SeTtImO cApItOlO

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Finalmente mi tolgo le ciabatte da lavoro e mi metto le mie adorate scarpe da tennis. Sembra che ho desiderato questo momento da tutta la giornata. Dopo una lunga settimana di lavoro nella mensa sono distrutta, per fortuna che oggi non devo ritornare. Adesso devo subito correre a scuola guida per fare finalmente l'esame scritto, quello pratico ci sarà quando mi chiameranno loro. Seguono l'ordine alfabetico, quindi non so di preciso quando si terrà, potrebbe essere tra una settimana come tra due mesi ma intanto dovrò fare quattro guide obbligatorie con l'istruttore. Non mi conviene nemmeno andare a casa per mangiare, adesso. Prendo qualcosa al volo dalla mensa e corro a prendere l'autobus; devo andare dall'altra parte della città e non ce la farei a tornare a casa.

Dopo mezz'ora di strada arrivo alla scuola guida, appena in tempo per sedermi ad uno dei banchi in fondo all'aula e aspettare l'istruttore che ci darà il quiz da compilare. Osservo i miei compagni di corso, c'è chi approfitta del ritardo dell'istruttore per ripassare dal libro, c'è chi invece tenta di nascondere dei piccoli fogliettini sotto la manica del giaccone o del maglione. Mi viene da ridere, sono peggio dei ragazzi alle medie. Io mi accomodo sulla sedia e con tranquillità mi tolgo il giaccone, posizionandolo sullo schienale, subito dopo entra l'istruttore. Non è Davide, è un uomo molto più grande di lui, che subito ci distribuisce i fogli e ci comunica che il massimo degli errori che possiamo fare è quattro e che abbiamo un'ora di tempo, dopodiché dobbiamo tutti restituire i fogli.

Circa cinquanta minuti dopo sto uscendo dalla scuola guida con un sorriso soddisfatto sulle labbra. E anche questa è fatta! Ho studiato molto per passare questo esame, quindi sono tranquilla. E poi era relativamente facile, non sono affatto preoccupata.

Purtroppo non è ancora arrivato il momento per me di andare a casa, devo andare dallo psicologo. Tutto tempo sprecato, ma è un impegno che ho preso e ho intenzione di mantenerlo, anche se forzatamente.

Arrivo lì in perfetto orario. Andrea si era offerto di accompagnarmi, oggi, sapendo che avrei dovuto anche sostenere l'esame di guida, ma io ho rifiutato. Ultimamente sia lui che mia madre mi stanno troppo addosso, ho bisogno di respirare.

Faccio anticamera per pochi minuti prima che il dottore mi chiami nel suo studio. Mi siedo sul solito divano e come sempre inizia a farmi alcune domande... alle quali io non rispondo. Tanto lui viene pagato lo stesso, ma sembra proprio convinto che prima o poi inizierò a parlare, la speranza gli si legge a chiare lettere sul volto. Chissà da dove l'attinge. Passiamo così la nostra mezz'ora: guardandoci negli occhi senza parlare, esattamente come la volta prima e quella prima ancora. Alla fine si alza, mi saluta e mi invita per la prossima volta, che sarà tra tre giorni. Non vedo l'ora che queste sedute finiscano, sono solo uno spreco di tempo.

Alle quattro del pomeriggio torno finalmente a casa. Già mi sto pregustando una bella doccia calda e il mio confortante lettino per un riposo veloce, sono distrutta. Arrivo al mio pianerottolo e ignoro bellamente la porta della signora Garrett. Ormai ho imparato a fare finta che non esista nemmeno.

Apro la porta del mio appartamento e, non appena alzo gli occhi verso la cucina, Sandy è in piedi sulla porta che mi guarda sorridente. Ma non è da sola, in braccio ha un bambino di circa un anno, che mi guarda spaesato e timido.

"Sara, sei tornata, finalmente! Non vedevo l'ora di presentarti il mio Billy. Billy, amore della mamma, questa è la zia Sara. Saluta."

Billy mi saluta con un gesto della mano senza cambiare minimamente espressione facciale. È molto probabile che la mia espressione sia esattamente come la sua: del tutto stravolta.

Faccio qualche passo nella loro direzione confusa e a bocca aperta. "La zia Sara?"

Il sorriso di Sandy si congela all'istante. "Ti dà fastidio? Scusa, credevo che ti avrebbe fatto piacere farti chiamare zia, ma..."

Il Cuore ha i suoi TempiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora