Sherlock per il matrimonio di John voleva comporre una melodia che parlasse di lui e Maria.
L'unica cosa, però, che era riuscito a fare era di mettere su carta una melodia che parlava dei suoi sentimenti per l'amico.
Decise lo stesso di ignorare la cosa e dedicarla ai due.
Il giorno del matrimonio prese il suo violino ed iniziò a suonare, mentre John e Maria ballavano, ignoravano come si sentiva Sherlock mentre li osservava.
Una lacrima scivolò sul volto del detective e lentamente una alla volta altre si unirono a quella, ma non smise di suonare la sua melodia.
Si sarebbe fatto male, lo sapeva, ma ormai non gl'importava.
Quando terminò sistemò il violino nella sua custodia piegò lo spartito musicale in due parti, ci scrisse sopra alcune parole e uscì dalla sala senza guardare nessuno.
Indossò il giubbotto e la sciarpa lasciando il palazzo della festa.
Solo quattro persone avevano notato le sue lacrime: la signora Hudson, Lestrade, John e Maria.
I quattro, però, non avrebbero trovato Sherlock che aveva chiamato un taxi e tornato a Baker Street era salito nel suo appartamento, che dopo essersi chiuso la porta alle spalle entrò in bagno e prese alcuni sonniferi, avrebbe dormito profondamente per un bel po'.
Non si accorse nemmeno che la porta di casa veniva buttata giù da Lestrade e Mycroft che dopo la chiamata dell'ispettore si era preoccupato per lo strano comportamento del fratello ed aveva raggiunto Baker Street il più in fretta possibile.
Vedendo il fratello addormentato sul divano sospirò sollevato, ma notando anche che non si era svegliato capì che doveva aver fatto uso di sonniferi.
«Porto via Sherlock fino a quando non si sarà ripreso» disse Mycroft avvicinandosi al fratello accarezzandogli i capelli.
Lentamente lo prese in braccio e lasciò l'appartamento, Sherlock riconoscendo il profumo usato dal fratello si mosse legandogli le braccia al collo. Salito in macchina Mycroft portò Sherlock a casa sua e lo distese sul letto nella stanza degli ospiti.
Conosceva la situazione e voleva dargli il tempo di assimilare quello che aveva capito dal momento in cui John gli aveva detto del suo matrimonio.
Poco dopo il telefono del detective segnalò l'arrivo di un SMS, Mycroft prese l'oggetto e aprì il messaggio.
"Sherlock, dobbiamo parlare. JW"
Mycroft rispose al messaggio.
"Sherlock, ha preso alcuni sonniferi e non si sveglierà per un po'. Non si trova a Baker Street. MH"
John ricevuto quel messaggio sospirò, ma rispose lo stesso a quel messaggio.
"Dovevo capirlo prima, mi dispiace. JW"
Quel messaggio lasciò l'amaro in bocca a Mycroft che rispose capendo cos'avesse in mente John.
"Se lo lasci non si fiderà mai più di nessuno. MH"
John letto il messaggio posò il telefono sul tavolo e posando i gomiti sul tavolo e immerse le mani tra i capelli, era stato stupido, quelle lacrime che scendevano sul volto di Sherlock mentre suonava dovevano aprirgli prima gli occhi, la sua reazione all'annuncio del suo matrimonio avrebbe dovuto avere lo stesso effetto.
Era stato avventato conosceva Sherlock da tempo, eppure, non aveva notato niente. Prese nuovamente il telefono e mandò un nuovo messaggio al telefono di Sherlock.
"Tornerà a Baker Street? JW"
Mycroft sospirò e rispose.
"Non lo so, ma conoscendolo tornerà ignorando quello che proverà pur di restare al tuo fianco. MH"
Per tutta la notte John e Mycroft si scambiarono messaggi, Mary che aveva tentato di convincere John ad andare a letto era stata ignorata apertamente, aveva la sensazione che essersi sposati non fosse stata un ottima idea.
Mary ci avrebbe pensato il giorno dopo, sperando che il marito si decidesse a raggiungerla.
La mattina dopo Mary si svegliò da sola nel letto ed entrata in cucina trovò un biglietto da parte del marito.
"Sono a Baker Street devo vedere Sherlock. John"
La donna sospirò intanto Sherlock partito presto da casa del fratello, dopo averlo ringraziato, era tornato al suo appartamento e preso il violino iniziò a suonare chiudendosi nel suo mondo.
John entrò nell'appartamento e rimase ad ascoltare il detective suonare era la stessa melodia del matrimonio, prese quelle note come la risposta al suo arrivo.
Il detective voltandosi interruppe a metà la melodia: «Buongiorno, John»
«Buongiorno, Sherlock. Possiamo parlare?» gli chiese lui.
Il detective poso il violino e si mise seduto: «Di cosa vorresti parlare?» gli domandò posando i gomiti sui braccioli della poltrona facendo combaciare le mani attendendo che l'amico gli dicesse qualcosa.
«Quella melodia...» si interruppe per un attimo: «... la melodia che hai suonato ieri sera, parlava di me e te. Era il tuo addio per me»
«John, cosa vuoi sapere veramente?» chiese ancora lui senza negare niente dell'affermazione di John.
L'uomo decise di rispondere a quella domanda: «Sei innamorato di me, vero?» Sherlock per la prima volta distolse lo sguardo, ma disse: «Sì, John. Adesso tu hai la tua vita, con Mary. Non vi starò tra i piedi»
Riprese il violino ed iniziò nuovamente a suonare.
John agì seguendo l'istinto e fermò quella melodia che Sherlock stava suonando, non gli avrebbe permesso di dirgli addio in quel modo.
«Io non ti lascio solo, Sherlock» disse lui, cercando in qualche modo di superare quel muro che il detective stava innalzando di nuovo tra di loro per non mostrare quanto stesse male veramente, lo abbracciò sorprendendolo per un attimo, ma non si stupì quando Sherlock lasciò cadere il violino e strinse tra le mani il suo maglione. John lo sentì tremare leggermente e iniziò ad accarezzargli la schiena.
Sapeva che stava versando delle lacrime e che l'avrebbero ferito se le avesse viste, per questo attese che si calmasse.
John sentì di avere tra le sue braccia un bambino indifeso, quel paragone che aveva appena fatto gli scaldò il cuore, ma aveva anche la certezza di poter paragonare in cuor suo Sherlock anche ad un fiore di loto.
Quando Sherlock smise di piangere si diede dell'idiota, aveva ceduto di nuovo al suo lato infantile quello bisognoso di aver vicino chi amava e in questo caso era John.
Cercò di allontanarsi, ma l'amico lo strinse ancora a sé dicendo semplicemente: «Te lo ripeto ancora una volta, mettiti in testa che non ti lascio solo»
«Ho capito! Adesso vai da tua moglie» disse il detective indicandogli la porta.
John a quella sua reazione scosse la testa e sorrise: «Chiamami in ogni momento, Sherlock» a quelle parole Sherlock non seppe cosa rispondere e osservò l'amico lasciare l'appartamento.
Si alzò dalla poltrona e osservò John prendere il primo taxi, ma la sensazione di freddo che lo avvolse fu così forte che nemmeno il sole che entrava dalla finestra colpendolo in pieno riuscisse a scaldarlo.
John era diventato il suo sole nelle giornate cupe che passava da solo in quel appartamento in Baker Street.
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Raccolta storie Sherlock
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