Ossa rotte ma chi se ne fotte.
Quell'ardere malsano di un pensiero incrociato.
Annebbiato dal dolore, offuscato dal mio lato adirato.
Resta sano in questo mondo malato.
Sballato e sbagliato come il lento soffrire.
E dire.
Dammi una scossa, una scorza dura, la risposta.
Una via di fuga dove appendere la tregua le parole di un poliglotta.
Un appiglio che faccia attrito veloce come denti aguzzi di una bestia feroce.
Vorace.
Mentre trito la mente in un rito scomposto, è tutto a posto.
Frugo nella testa in cerca di punti a tuo favore, dove i minuti si contano ma come ore.
E non esistono leggi, non si arrestano i graffi, non si cancellano i mille disagi.
Si apprestano a generare strafottenza in mio potere, nel mio dire il tuo mentire.
E allora guardati e lasciati guardare.
Dimmi cosa nasce quando nuda ti specchi negli screzi che ti fanno danni e cadi a terra in mille pezzi.
Tra palazzi alti che oscurano il cielo, in quella testa matta dove la ragione lascia solo spazio allo strafottuto sclero.
E' vero.
E' raro.
Tutto nasce e muore come lacrime di cielo in quel sorriso amaro.
Su questo inverno austero, in un bastardo gelo sincero di un innocuo dicembre nero.