Ventiquattro

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Mario

Poche volte in vita mia mi sono sentito così.
Perso, ferito, finito.

Mi sveglio la mattina e compio le stesse azioni per tutto il corso della giornata.
Mi lavo, mi vesto e vado al lavoro.
Torno a casa, dormo.

Cerco di portare avanti la mia vita, provando a farlo nel migliore dei modi.

È passata poco più di una settimana dal momento in cui ho iniziato a trascinarmi al mondo come una carcassa senza emozioni.

I primi giorni sono stati duri, soprattutto con Claudio.

La notte, spesso, gli incubi prendono il sopravvento, ed il corpo inizia a tremare in preda agli spasmi finché Claudio non mi tira a se chiudendomi fra le sue braccia.
Io glielo lascio fare, perché glielo devo, o forse perché semplicemente ne ho bisogno.

Mi ha chiesto così tante volte cosa mi sia preso che ho perso il conto.

Non si è ancora rassegnato e forse un po' mi odia per questo, o semplicemente mi ama troppo per rassegnarsi ad una mia non risposta.

Ha paura che io mi voglia allontanare da lui e questo lo vedo, lo percepisco quando prova a baciarmi ed io gli concedo appena di sfiorarmi le labbra.
Lo vedo quando vuole che mi conceda a lui, ma gli rifilo sempre una scusa ormai poco credibile.

Insomma, lui si accontenta di starmi vicino e di riuscirmi a strappare un abbraccio la notte per potersi ancora sentire importante per me.

Io lo amo, ma ho bisogno di tempo per non farlo soffrire.

Lo guardo intento a piegare i panni mentre me ne sto seduto sul divano, e penso a quanto sia perfetto.

Un sorriso spontaneo mi si disegna sul volto inevitabilmente.

Mi sento così sporco e di poco valore che vorrei avvicinarmi per guardarlo negli occhi e chiedergli se per lui la mia vita conta qualcosa su questa terra.

Abbasso lo sguardo perché so che, comunque, la risposta sarebbe sempre positiva.

Così mi faccio coraggio e mi alzo dal divano per raggiungerlo.
Con i piedi scalzi rabbrividisco a contatto con il fresco del pavimento.

È intento a piegare una felpa quando mi faccio vicino a lui e mi poggio con il mento sulla sua spalla.

Mi rivolge uno sguardo di sbieco ed un sorriso bellissimo.

I suoi occhi brillano, perché non se lo aspettava.
Sono giorni che non mi faccio toccare, e lo vedo che sta impazzendo, ma sto impazzendo anche io.

Muoio della voglia di sentirmi amato di nuovo e desidero le sue mani addosso che si prendono cura di me.
Voglio il suo respiro su di me e il suo corpo che riscalda il mio.
Il problema però, e' che ho paura.

"Ei..."mi lascia un bacio sulla guancia ed io gli stringo le braccia intorno al busto mentre chiudo gli occhi e mi godo quel contatto.

"Mario.." lo sento voltarsi verso di me e stringermi.
Mi accarezza la schiena ed io provo a liberare la mente, a rilassarmi.

"Mi manchi.." e poi un bacio sul collo ed io vado a fuoco.

Lo desidero ma non ce la faccio, così mi ritraggo e faccio un passo indietro quasi scottato dalle sue parole.

Lo sto uccidendo e lo vedo nei suoi occhi spenti.

"D-devo andare, d-devo uscire." annuisce amaramente, mentre si volta e torna piegare la felpa grigia, la nostra.

Randagi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora