UnDiCeSiMo CaPiToLo

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"Sara, mi raccomando, domani non fare come oggi. Hai tolto la teglia della pasta troppo tardi, non attendere che sia completamente vuota per riempirla, toglila prima."

"Certo... scusa."

Elise Tampton è la responsabile della mensa dove lavoro e durante il servizio è una donna molto pignola ed esigente, ma fuori dal lavoro è una donna dolcissima. Infatti, dato che il mio orario è terminato, dopo la ramanzina mi sorride e mi lascia andare. "Ok, ci vediamo domani, Sara. Passa una buona giornata."

"Grazie." Le rispondo un po' sbalordita dal suo repentino cambio d'umore, devo ancora farci l'abitudine, poi mi volto e mi dirigo a cambiarmi. Come sempre indossare le mie comode scarpe da ginnastica è un respiro di sollievo. Non che gli zoccoli in gomma per lavorare siano scomodi, ma li perdo in continuazione, e non ci posso correre. Però purtroppo sono d'obbligo.

Mi vesto velocemente e, senza fermarmi troppo a salutare i miei colleghi, esco all'aria aperta.

Dopo ventiquattro ore dalla domanda dello psicologo mi sento già più rilassata riguardo a Logan e al motivo per cui l'ho voluto lasciare. Sono affari miei, non sono obbligata a parlargliene. In fin dei conti mia madre mi ha costretto a sottostare a queste sedute perché, secondo lei, ho un comportamento strano rispetto al mio normale modo di fare. Sì, forse è vero, ma non capisco perché dovrebbe essere un problema.

"Sara."

Il mio nome pronunciato da questa voce conosciuta mi blocca all'istante. Mi volto lentamente e mi ritrovo a fissare il sorriso timido di Nate. "E tu che ci fai qui?"

"Me lo hai detto tu che lavoravi qui, ieri, non ti ricordi?"

"Sì, ma non ti ho dato appuntamento, mi pare."

Lui torna serio. "Scusa, non pensavo ti desse fastidio... me ne vado."

Lo vedo voltarsi e iniziare a camminare lungo la strada. "Aspetta!" lo fermo prima che si allontani troppo.

Lui si ferma e si gira verso di me. "Scusa, non voglio disturbarti. Ho solo pensato di farti un po' di compagnia, ma se aspetti qualcuno, non so, Logan, me ne vado."

"No..." rispondo sbuffando. "Non aspetto nessuno. Perché sei qui, mi volevi parlare?"

Lui si riavvicina di qualche passo. "In realtà mi farebbe piacere parlare un po', sapere come ti vanno le cose, sapere se stai bene."

Lo guardo in silenzio per alcuni secondi. Non vedo cosa ci sarebbe di male. "Ok. Ti va di camminare un po'?"

Lui mi sorride e annuisce.

Ci avviamo lentamente verso casa mia, iniziando a chiacchierare di stupidaggini facendomi sorridere divertita. Mi racconta di Jaxx che lo ha portato a farlo accoppiare perché ha intenzione di castrarlo, dato che sta iniziando ad essere ingestibile. Mi raccomando con lui di variare la sua dieta una volta che lo avrà castrato e di portarlo a correre molto più spesso, perché altrimenti tenderà ad ingrassare. A questo punto, ingenuamente, si volta verso di me e mi fa: "Credi che potrei portarlo da tuo padre per farlo castrare? Si occupa di queste cose, no?" Alle sue parole il sorriso mi si congela in viso e lo fisso sconvolta, fermandomi al centro della strada. Al ché lui mi guarda di colpo preoccupato. "Ho detto qualcosa di sbagliato?"

Mi sto accorgendo che sto facendo scena muta. "Sì... no, è che mio padre... è morto."

I suoi occhi si allargano, dispiaciuti e si avvicina abbracciandomi. "Oddio, Sara, mi dispiace tanto."

Mi stringe contro il suo petto per alcuni istanti e io mi lascio stringere, immobile. In fondo lui lo ha conosciuto, credo che le sue parole siano sincere. Quando mi lascia andare gli faccio un sorriso tremante. "Grazie. Ma sto bene... ormai è passato."

Il Cuore ha i suoi TempiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora