Una ragazza era seduta a gambe incrociate alla sua destra, un gomito appoggiato a una delle sue cosce, usato come sostegno per la testa, mantenuta dalla rispettiva mano, mentre l'altra teneva stretto tra le dita il cellulare.
I [l/c] capelli [c/c] le coprivano in parte il viso, impedendo al rosso di poterla vedere meglio, ma presto le ciocche iniziarono a coprirle troppo la visuale del suo smartphone, costringendola a spostarli dal viso con un gesto scocciato.
Percorse con gli occhi la sua figura ingobbita su sé stessa, completamente distaccata dal resto del mondo che la circondava, quasi fosse nel suo, di mondo. Non sembrava essersi accorta dello sguardo curioso che Tendō le stava rivolgendo, ma poco gli importava: aveva trovato un modo per staccare la spina dalla noia, concentrandosi completamente sul suo nuovo soggetto.
Non era stato difficile capire dai suoi movimenti che nemmeno lei era molto contenta di quella visita forzata in auditorium: continuava a muovere ritmicamente il piede sostenuto dall'altra gamba, di tanto in tanto qualche sbuffo infastidito le usciva di bocca, e continuava a controllare l'ora sul piccolo schermo che teneva in mano.
D'un tratto, una potente voce si espanse per tutta la grande aula, e Satori appoggiò velocemente la schiena allo scomodo schienale di legno della sedia, sentendo la noiosa voce del vecchio preside dare inizio all'assemblea scolastica.
Percepì un movimento alla sua destra, e quando si voltò, la ragazza era seduta esattamente nella sua stessa posizione, mani nei capelli e viso ricurvo all'indietro.
Quando tolse le mani dal volto, spostò dal viso i [l/c] capelli [c/c] e iniziò a guardarsi distrattamente intorno, puntando poi gli occhi sulla figura di Tendō al suo fianco, non distogliendoli più.
Satori non avrebbe avuto alcun interesse nel vedere la ragazza in viso, voleva semplicemente studiarla, provare a capire qualcosa di più su di lei semplicemente guardandola, carpirne i sentimenti, cercando di avvicinarsi il più possibile alla realtà, e poi, una volta finita l'assemblea, si sarebbe alzato e a mai più rivederci. Ma quando le sue iridi infuocate, senza alcuna autorizzazione, iniziarono ad analizzare in ogni più minimo particolare il viso della ragazza, non poté non ammettere che fosse bella.
Da quanto tempo non definiva una persona 'bella'?
Ma lo aveva almeno mai fatto?
Forse no.
Ma in quel momento, 'bella' era forse l'unico aggettivo adeguato da attribuirle.
Lo guardava quasi innocentemente con quei suoi due occhi [c/o], impreziositi dalle lunghe ciglia, che di certo raccontavano molto di più che semplici movimenti del corpo.
E gli occhi di Tendō , nella loro perquisizione, non poterono evitare di soffermarsi sulle rosate e delicate labbra di lei, socchiuse e distese, ma che ben presto si piegarono in un dolce sorriso.
Tendō rimase qualche secondo imbambolato davanti a quel gesto prima di riprendersi e ricambiare con un qualcosa che sembrava più un ghigno, che un sorriso.
Sventolò la mano nella direzione della ragazza che, anche se con un momento di incertezza, fece lo stesso, mantenendo quel sorriso sulle labbra morbide.
Satori allargò leggermente il suo riso al gesto: lentamente, stava valutando la ragazza con un test che la sua mente contorta aveva elaborato al momento, forse in un altro tentativo di scacciare la noia.
Inutile negarlo, quella ragazza lo incuriosiva, ma non come i suoi altri e numerosi soggetti: loro erano solo un passatempo, un modo per allenarsi e, a dire il vero, anche lei lo era, ma c'era quel qualcosa nei suoi movimenti, nel suo sguardo, nel modo in cui sorrideva, che la rendeva in qualche modo diversa.
Era strano, la situazione, lui, quella ragazza, e la sempre più pulsante tentazione di testare i limiti della [c/c].
Più la osservava, più quella sensazione aumentava, insieme all'insolita voglia di sapere di più su di lei, desiderio sbocciato in un qualche abisso del rosso nel momento in cui le loro iridi si erano incrociate per la prima volta.
Non si capacitava di quel tornado di emozioni a lui sconosciute che aveva iniziato a soffiare dentro di lui, ma non si fece poi troppe domande, non era il tipo che rimuginava, preferiva lasciarsi trasportare dal flusso, anche se in quell'occasione più che vorticoso.
