TrEnTeSiMo CaPiToLo

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Logan...

"Andrea ha ragione, Logan, non ti sei mosso da questa stanza da quando è uscita dalla sala operatoria. Anche tua madre ti ha assicurato che se dovesse svegliarsi ti chiama subito..."

Intreccio le mie dita a quelle di lei. La sua pelle è così morbida... e calda. È strano. Cerco di ignorare il discorso accorato di sua madre, ma lei ci riprova.

"Perché non vai a casa a farti una doccia?" Cerca di addolcire la pillola, il suo tono di voce è più gentile, adesso. "Se dovesse svegliarsi vuoi che ti veda così? Anche tu sei stanco, si vede. Vai a riposarti un po', dopo potrai tornare." A queste parole la guardo di scatto. Cazzo, ha ragione! Sono tre giorni che non esco di qui. Devo essere un mostro.

A malincuore lascio la presa dalla sua mano e subito ne sento la mancanza. Mi alzo in piedi trascinando la sedia, forse con la inconscia speranza che il rumore le dia fastidio e che la svegli. Ma non succede niente.

Con le spalle curve mi avvicino alla porta, dove sua madre mi sta guardando comprensiva. Mi mette una mano sulla spalla per farmi coraggio, poi mi sorride. Le restituisco un sorriso triste ed esco dalla stanza.

In sala d'attesa non c'è nessuno, è completamente vuota. Senza pensarci mi siedo vicino al distributore di bevande e mi rannicchio, inesorabilmente il ricordo mi va ai momenti antecedenti all'irruzione della polizia nella banca. Lo sparo avvertito prima che mi rinchiudessero nell'auto della polizia ci ha bloccati, richiamando la nostra attenzione verso la sua provenienza. Ho sentito il mio cuore balzarmi nel petto, impaurito per lei, come se avessi intuito che le era successo qualcosa. I due poliziotti hanno lasciato subito la presa su di me, avvicinandosi velocemente al loro comandante. Quest'ultimo si attaccò al telefono, ma non ricevendo risposta afferrò nuovamente il megafono e, rivolgendosi alla banca, disse: "Rispondete al telefono, è un ordine!"

Il silenzio che seguì la sua richiesta lo convinse a fare finalmente qualcosa di concreto. Stavano per fare irruzione... alla buon'ora! Assistei ai loro preparativi, fremendo perché più passava il tempo e più ero convinto che dentro quella banca fosse successo qualcosa, ma quando poi abbiamo sentito un secondo sparo ho avuto veramente paura. Alla fine li ho visti sfondare la porta e sciamare al suo interno come in una sommossa di guerra. Avevo il cuore in gola e mi ricordo solo delle mani di Andrea che mi tenevano fermo per impedirmi di entrare. Ma quando abbiamo visto i paramedici entrare con una barella e uscire subito dopo trasportando Sara su quella stessa barella mi sono sentito morire, non so come ma mi sono ritrovato a camminare vicino a lei. Le presi una mano senza riuscire a spiccicare parola. Era bianca, immobile, priva di sensi. Le avevano messo un collare e un paramedico le tamponava una ferita sopra il seno... quando ho realizzato che le avevano sparato non ho capito più niente. Sentivo le persone che cercavano di tenermi fermo, di calmarmi, ma il mio unico desiderio era di scavalcare la polizia e ammazzare con le mie mani quel figlio di puttana che aveva osato spararle. È la ragazza più dolce e gentile che abbia mai conosciuto, chi può pensare di spararle? In quel momento mi accorsi delle espressioni sbigottite e spaventate con le quali mi stavano guardando tutti, compresi Drew e Stephany. Mi sentii un pazzo.

Sono piombato in ospedale correndo come un forsennato, non mi ricordo nemmeno come sono arrivato. Andrea mi è venuto incontro dicendomi che Sara era in sala operatoria ma non sapevano niente. Ci sono volute tre ore prima che un dottore uscisse per parlare con noi brevemente sulle sue condizioni di salute. Ci avvisò che finalmente era fuori pericolo. Il proiettile era passato vicinissimo all'atrio sinistro, fortunatamente senza colpire il cuore o altri organi vitali, ma le costole ne avevano deviato la traiettoria impedendogli di uscire dalla parte opposta e ferendola in modo da farle perdere molto sangue, sfondandole l'esofago. Le avevano fatto una trasfusione e cercato di riparare i danni causati dalla pallottola. Dopo queste parole ci ha lasciato soli nuovamente, dovendo tornare in sala operatoria, ma ci aveva assicurato che alla fine le sue attività vitali erano stabili, ormai era fuori pericolo. Mentre Andrea e Laura si abbracciavano per il sollievo io non sono riuscito a tranquillizzarmi.

Il Cuore ha i suoi TempiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora