Oh, our lives don't collide, I'm aware of this
The differences and impulses and your obsession with
The little things you like stick, and I like aerosol
Don't give a fuck, not giving up, I still want it allOnly fools fall for you, only fools
Only fools do what I do, only fools fall
Only fools fall for you, only fools
Only fools do what I do, only fools fall-Troye Sivan.
L'estate calda era presto arrivata, confondendosi con i profumi della primavera appena passata, illuminando il verde dei campi e facendo risplendere i petali colorati dei fiori, vivi e splendidi.
L'afa si era accanita sul Giappone come una belva assetata, affaticando chiunque capitasse sotto i forti raggi solari e non permettendo a nessuno di godere del leggero vento che di solito tirava perché, semplicemente, quest'ultimo sembrava essere corso ai ripari all'ascesa di quella bestia spietata.
La terra era calda, l'asfalto fumante e le finestre erano disperatamente spalancate, ma le rondini volavano comunque allegre per il cielo limpido ed i fiori si esibivano tranquillamente così baciati dal sole.
Ma all'interno del Date Tech la situazione era leggermente diversa e, forse, più disperata.
I più fortunati ed intelligenti avevano portato da casa uno o più piccoli ventilatori per la propria classe, ma il caldo era prorompente e pareva impossibile combatterlo.
Gli studenti si scioglievano come soffice burro, le loro uniformi si attaccavano alla loro pelle sudata, non più fresca e profumata, così come i capelli umidicci rimanevano appiccicati alle loro fronti.
Le lezioni erano impossibili da seguire, e ancora più difficili da svolgere per gli insegnanti-anche lor sono esseri umani-che provavano in tutti i modi ad attirare l'attenzione degli allievi, nonostante non ci credessero nemmeno loro.
I piccoli ventilatori spargevano il loro effetto benefico solo se a pochi centimetri dal corpo e con le finestre chiuse, ma chiuderle avrebbe trasformato ogni classe in un forno ed ogni persona dentro esse si sarebbe inevitabilmente tramutata in bacon croccante quindi, la loro presenza era più che inutile, ma dava un minimo di speranza agli studenti che una leggera brezza colpisse i loro visi.
Era ormai così che ogni studente al Date Tech trascorreva le sue giornate, arreso all'evidenza che, prima o poi, la sua pelle avrebbe odorato di carne bruciacchiata.
Quel giorno la pausa pranzo era arrivata ancora più lentamente del solito ed il caldo aveva martoriato l'animo di tutti, sfiancandoli come mai prima d'ora, non erano nemmeno sicuri di riuscire a tornarsene a casa.
La classe A del secondo anno, situata al primo piano e quindi in perfetta traiettoria con i raggi solari, rappresentava alla perfezione la disperazione nella quale ogni essere vivente nelle vicinanze riversava.
I ragazzi erano accasciati sulle loro sedie e sui loro banchi, cercando di trovare un minimo di freschezza nelle loro superfici, mentre i loro occhi erano vacui e lucidi, persi e stanchi, fissavano pigramente le poche cose che parevano loro muoversi, non disturbandosi a muoversi di un solo millimetro.
I loro pranzi erano ancora ben impacchettati e non sembravano essere stati toccati, alcuni avevano avuto le forze per tirarli fuori e posarli sul banco, ma poco dopo le loro teste si erano accasciate su quest'ultimi.
Poche persone passavano per i corridoi, e chi li vedeva li credeva pazzi, loro per poco non avevano nemmeno le energie per andare al bagno e fare i loro bisogni.
Solo un piccolo gruppetto sembrava più vitale degli altri studenti, ma non poi così tanto.
Accerchiati attorno ad un singolo banco, per giunta occupato da uno di loro tre che, stancamente, si era spaparanzato su di esso, cercavano di trovare le forze e la fame per mangiare almeno una piccola parte del loro pranzo.
Uno dei tre, il più giovane-del primo anno-ma anche il più alto e dalla capigliatura più stravagante, era completamente accasciato sulla propria sedia, le braccia in grembo, la testa appoggiata come un morto allo schienale della sedia e le lunghe gambe stirate sotto il banco, sulle quali il suo pranzo giaceva aperto. I suoi folti capelli biondi erano disordinati e umidi, un po' appiccicati al suo viso, mentre il ciuffo nero che solitamente troneggiava sulla sua testa e gli scopriva la fronte era ora afflosciato, riverso sul suo viso e lungo il suo naso.
Gli occhi erano serrati e le palpebre tremanti, il fiato corto ed il petto sudato mentre delle gocce cadevano lui lungo il collo.
Respirava lentamente, cercando le forze per prendere in mano la forchetta e continuare a mangiare mentre uno dei suoi due compagni, più grandi di un anno, mangiava a fatica.
Alla sua sinistra, una montagna di muscoli reggeva composto sulla sua sedia il suo bento, mangiando lentamente le verdure che sua madre gli aveva preparato quella mattina, ma il suo stomaco sembrava essersi chiuso.
Il viso duro e ben marcato si muoveva lentamente a ritmo con la sua mascella spigolosa.
La sua pelle bianca e pallida era imperlata di sudore, lo stesso che inumidiva i suoi corti capelli di un bianco neve.
L'assenza di sopracciglia rendeva il suo sguardo duro estremamente concentrato sul suo pranzo, ma in realtà non ce la faceva più. Le sue piccole pupille scure erano stanche ed annebbiate ed il cervello voleva solo immergersi nel buio del sonno.
Ma continuò a mangiare-per quel pomeriggio gli sarebbero servite parecchie energie-, lanciando di tanto in tanto qualche occhiata ai suoi amici, in particolar modo al suo compagno di classe che, ormai senza energie, era sdraiato sul banco.
I folti capelli castani gli ricadevano sul viso sudato gentilmente intanto che riposava all'ombra, il suo pranzo ancora sulle sue gambe, troppo pigro e stanco per prenderlo.
Si sentiva la camicia bianca attaccata alla schiena umida, i piedi bruciare tra calzini e scarpe e le gambe soffocare. L'unico piccolo sollievo era sentire la tiepida superficie del banco, ma il suo corpo era infuocato, e non positivamente.
Gli occhi stanchi erano chiusi, le labbra secche e semiaperte, la pelle sudaticcia era pallida e rossa allo stesso tempo.
Non aveva la minima voglia di continuare le lezioni, e ancora meno di fare due ore di allenamento finita scuola, ma sapeva che non poteva rifiutarsi: aveva delle responsabilità ora, e non poteva sottrarsi. Non che la cosa non gli facesse piacere, ma era troppo faticoso in giorni simili, e con quel deficiente di Koganegawa al seguito era ancora più difficile. Ora capiva meglio i problemi che i suoi compagni del terzo anno avevano avuto con loro, e non poteva evitare di sentirsi in colpa mentre ridacchiava al ricordo.
Sbuffò pesantemente, lo stomaco era chiuso con un nodo e non riusciva a mangiare come Aone, il gigante seduto vicino a lui. Le forze gli mancavano anche solo per afferrare le bacchette, figuriamoci per prendere il cibo, metterlo tra le labbra, masticare, ingoiare e digerire.
No, non ne aveva la minima voglia.
Stiracchiò le braccia verso l'albino, che continuò ad osservarlo attento, mentre Koganegawa sembrava star avendo un sogno agitato e per niente riposante.
Il castano poggiò il mento sul banco, in attesa che il banco riacquistasse freschezza e, con gli occhi chiusi, cominciò ad ascoltare più attentamente ciò che lo circondava.
Il cinguettio degli uccelli era allegro e frequente, al contrario delle voci e dei passi all'interno della scuola.
Sentiva il vento caldo soffiare contro le fronde degli alberi, scuotendole lentamente, sentiva il ticchettio dell'orologio, lento ed inesorabile, sentiva il masticare di Aone, fastidioso e costante, e sentiva il russare leggero ed i lamenti di Koganegawa, che stava iniziando ad agitarsi sulla sedia.
Sospirò pesantemente per la seconda volta, portandosi le braccia in grembo mentre un altro suono gli arrivava alle orecchie.
Erano i primi passi che percepiva da quando la pausa pranzo era iniziata, e non poté fare a meno di pensare che chi stesse percorrendo i corridoi scolastici con quell'afa fosse un completo pazzo.
A breve, le sue ipotesi si sarebbero confermate.
Dalla soglia della porta, Aone vide avvicinarsi una ragazza, dal viso ben conosciuto.
Portava tra le braccia diverse bottigliette d'acqua-gelata, a giudicare dalla plastica opaca-e, stranamente veloce, si affrettò verso il loro banco, riversando le bottigliette sulla sua superficie, come a liberarsi di un peso.
Il castano sobbalzò sentendosi arrivare in testa le bottiglie dure, e con uno scatto si alzò dal banco, quasi urlando con un misto di frustrazione e paura.
Anche Koganegawa sembrò essere disturbato dal trambusto improvviso, tanto che si svegliò di soprassalto, lasciando che dal profondo della gola gli uscisse un verso nasale, quasi un grugnito, e per poco non cadde a terra.
Il castano si voltò alla sua sinistra, dove chi aveva appena tentato di ucciderlo con delle bottiglie d'acqua troneggiava con le braccia incrociate, e per poco il suo cuore non perse un battito, preso alla sprovvista.
I [l/c] capelli [c/c] erano legati in una coda di cavallo, dalla quale delle ciocche partivano scompigliate e crespe, mentre il suo lungo collo era messo in risalto, più fresco così scoperto.
La sua pelle era imperlata di sudore e quasi splendeva illuminata dai raggi del sole, le guance erano arrossate e le labbra rosate erano semiaperte, intanto che qualche goccia le scendeva lungo la clavicola e scivolava giù verso il petto.
Gli occhi [c/o] luccicavano per il caldo, le lunghe ciglia li ornavano dolcemente, ma erano stanchi ed affaticati, anche se una scintilla di determinazione li illuminava più del sole e dell'afa.
Il petto umido le si alzava ed abbassava velocemente, mettendo in risalto le sue forme femminili, già accentuate dalla camicetta parzialmente sbottonata e dalle braccia che pressavano il seno.
Le sue lunghe gambe non erano più coperte dalle calze nere, ora solo la gonna verdognola la copriva, e lasciava solo immaginare dove quelle gambe finissero.
I lineamenti del suo viso erano delicati e morbidi, ma le occhiaie sotto agli occhi ed il rossore misto al pallore la rendevano più stanca, quasi malata.
Li guardava con un cipiglio sul volto, e sembrava voler risparmiare dal suo trattamento soltanto Aone. che non aveva minimamente cambiato espressione al suo arrivo.
Koganegawa la fissava interdetto, portando lo sguardo da lei alle bottigliette, non capendo il possibile collegamento che le due potessero avere l'una con l'altra, ma continuò a rimanere con le gambe divaricate e la schiena afflosciata sullo schienale della sedia, un'espressione idiota in viso.
Dall'altra parte, Kenji la guardava con le guance forse un po' più rosse di prima.
Con la coda le pareva molto più bella del solito, il viso scoperto e ben visibile, il suo collo delicato, esposto, per non parlare poi della discreta vista che gli era stata concessa del suo decolté, che lo fece rimbambire un po'.
C'era più di lei da ammirare, da scoprire, e meno da immaginare.
Rimase imbambolato vedendo le sue labbra muoversi, ma non sentì alcun suono provenire da esse.
Le osservò a lungo con i suoi occhi castani luccicanti, prima che una sberletta gli arrivasse in piena testa.
"Ahio!"
Si portò le mani alla testa, massaggiandosela dopo il secondo attacco, e poi rialzò lo sguardo, incontrando quello infastidito della amica.
"Bevi, ho detto!"
Con un tono risoluto e quasi alterato, gli indicò l'acqua sul banco infastidita e voltando il capo, Kenji si accorse che Koganegawa ed Aone stavano già bevendo assetati e bramosi di freschezza, non sembrava nemmeno che fossero stati obbligati.
Incerto, Kenji afferrò una delle armi che poco prima lo avevano quasi lasciato secco, e lasciò andare un sospiro di gioia sentendo la superficie ghiacciata, portandosela immediatamente al viso per poi spalmarsela ovunque, rinfrescandosi più che poteva il corpo accaldato.
Ma un terzo colpo lo fece lamentare, questa volta alla nuca.
Kenji si girò velocemente verso l'amica, riservandole uno sguardo duro.
"Si può sapere che c'è, [T/n]? Hai il ciclo, o cosa? Smettila di colpirmi!"
[T/n] sbatté i palmi delle mani sul banco, facendo sobbalzare i tre, e quasi soffocare Koganegawa.
Keiji si pentì di aver parlato quando vide lo sguardo di lei passare tutti e tre, e fermarsi con più intensità su di lui.
Deglutì.
"Ascoltatemi bene, non è facile nemmeno per me. Fa caldo, sono stanca, e sì, Kenji, ho il ciclo, e la cosa rende la giornata ancora più dura! Ma se vogliamo sopravvivere dopo scuola per altre due ore senza condizionatore, almeno cercate di avere più energie possibili! Quindi mangiate e, invece di polemizzare ogni mio buon gesto, bevete questa cristo di acqua!"
[T/n] sembrava sull'orlo di una crisi di nervi, il suo tono era stato isterico, irritato ed aveva quasi urlato; respirava più pesantemente e sembrava che il cuore le battesse più veloce, le guance poi, le si erano arrossate ancora di più.
Senza farselo ripetere due volte, Kenji aprì la bottiglia ed iniziò a bere avidamente, capendo solo in quel momento quanto la sua gola fosse secca e quanto fosse disidratato.
Continuò a bere fino a quando la bottiglia non fu vuota ed un senso di freschezza ed appagamento lo percorsero. Poggiò la plastica vicino alle altre acque e con un leggero fiatone si voltò verso la ragazza, che sembrava ora più calma e sollevata.
Si appoggiò alla sedia di Koganegawa, che aveva preso a mangiare il suo pranzo, spaventato dalle conseguenze, e gli sorrise debolmente, ringraziandolo con gli occhi per averle dato retta.
[T/n] tirò indietro la testa, sospirando pesantemente, prese poi una sedia vicina e, dopo averla avvicinata al trio, cisi sedette, prendendo anche lei a sorseggiare la freschezza dell'acqua.
Si voltò verso Aone, che aveva ripreso a mangiare con più gusto, e gli sorrise allegra, sventolando la mano innocentemente, venendo incredibilmente ricambiata dall'albino, che sembrò avere un leggerissimo rossore sulle guance.
Diede poi qualche pacca sulla schiena di Koganegawa, che si stava strozzando con un pezzetto di verdura, per finire con il rimproverarlo, come si fa con i bambini delle elementari.
Koganegawa annuì con un broncio, mangiando più lentamente come gli era stato detto, ed infine, [T/n] si voltò verso di lui, notando in meno di un secondo che non aveva ancora toccato il suo pranzo, nemmeno aperto.
Sollevò un sopracciglio e lo guardò di traverso.
"Perché non stai mangiando il tuo pranzo?"
Kenji sorrise sornione mentre tirava fuori il suo bento, per poi appoggiare il manto sul palmo della sua mano.
"Vuoi imboccarmi tu? Io non so se ne ho le forze."
[T/n] ridacchiò quasi di nascosto, spingendogli leggermente il braccio per togliergli l'appoggio alla testa, e gli sorrise divertita.
"Dai, scemo. Mangia e basta, ne avrai bisogno."
Anche Kenji rise, ascoltando con il batticuore quelle parole amorevoli e colme di preoccupazioni.
Iniziò a mangiare osservando [T/n], che ora gli sorrideva soddisfatta e felice, forse anche più riposata di quando era arrivata.
Continuò a guardarla sorridere agli altri e parlottare con alcune sue amiche della classe.
Era bella, naturale, spontanea.
Così bella che lo confondeva, come un raggio di sole troppo potente.
Voleva guardarla a lungo, voleva che gli sorridesse costantemente, che si raccogliesse i capelli più spesso, e che lo facesse solo in sua presenza.
Ma si sentiva talmente stupido a desiderare tutto ciò.
Erano fin troppo diversi, e lei non si sarebbe mai innamorata di lui, cosa che, invece, a lui era successa.
Ora, parlare di amore era forse un'esagerazione, ma Keiji non aveva mai provato sentimenti così forti, non aveva mai pensato così costantemente e così profondamente a una persona, e nonostante anche con lei non si trattenesse dal mostrare il suo lato fastidioso e meschino, i suoi sentimenti non cambiavano e, anzi, il fatto che lei gli tenesse testa lo faceva solo sperare di più, ma sapeva che era tutto inutile.
[T/n] era da due anni la manager della squadra di pallavolo, di cui lui e i suoi due amici facevano parte, insieme a Mai Nametsu, la seconda manager.
Lei e Kenji si erano scontrati più volte quando ancora il castano doveva diventare capitano, proprio per la scarsa responsabilità che Kenji si prendeva e per i continui litigi che aveva all'interno della squadra.
[T/n] si era dimostrata sin da subito una persona responsabile e determinata, che non prende mai nulla alla leggera e che tiene alle sue passioni e lo dimostra senza timore, strappandosi pezzi di sé stessa per darli agli altri.
E Kenji, nonostante le diversità, le divergenze, i loro mondi completamente opposti, era finito per innamorarsene, per innamorarsi di lei, che rappresentava tutto ciò che avrebbe mai potuto desiderare.
Quando i ragazzi del terzo anno avevano dovuto lasciare il club e Kenji era diventato il capitano, aveva appreso le responsabilità che gravavano sulle sue spalle, e se ne era fatto carico consapevolmente.
Da quel cambiamento, i due andarono più d'accordo ed i litigi diminuirono sempre di più, mentre le risate, gli scherzi ed i sorrisi aumentarono.
Ma ancora, Kenji sapeva che nulla sarebbe cambiato, e che lei non avrebbe mai provato ciò che provava lui.
Erano troppo diversi, ed il fatto che ora avesse effettivamente delle responsabilità, non cambiava le cose.
Sapeva che, nella lontana opzione che si mettessero insieme, non sarebbe durata: gli interessi erano quasi del tutto opposti, solo la pallavolo li univa, i caratteri erano completamente estranei l'uno dall'altro, lui provocatorio, lei amorevole e rispettosa, lui certe volte cinico ed antipatico, lei fin troppo buona-ma, come si è notato, anche aggressiva-, lui certe volte ancora fin troppo leggero, lei con i piedi ancorati al suolo.
Insomma, troppo diversi, ma nonostante tutto, Kenji era riuscito ad innamorarsi.
Ed era stato stupido.
Ma ormai era tardi per i rimpianti, era successo e basta.
Ma non sapeva che fare.
La notte non faceva altro che pensare a lei per poi picchiarsi da solo e darsi dell'idiota.
Doveva forse abbandonare sul ciglio della strada quei sentimenti puri ed innocenti?
O doveva per caso buttarli in mezzo alla strada, nella speranza che si salvassero, per poi vederli schiantarsi contro un'automobile in corsa?
Non era sicuro di avere abbastanza palle per fare una cosa simile.
Sbuffò, riprendendo a mangiare mentre [T/n] si alzava, allontanandosi dalla classe per andare in bagno-"Dove vai?" "In bagno. Sai, Kenji, ho il ciclo!"-.
Quando fu uscita dalla classe, una delle sue amiche, che molto probabilmente aveva aspettato che la ragazza si assentasse, si avvicinò loro ridacchiando, un sorrisetto in viso.
"Vi dirò una cosa, ma vi dovete restare muti, okay?"
Kenji aggrottò le sopracciglia mentre Koganegawa guardava confuso la ragazza.
"E perché dovrebbe interessarci questa cosa?"
Forse sembrò scortese, ma il tono era calmo, e anche se non lo ammetteva, era abbastanza curioso, che si trattasse di [T/n]?
Dopotutto, il tono che utilizzò non sembrò importare molto alla ragazza, che prese a parlare senza il consenso di nessuno.
"Ho sentito che Kamasaki ha una cotta enorme per [T/n], e che presto si confesserà! Non è una cosa carinissima?"
A quel punto, Kenji aveva ià smesso di ascoltare, non gli importava più nulla di quello che quella pettegola stava sparando.
Kamasaki?
QUEL Kamasaki?
Yasushi Kamasaki?
L'ex vice capitano della squadra?
Non serviva farsi tutte queste domande, Kenji sapeva perfettamente che si trattava di lui.
Era stato da sempre abbastanza chiaro che Kamasaki fosse interessato alla ragazza, ma Kenji non pensava fosse così seria da addirittura confessarsi a lei.
E se [T/n] avesse accettato?
Se si fossero messi insieme, lui cosa avrebbe fatto?
Semplicemente, i suoi sentimenti non solo sarebbero rimasti soli come un cane sul ciglio della strada, abbandonati, ma sarebbero anche stati presi crudelmente sotto da un'auto in corsa, guidata da Kamasaki per giunta.
Ma, comunque, non era sicuro.
La voleva tutta per sé, voleva essere lui a stare insieme a lei e a godere della sua compagnia, voleva essere lui ad avere il privilegio di scoprire nuovi aspetti di lei, ma a quale scopo, se sapeva già che non sarebbe durata?
Kenji strinse i pugni.
Non era sicuro di volerla avere accanto a sé, solo per farla poi soffrire, ma al contempo stesso, non voleva nemmeno lasciarla a Kamasaki, o a chiunque altro.
Forse, era arrivato il momento di combattere di più per ciò che desiderava.
E avrebbe combattuto.
Anche se l'esito non era certo.
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Haikyuu!! One Shots x Reader ||ITA||
Fanfic"Lieto fine. Tutti ne meritano uno, per quanto il loro animo possa essere corrotto. Ma, prima, c'è un'intera vita da vivere, e voi ne sarete una parte fondamentale, per ognuno di loro. Vi prego però di prestare attenzione. Non tutti, per quanto il l...