Intanto che manteneva i suoi occhi affilati sulla figura alla sua destra, la ragazza non smetteva di guardarlo.
Non sembrava intimorita dal suo aspetto, o dal suo atteggiamento insolito, né infastidita, sembrava anzi nutrire la stessa scintilla di curiosità che luccicava ora negli occhi rosso fuoco di Tendō.
Lo scrutava attenta, non mancando il più minimo spostamento, quasi fosse la sua preda, e lei il cacciatore, o forse, era il contrario?
La voce del preside riscosse i due vicini, che portarono lo sguardo al palco dell'auditorium, dove il preside, con la sua tosse da fumatore, aveva iniziato a tossire rumorosamente davanti al microfono, dietro di lui, gli insegnati ed il capo del consiglio studentesco.
Tendō vide la ragazza scuotere leggermente il capo, ridacchiando, prima di rivolgere nuovamente lo sguardo verso di lui, sempre con quel sorriso a decorarle le già preziose labbra.
La [c/c] si portò l'indice alla tempia, facendo assumere alla mano la forma di una pistola, fingendo poi lo sparo della-se così può essere chiamata-arma.
Si lasciò poi scivolare teatralmente lungo lo schienale della sedia, non distogliendo lo sguardo da Satori, che aveva iniziato a ridere sotto i baffi.
Ora ne era certo più che mai, quella ragazza aveva qualcosa di speciale.
Continuarono quel loro scambio di sguardi e di risatine indisturbate, beccandosi qualche occhiata dagli studenti a loro circostanti.
Certe volte il telefono della ragazza si illuminava all'arrivo di una notifica, ma era svelta a bloccare il dispositivo ogni volta, presa com'era dal quel ragazzo dai capelli cremisi.
Quando poi, la roca tosse del preside fu così forte da far emettere un fischio al microfono, Tendō sentì l'irrefrenabile desiderio di sentire la voce della [c/c], oltre che quello di tapparsi le orecchie per il fastidioso rumore.
La guardò un'ultima volta, analizzandola ancora: anche lei aveva le dita a tappare le orecchie ed il naso le si era arricciato per il fastidio, come era stato per gli occhi, chiusi in due fessure, ma l'unica cosa inalterata era il suo sorriso. Sembrava che le fosse stato incollato alle labbra, o semplicemente che si fosse affezionato ad esse, e che non volesse più andarsene.
Ma, di certo, la cosa non dava alcun fastidio a Tendō, perché fu proprio quel perenne sorriso che fece scattare qualcosa in lui, qualcosa che quel giorno non si sarebbe mai aspettato di fare.
Era la prima volta che si spingeva così lontano per uno dei suoi test, per un soggetto, ma infine, non era sicuro nemmeno lui che si trattasse semplicemente di uno dei suoi giochi malsani.
Si guardò per un attimo attorno, cercando i professori con lo sguardo, ma nessuno sembrava essere nei paraggi. La grande porta d'ingresso era poco distante da loro, e la loro posizione in ultima fila di certo li faceva passare inosservati.
Un sorriso sornione comparve sulle sottili labbra di Satori nel momento esatto in cui afferrò il polso della ragazza.
La pelle era liscia, come la seta.
La [c/c] lanciò uno sguardo confuso a Tendō prima che quello le si avvicinasse d'un tratto, facendole perdere un battito dallo spavento.
"Tieniti pronta, adesso corriamo, tu basta che mi segui, ma non parlare fino a che non saremo fuori."
Il sussurro caldo si scontrò contro la pelle tesa del suo viso confuso, enfatizzato da una sopracciglia inarcata, che fece ridacchiare Tendō.
"Correre..?"
Non ebbe nemmeno il tempo di organizzare i pensieri, o perlomeno di capire cosa stesse succedendo, che Satori le strattonò il polso, incitandola ad accovacciarsi. Si avvicinò lentamente alla grande porta dell'auditorium e la aprì senza alcun rumore, precipitandosi fuori da essa con la velocità di un fulmine, trascinandosi la ragazza per il polso, che ancora doveva capire cosa stava accadendo precisamente.
Una risata, però, le uscì spontanea dalle labbra, confondendosi con quella di Satori.
Non era per niente sicura di quello che stava facendo, ma non le importava più di tanto, si stava solo divertendo, dopotutto.

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