Overdose d'amore

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«Mycroft?»

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«Mycroft?»

Mycroft Holmes sentendosi chiamare e scuotere leggermente per la spalla aprì gli occhi.

«Sto bene, Gregory» rispose lui, raddrizzandosi dalla scomoda posizione che aveva preso durante quelle ore.

L'ispettore notando la sua smorfia di dolore mentre faceva schioccare tutte le ossa della colonna vertebrale protestò: «Sei rigido più di una tavola» Mycroft indispettito rispose semplicemente: «Non è vero» ma sapeva bene che l'amico aveva ragione.

L'espressione dubbiosa dell'ispettore, però, alla fine lo costrinse ad ammettere: «Qualsiasi cosa sarebbe più flessibile della mia schiena al momento»

«Mi dispiace di non aver fatto prima. Sono stato coinvolto in un omicidio. Cos'è successo?» domandò Greg indicando Sherlock che dormiva nel letto dell'ospedale. Mycroft riportando lo sguardo sul volto del fratello rispose: «Sembra sia entrato in overdose»

«Overdose? Lui?» domandò l'ispettore allarmato da quella notizia che mai e poi mai si sarebbe aspettato. Mycroft a quelle parole annuì, con un tocco leggero della mano sfiorò delicatamente i capelli del fratello e si rivolse all'amico: «Non si sveglierà per delle ore. Dovremmo andare a prenderci una tazza di caffè»

«È una buona idea. C'è una caffetteria poco distante da qui che fa un ottimo caffè» aggiunse Greg.

Seppure fossero rimasti nella stanza non avrebbero potuto fare molto, essendo anche all'oscuro del motivo per il quale Sherlock si fosse strafatto di droga fino ad andare in overdose.

I due lasciarono la stanza e nel silenzio gli unici suoni che si sentivano erano quelli del respiro del detective e quello del macchinario collegato al suo corpo.

****

Quel giorno aveva parlato a lungo con Mycroft su un nuovo caso. Nonostante Moryarti in giro non potevano far altro che aspettare una sua nuova mossa, quindi Sherlock iniziò a dedicarsi a quel caso.

Solo per caso trovò la lettera indirizzata alla signora Hudson per la festa d'addio che John e Mary avevano organizzato.

Quella sera John, uscito da lavoro, raggiunse in taxi Baker Street.

Entrato in casa notò subito il caos che regnava nella stanza: «Cos'è tutto questo?»

«Sto cercando di risolvere un caso» rispose lui senza troppi giri di parole.

«Sei troppo impegnato anche per rispondere ad un mio messaggio vedo» disse a sua volta John.

John sapeva, però, che quando Sherlock non gli forniva informazioni su quello che stava facendo era meglio lasciar perdere.

Doveva, però, parlare con l'amico e non sarebbe stato facile.

Poco prima che potesse aprire bocca, Sherlock senza dire niente gli mise davanti l'invito per la festa d'addio.

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