1.Un nuovo inizio

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Aprile 2029

- Mari, sono a casa! - Adrien si chiuse la porta alle spalle, un istante prima che le sue narici venissero completamente inebriate dal profumo di quello che pareva proprio essere del sugo alla bolognese. Inspirò e sorrise, super affamato. Attraversò in fretta il corridoio, posò il suo mazzo di chiavi in un portaoggetti che si trovava sul tavolino vicino all'entrata, e raggiunse la cucina. Lì, indaffarata come sempre tra pentole e padelle, scorse la sua splendida mogliettina, giustappunto intenta a preparare le lasagne. Aveva i capelli scuri raccolti in una crocchia disordinata ed un grembiule macchiato di farina stretto in vita. Non si era ancora accorta dell'arrivo dell'altro, perciò il biondo ne approfittò per sgattaiolare silenziosamente nella stanza e sorprenderla alle spalle. Le avvolse dolcemente i fianchi con le braccia, incominciando a posarle una lunga scia di baci sul collo, che la fecero sobbalzare. - Adrien... - iniziò. Avrebbe voluto rimproverarlo per averla fatta spaventare in quel modo, ma quello che fuoriuscì dalle sue labbra sembrò più simile ad un verso strozzato. Quando poi si voltò, gli rivolse un sorriso e gli stampò un tenero bacio a fior di labbra, accarezzandogli le guance ricoperte da un sottile strato di barbetta ispida ed incolta. - Come è andata a lavoro? - domandò, come a suo solito. Adrien si passò una mano fra i capelli biondi, portandoseli un po' all'indietro. - Bene, continuano ancora a propormi di lavorare per quell'azienda di moda, ed io continuo a rifiutare. - sospirò, mentre Marinette gli posava una mano sulla cravatta scura che aveva attorcigliata attorno al collo, e gliela allentava leggermente. - Perché no? Forse dovresti almeno provare a dargli una possibilità. - alzò lo sguardo, incontrando i suoi occhi color verde smeraldo. - Mmh... non lo so. Adesso che me l'hai detto potrei anche pensarci. - lui le si avvicinò e la baciò, sorridendo sulle sue labbra. Lei ridacchiò, per poi allontanarsi subito dopo, lasciandolo con un piccolo broncio sul volto. Dopodiché, si voltò ancora una volta e riprese a cucinare, ignorando la sua presenza come se nulla fosse. - Sai... questa sera vorrebbero che tornassi a fare qualche altro scatto... - cominciò Adrien, con aria dispiaciuta. - Ma come? Avevi promesso che saremmo usciti insieme... - Marinette gli rivolse uno sguardo carico di delusione, mentre l'altro cercava di discolparsi: - Lo so, Puuur-incipessa. Ma se facessimo per un'altra volta? - propose, speranzoso. Lei, all'inizio un po' scettica, non ci mise molto a lasciarsi convincere. - Va bene... - acconsentì, anche se di malavoglia. - Oppure... Non so, potresti venire con me... - esclamò, d'un tratto, sorprendendola. - Io? Venire con te? Ma che dici! - rise, come se l'altro le avesse appena raccontato una barzelletta super divertente. - Non sto scherzando... - rispose Adrien: la sua espressione seria non era cambiata di una virgola. - Adrien, non pensarci nemmeno. - fu la risposta dell'altra, che cominciò a scuotere la testa, decisa a non farsi coinvolgere in quei suoi folli piani. Non avrebbe posato come modella, non di nuovo. Sfortunatamente però, quei suoi occhi da cerbiatto non ebbero pietà di lei, riuscendo ad incantarla e a farle perdere quasi del tutto la ragione. "Non posso crederci, ma come ci riesce ogni volta?" si disse, esasperata. Alla fine: - D'accordo... - si rassegnò. Lui le sorrise ancora, baciandole una guancia. - Vedrai che non te ne pentirai... -

Marzo 2018

- Vuoi dirmi che diavolo ti prende? Mi sembri strana. - la voce preoccupata della sua migliore amica la riscosse, riportandola alla realtà. - Niente, Alya. Sto bene... - mentì: le sue occhiaie violacee non sembravano d'accordo con lei. La castana le lanciò un'occhiata di sbieco. Dopodiché, sbuffò, ma non proferì altra parola. Era da più di due settimane che Marinette continuava ad evitarla e a rimanere chiusa in se stessa, e Alya non ne era ancora riuscita a capire il perché. Un giorno, era arrivata a scuola con un paio di auricolari neri nelle orecchie, era entrata in classe a sguardo basso e si era andata a sedere in un posto lasciato libero all'ultima fila, lasciandola interdetta. "Ho fatto qualcosa di sbagliato?" le aveva domandato, durante il cambio dell'ora, raggiungendola e poggiando i palmi delle mani sul suo banco. Ma la corvina non pareva essersi affatto accorta della sua presenza, tanto era impegnata a rifinire il bozzetto di un abito che stava preparando sul suo album da disegno. Alya non la riconosceva più: erano state due amiche inseparabili fino a quel momento, eppure... Adesso a malapena le rivolgeva uno sguardo. - Perché non andiamo in cortile a fare ricreazione? - le propose. L'altra, che aveva la testa china sul suo libro di algebra, mugugnò qualcosa di incomprensibile, per poi agitare la mano in un gesto del tipo: "Sì, d'accordo. Tu va', io ti raggiungo dopo." - Va bene, allora ti aspetto... - disse Alya, prima di uscire dall'aula. Non appena Marinette rimase da sola, tirò un sospiro di sollievo e si passò una mano sul viso, stanca. Esatto, stanca era proprio la parola che meglio avrebbe descritto il suo stato d'animo, in quel preciso momento della sua vita. Non ce la faceva più a fingere che tutto andasse bene, perché non era affatto così. Insomma, da quando l'intera scuola era venuta a conoscenza della vera identità di Ladybug, nei corridoi, nelle aule, nel cortile, praticamente ovunque non si faceva altro che parlare di lei. Persino quando andava in bagno non si sentiva tranquilla: quelle voci non le lasciavano un attimo di tregua. Alya, d'altro canto, non sembrava accorgersene affatto, perché tutte le sue attenzioni erano incentrate sulla sua migliore amica, che non voleva più rivolgerle la parola. La verità però, era che Marinette aveva paura: sapeva che, prima o poi, avrebbe dovuto affrontare l'argomento e rispondere alle sue innumerevoli domande, ma non aveva il coraggio di farlo. Temeva che Alya potesse preferire di gran lunga la supereroina di Parigi dalla tutina a pois, piuttosto che la perennemente goffa ed imbranata Marinette: aveva paura che la loro amicizia potesse cambiare e non essere più la stessa. Non sapeva che fare, come comportarsi... Di una cosa era certa, però: avrebbe tanto voluto parlarne con qualcuno che non fosse Tikki. Questo perché, ogniqualvolta provasse a discuterne con lei, non faceva altro che sentirsi più sola ed incompresa di prima, dato che il suo Kwami era fin troppo razionale per darle un consiglio d'amica. In quel momento, aveva bisogno più che mai di qualcuno con cui sfogarsi, con cui aprirsi completamente. Ma chi? D'un tratto, lo sbattere della porta la fece sobbalzare. D'istinto, Marinette si alzò e cominciò a mettere via le sue cose, sbuffando. - Sì, sì. Eccomi, Alya. Sto arrivando. - esclamò, facendo per raggiungere l'uscita. - No, non sono Alya. - ma a rispondere fu una voce maschile che le fece morire le parole in gola. - A-adrien, che cosa ci fai qui? - deglutì a vuoto, cercando di non incontrare il verde dei suoi splendidi occhi, ma invano. - Possiamo parlare? - domandò lui, andandole incontro.

Serena

Everything is paw-ssible with you #Wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora