3.

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Aveva una bella faccia tosta mia madre, a chiedermi di farle un favore dopo avermi trattato come spazzatura sin da quando nacqui. Quasi fui tentato di stracciare lettera e contenuto, magari di bruciare tutto e godere della vista della cenere che sarebbe rimasta, ma la curiosità frenò le mie mani.

Chi era Min Yoongi? Perché mia madre voleva che fossi proprio io a consegnare il manoscritto? E a chi avrei esattamente consegnato quella lettera? E poi, cosa c'entrava questo Min Yoongi con la favola di mia madre?

Il mio istinto mi diceva che se avessi distrutto quel pezzo di carta me ne sarei pentito amaramente, perciò dovetti ammazzare letteralmente il mio orgoglio per dare soddisfazione alla mia smaniosa curiosità. Fissai il manoscritto e lo riposi, piegandolo come si deve, all'interno dell'involucro di carta, insieme alla piccola lettera destinata a Yoongi.

Ed eccomi qui, di fronte alla porta in legno di uno sconosciuto, lettera nella tasca e viso pallido. Cosa avrei detto, esattamente, quando l'avrei consegnata? Non conoscevo la persona che mi sarei trovato di fronte, e non sono mai stato bravo a parlare con gli sconosciuti. Mettiamo che mi sarei ritrovato di fronte ad un maniaco? O peggio ancora, ad un alieno?
Inspirai e pregai la mia buona stella che chiunque abitasse in quella casa adesso fosse assente, magari via per una vacanza di mesi, perché ero sicuro che la mia testardaggine mi avrebbe portato a riprovare almeno altre due o tre volte, per poi solo dopo gettare interamente la spugna.

Rimasi a fissare un po' sconcertato l'entrata: era un disastro.
Delle macchie scure di muffa stavano prendendo possesso del legno agli angoli dell'uscio, la porta prima doveva essere bianca, ma il tempo e la scarsa qualità della vernice le stava facendo perdere a pezzi lo strato di colore diventando una superficie gialla e grigia.
Doveva essere la casa di un maniaco, un maniaco provero, per giunta.

Quando bussai intimidito alla porta nessuno venne ad aprirmi, e quasi ne fui grato, ma quando sentì un forte tonfo provenire dall'abitazione, come di un corpo che cade rovinosamente sul pavimento, al mio cuore mancò un colpo.

La porta era aperta, o così scoprì quando mi precipitati svelto ed entrai senza permesso nell'appartamento. Di fronte alla porta, accasciato al suolo, un ragazzo dai capelli argento era svenuto, immobile come una pietra. Tanto mi ricordò la figura di mia madre, all'interno della tomba, che non potetti far altro che lanciare un urlo di spavento.

In un battito di ciglia mi ritrovai in ginocchio affianco a lui, lo girai per le spalle, lo sollevai tenendolo per la schiena, facendo in modo che poggiasse il suo collo sul mio braccio, poi lo scossi violentemente sperando che si riprendesse -Ehi, ehi stai bene?!!- domandavo come uno stupido, come se una persona svenuta potesse effettivamente rispondere, mentre il panico iniziava a mandarmi il cuore a mille.

Le palpebre violacee e la pelle pallida del ragazzo erano preoccupanti, per non parlare del fatto che respirasse a malapena e in maniera irregolare. L'argentato fece cadere la testa da un lato e la sua gola emise un gemito di dolore, basso e gutturale.

"Grazie a Dio è vivo" feci, mentre iniziai a guardarmi intorno per capire cosa potessi usare per farlo sentire meglio, nel frattempo presi il cellulare per chiamare il più velocemente possibile l'ambulanza. Mentre mi guardai intorno notai che, proprio di fronte a noi, la porta del piccolo bagno era aperta, e fui disgustato, ma allo stesso tempo sollevato, nel vedere il contenitore di non so quale medicinale rovesciato nel piccolo e scrostato lavandino, vuoto, al pavimento ancora alcune pillole sparse su un tappeto antiscivolo.

Aveva cercato di suicidarsi?

Forse la mia supposizione era sbagliata, ma non ci pensai molto, mentre il telefono squillava gli infilai due dita in gola facendo in modo che vomitasse. E ciò successe, scosso da un forte conato iniziò a vomitare il contenuto del suo stomaco, lo tenni con un braccio, con la testa piegata in giù, finché il ragazzo non finì di rigettare, sperando di aver fatto la scelta giusta. A quel punto lo vidi socchiudere gli occhi, che, da quello che vidi, erano molto scuri, bui come la notte. Prima di ricadere di nuovo svenuto, con la testa sulla mia spalla, sembrò accorgersi di me e mormorò un "Chi sei" rauco e talmente tanto basso che quasi non potetti udirlo.

L'ambulanza arrivò subito dopo.

L'AUTRICE DICE:
Quando scrivevo ero tip:

MY HEARTU IS...

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Neptune; Mercury - Y о о п K о о KDove le storie prendono vita. Scoprilo ora