'Cause we're scared to be lonely?
Do we need somebody just to feel like we're alright?
Is the only reason you're holding me tonight
'Cause we're scared to be lonely?
Too much time, losing track of us
Where was the real?
Undefined, spiraling out of touch
Forgot how it feels-Dua Lipa, Martin Garrix.
La tenue luce del tramonto filtrava dalle ampie finestre della biblioteca scolastica, coperte da delle candide e leggere finestre bianche, rendendo così visibili i minuscoli fiocchi di polvere che galleggiavano per aria, muovendosi da scaffale a scaffale, depositandosi poi su tomi non toccati da anni.
Un dolce silenzio aveva lentamente iniziato ad aleggiare per tutto l'edificio scolastico, occupando il fastidioso rimbombo dei passi degli studenti che, ormai, se ne erano tornati a casa.
Nell'ampia biblioteca era ormai distinguibile solo il rumore di una penna che scriveva, e delle pagine che venivano sfogliate. In un tavolo sotto ad una delle finestre, una figura era ricurva sulla scrivania, concentrata nella lettura di uno dei libri scolastici più grandi che si fossero mai visti alla Shiratorizawa, mentre la sua mano destra era pronta a scrivere qualunque appunto potesse risultare utile ai suoi occhi.
La luce di un tramonto dal color dell'ambra si rifletteva sul suo quaderno, illuminando la sua scrittura ordinata e precisa, che lentamente riempiva pagine su pagine, mano a mano che l'inchiostro veniva steso.
Le sue sinuose dita si muovevano meccanicamente insieme alla mano, che veniva quasi coperta dalla manica azzurrina della camicia, parte dell'abbigliamento scolastico insieme ai pantaloni violetti, la cravatta del medesimo colore, e dalla giacca bianca dalle striature violette, che giaceva sullo schienale della sedia.
I lisci capelli di un marroncino chiaro gli andavano a coprire occasionalmente gli occhi del medesimo colore, completamente concentrati sulle righe di parole che quelle pagine racchiudevano, così tanto, che non si accorse di un paio di occhi che lo osservavano da lontano.
Era ormai da quando era suonata l'ultima campana che lei si trovava lì, appostata nel suo angolino dietro ad uno enorme scaffale, ad aspettare che il ragazzo si presentasse.
Quando era arrivato si era subito affrettata a nascondere il proprio viso con il primo libro che le era capitato tra le mani, finendo però con avere il tomo al contrario. Ma poco importava, di certo non si trovava nella biblioteca della scuola per leggere un libro! Anche se era per quello che gli studenti si recavano in quel luogo..
Era passata ormai poco più di una settimana da quando la ragazza aveva preso la strana abitudine di osservare lo studente. Non lo aveva mai notato prima di allora, soprattutto perché si trattava di un ragazzo di un anno più piccolo, e si era sorpresa di se stessa quando, la prima volta che lo vide, provò un senso di tristezza ed angoscia, che le fecero rallentare il battito cardiaco.
Giorni prima stava passeggiando tranquillamente per i corridoi insieme alle sue compagne, durante la pausa pranzo, quando passarono davanti ad una classe del secondo anno, con la porta completamente spalancata, e dalla quale proveniva un grosso baccano.
Quando i suoi attenti occhi [c/o] iniziarono ad analizzare ogni angolo dell'aula, le sue iridi si bloccarono sulla stessa figura che in quel momento stava studiando sul tavolo della biblioteca.
Era ricurvo sul suo piccolo banco, ricoperto da fogli, libri e quaderni di vario tipo, completamente ignorato dai suoi compagni di classe, che proseguivano la loro pausa, come se lui non esistesse.
Il ragazzo, a sua volta, non sembrava turbato da quella mancanza di attenzioni, ma continuava imperterrito il suo studio, quasi si trovasse a casa sua.
Sembrava che attorno a lui aleggiasse un mantello scuro, che lo ricopriva interamente, isolandolo dal resto del mondo, rendendolo invisibile, intoccabile.
In quel momento, sembrò che le viscere di [T/n] si stessero attorcigliando tra loro così strettamente che il fiato quasi le mancò.
Si sentiva in pena per quel ragazzo, così racchiuso nella sua calda coperta nera, in un altro mondo, senza nessuno accanto.
E lei sapeva bene cosa significasse rimanere soli in un angolo buio, abbandonati a sé stessi, al freddo, con il bruciore delle lacrime lungo le guance ed il sapore ferroso del sangue a pervadere la bocca.
Non voleva che qualcun altro provasse ciò che aveva provato lei, non importava se fosse uno sconosciuto o un amico, una persona odiata o amata, nessuno si meritava di provare un dolore così grande.
Il dolore del vuoto.
Quello che ti attanaglia con le sue grinfia affilate quando sai di aver perso tutto.
Quando si è semplicemente circondati dal nulla.
E la presenza del vuoto, per quanto surreale, penetra dentro, dalla pelle fino ad arrivare alle ossa, alla mente e al cuore.
Penetra così in profondità che scava via una parte del proprio essere, come quando in un'operazione chirurgica, viene asportato qualcosa.
Ti porta via ciò che sei, e potrebbe non esserci un ritorno.
Mai più.
[T/n] era stata fortunata, era riuscita a trovare un appiglio al quale aggrapparsi, sfuggendo dal potente vortice del buco nero che la stava inghiottendo, ma non tutti hanno la stessa fortuna.
Vedeva attorno a quel ragazzo la stessa solitudine che lei un tempo aveva provato, lasciandole cicatrici che ancora faticavano a guarire, e sembrarono essersi riaperte una volta che il suo sguardo si era posato su di lui.
Kenjirō Shirabu.
Non le ci era voluto molto per riuscire a scoprire il nome del ragazzo, oltre a svariate informazioni sul suo conto.
Aveva iniziato semplicemente ad osservarlo da lontano, aspettando di vedere una sua qualunque interazione sociale, ma le uniche persone a cui sembrava parlare erano i membri della squadra di pallavolo.
Poi, lentamente, aveva iniziato a seguire la maggior parte dei suoi spostamenti: usciva di rado dalla propria classe, troppo immerso nello studio, avvolto così dolcemente dal suo mantello nero, e le poche volte che usciva, era proprio alla fine della scuola, quando doveva andare ad allenamento, o si recava in biblioteca, come quel giorno.
Ovviamente, [T/n] non poteva seguirlo agli allenamenti, sarebbe stato troppo sospetto, nessuno della squadra la conosceva! Così, dopo il suono dell'ultima campana, con l'orario del ragazzo proiettato in mente, giorno dopo giorno cominciò a passare i suoi pomeriggi all'interno della biblioteca scolastica, nascosta dietro le alte librerie con un libro in mano, ma lo sguardo rivolto a Shirabu, sempre intento a studiare, da solo.
Per lei era passata solo una settimana durante la quale aveva potuto constatare la sua solitudine, ma per lui, probabilmente, questa situazione era portata avanti da ben più di una settimana.
Forse due settimane.
Forse un mese.
Forse un anno.
Forse tutta la sua vita.
E se lei aveva sofferto osservando la sua situazione, [T/n] non poteva nemmeno immaginare quanto avesse sofferto lui, vivendola.
Voleva fare qualcosa per lui, nonostante fossero completi sconosciuti.
Per questo, quel giorno, [T/n] non si trovava lì per osservare il ragazzo, e sperare in una qualche interazione sociale, ma per andarci a parlare, come forse avrebbe dovuto fare dall'inizio.
Nonostante ciò, era passata ormai un'ora da quando si era recata in biblioteca, ed ancora non era riuscita a fare un solo passo dalla sua postazione, bloccata da tutti i pensieri che le ronzavano attorno, e le bloccavano le gambe come delle corde.
E se poi non accetta il mio aiuto?
Cosa dovrei fare?
Cosa dovrei dire?
Merda, e se ho frainteso tutto? Potrebbe semplicemente non andare d'accordo con i suoi compagi di classe! Può anche darsi che abbia degli amici fuori dalla scuola!
Ma allora..perché passa tutti i suoi pomeriggi rinchiuso qua dentro?
Le possibilità erano tante, forse troppe, e continuavano a ronzare attorno a [T/n] che, ormai scocciata dalla sua insicurezza, iniziò a scuotere violentemente la testa, facendo ondeggiare per l'aria i suoi capelli [c/c].
Prese un gran respiro prima di fare il primo passo verso Shirabu.
Sarebbe anche potuta andare male, ma almeno ci avrebbe provato!
Il rumore dei suoi passi iniziò a diffondersi per lo spazio scolastico, arrivando fino alle orecchie di Shirabu, che rimase sorpreso dalla presenza di qualcuno a quell'ora, oltre a lui, ma non si lasciò distrarre, continuando imperterrito la sua sessione di studi.
Lentamente, i passi si fecero sempre più vicini, fino a quando non sentì una presenza stanziata alla sua sinistra.
Provò ad ignorarla, non aveva tempo per distrazione simili, ma a spezzare ulteriormente la sua concentrazione si unì anche la tosse, palesemente forzata, che sembrava venire proprio dalla sua sinistra.
Con uno sbuffo alquanto scocciato abbassò il capo, facendo così in modo che i suoi capelli lisci gli andassero a coprire parte degli occhi. Si rimise composto sulla sedia prima di spostare i suoi occhi stanchi ed innervositi sulla figura di chi lo aveva disturbato.
Non prestò molta attenzione a chi si era ritrovato davanti, non gli interessava minimamente: l'unica cosa importante per lui in quel momento era tornare con la testa tra i libri. Ma notò che, indosso, aveva la sua stessa uniforme scolastica, con l'unica differenza che, chi era nervosamente posizionato davanti a lui, indossava quella femminile.
"Si?"
[T/n] iniziò a spostare il suo peso da un piede all'altro sentendo lo sguardo di Shirabu su di lei, e cercò di non far trasparire la sua agitazione dalla sua voce, mentre si torturava le sue povere dita.
"E-ehm.. I-io sono [T/c] [T/n] e-e sono al terzo anno, classe due.. Piacere!"
Il silenzio aveva ricominciato a colmare la stanza, ma all'interno della mente della ragazza era tutto fuorché silenzioso.
L'agitazione aveva iniziato a pervaderla non sentendo nessuna risposta da parte di Shirabu, che la osservava scettico. Deglutì, in attesa che le rispondesse, e che tutta quell'ansia liberasse il suo cuore, che stava battendo fin troppo forte.
"Shirabu Kenjirō, secondo anno, classe quattro."
Quando la delicata voce del ragazzo, seppur stranita ed infastidita, arrivò alle orecchie [T/n], emise un sospiro di sollievo, allentando la presa sulla gonna violetta.
Ma ci volle poco prima che la preoccupazione tornasse a presidiare dentro di lei.
Non si era minimamente preparata un discorso, in tutto quel tempo lo aveva solo osservato, e la sua impulsività l'aveva portata ad agire senza pensare.
Quindi, ora, si trovava davanti al ragazzo che aveva intenzione di aiutare, senza la minima idea di che cosa dire.
Intanto, Shirabu la osservava sempre più scocciato. Doveva studiare, non parlare con questa ragazza!
"C-come stai..?"
Era stata l'unica cosa che era venuta in mente alla ragazza, non trovando le parole per instaurare una vera conversazione, oppure esporre il suo discorso, al quale non aveva mai pensato.
Shirabu alzò gli occhi al cielo con un sbuffo, facendo trattenere il respiro [T/n].
"Senti, non ho tempo per mettermi a parlare di stupidaggini insieme a te. E se sei venuta qui solo per chiedermi questo beh, puoi pure andartene."
Quelle parole colpirono la [c/c] con una tale violenza che quasi si sentì scaraventare fuori dalla biblioteca.
Era forse quella violenza nell'uso della parola che teneva lontano le persone?
Ma non si fece scoraggiare dalla sua maleducazione, era lì per aiutarlo dopotutto.
Così, dopo la sorpresa iniziale, la preoccupazione quasi del tutto scaraventata via da quelle parole meschine, si ricompose, attirando nuovamente l'attenzione del ragazzo.
"N-non sono venuta qui per parlarti di stupidaggini!"
Shirabu, anche se esasperato, riportò il suo sguardo sulla figura di lei, ancora non del tutto chiara ai suoi occhi.
"Allora parla, ma sbrigati."
L'irritazione iniziava a crescere nelle viscere della ragazza. Si era aspettata un ragazzo composto ed educato, di certo non un maleducato del genere! Nonostante ciò, prese un grande respiro, e con calma iniziò a parlare.
"Intanto, dato che ho un anno in più di te, dovresti portare un po' di rispetto ed educazione, ma non solo con me, con tutti quelli che ti circondano! Poi.. Beh, sono venuta a parlarti perché ultimamente ti ho notato e ho visto che te ne stai sempre da solo, e non mi sembra tu esca mai dalla tua classe durante l'ora di pranzo... Ah! Ma non prendermi per una stalker! Ѐ solo che non mi piace vedere la solitudine delle altre persone, e vedendo la tua, ho pensato che avessi solo bisogno di qualcuno con cui parlare!"
Abbassò il capo, facendo finire qualche sua ciocca [c/c] a coprirle il viso. Le gambe le tremavano e le pellicine delle proprie dita avevano ricominciato a venir torturate, in attesa di una risposta, mentre il labbro inferiore era intrappolato nella morsa dei suoi denti bianchi.
Ora l'ansia era ritornata indietro come una molla nel corpo di [T/n], mentre Shirabu, era rimasto visibilmente scosso da quelle parole.
Le sottili e rosee labbra erano rimaste semiaperte e le palpebre dei suoi occhi nocciola si erano spalancate dalla sorpresa. Rimase congelato dalla schiettezza di quelle parole, ma presto il ghiaccio si sciolse, lasciando spazio ad un fuoco impetuoso, che fece contorcere i delicati lineamenti del suo viso in una smorfia irritata.
"Fammi capire.. Tu sei venuta qui, a parlarmi della mia solitudine e di come tu mi veda sconsolato durante le ore scolastiche, osservandomi per non so quanto tempo, e giudicando senza sapere.. E poi dovrei essere io quello che deve portare rispetto? Sei semplicemente ridicola, e mi pento di averti fatto addirittura continuare il tuo discorso, facendomi sprecare il mio tempo. Tu non sai cosa vuol dire essere soli, e non potrai mai saperlo. Quindi, fammi un favore, vattene, e lasciami nella mia solitudine."
Le parole colpirono [T/n] dirette al cuore , come milioni di schegge di ghiaccio, fredde come il suo tono, ma infuocate quanto la rabbia che gli cresceva dentro.
Alzò il capo, mostrando i suoi occhi lucidi mentre la gola aveva iniziato a bruciarle, e le punte delle dita le erano diventate fredde.
Solo allora Shirabu incrociò gli occhi di lei, e pensò di non aver mai visto così tanto dolore all'interno di un paio di iridi.
La osservò piangere silenziosamente, mentre un dolce sorriso iniziava a solcarle le labbra, bagnate dalla sue stesse lacrime. Shirabu, a quella vista, sentì una forte morsa alla bocca dello stomaco, e la sua espressione, da furibonda, diventò dispiaciuta, spaventata.
Un freddo silenzio aveva nuovamente iniziato ad avvolgerli, ma presto una voce rotta dal pianto spezzò quella calma glaciale.
"Avevo cinque anni quando i miei genitori mi abbandonarono da mia zia per andare a vivere la loro vita, senza una figlia che non avevano mai voluto.. Non li ho più rivisti. Un errore, ecco come mi sentivo. Sbagliata, un incidente, non voluta..abbandonata. A scuola i bambini mi prendevano in giro, e non mi lasciavano giocare con loro: 'Se i tuoi genitori non ti hanno voluta, perché dovremmo volerlo noi?' Ho passato le elementari sempre da sola, seduta sul mio piccolo banco, e alle medie non andò meglio. Pensai che, se dovevo rimanere da sola, tanto valeva utilizzare il mio tempo per studiare per entrare in una buona scuola superiore, e come puoi vedere, ora sono qui. Era da anni che combattevo contro quel vuoto dentro il mio petto, contro la solitudine che sembrava starmi col fiato addosso.. Contro alla depressione. Ma quando venni qui, le cose cambiarono: ho trovato persone pronte ad aiutarmi, che mi stanno accanto tutt'ora, e che mi hanno aiutata ad uscire dall'oscurità, nonostante le difficoltà. Sono venuta a parlarti perché ho riconosciuto la tua solitudine, molto simile alla mia, e ho pensato che avrei dovuto aiutarti..nessuno dovrebbe sentirsi come mi sono sentita io. Quindi, se non posso essere io a porgerti la mano e a tirarti fuori dal buio della tua solitudine, almeno lascia che sia qualcun altro a farlo.. Scusa per aver sprecato il tuo prezioso tempo."
Lentamente, i passi solitari riempirono l'ambiente della biblioteca, allontanandosi sempre più da essa, insieme alla figura di [T/n], che aveva lasciato Shirabu sulla sua sedia, imbambolato e raggelato, mentre la presenza della sua solitudine iniziava a farsi sempre più forte, avvolta attorno a lui.
STAI LEGGENDO
Haikyuu!! One Shots x Reader ||ITA||
Fanfiction"Lieto fine. Tutti ne meritano uno, per quanto il loro animo possa essere corrotto. Ma, prima, c'è un'intera vita da vivere, e voi ne sarete una parte fondamentale, per ognuno di loro. Vi prego però di prestare attenzione. Non tutti, per quanto il l...