capitolo due

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Era già calata la notte quando la macchina si accostò definitivamente di fronte all'hotel che riconobbi dall'insegna, accadde in contemporanea alla mia scelta di assopirmi su quei sedili riscaldati dal mio corpo e che per tutto il tempo avevo scartato per via dell'assente fiducia nei confronti del Signor Styles.

Dopo esser scesa dalla macchina, allontanandomi pigramente dalla comoda postura che avevo adottato precedentemente e affrontando il freddo gelido presente nell'aria, ci inoltrammo all'interno dell'edificio, dotato di una struttura così elevata che per poco si riuscivano a scorgere i piani più lontani dal terreno sul quale pestavamo i piedi.

In tutta la sincerità, l'apparenza lussuosa di esso mi disorientò, a partire probabilmente dalle persone presenti all'interno, che parevano tutte essere dei grandi personaggi, sfoggiando gioielli rigorosi e abiti galanti. Quindi, abbigliata con dei jeans stracciati di un nero sbiadito e una felpa di qualche taglia avanzata, non potei che sentirmi fuori luogo.

In ogni caso, cercai di concentrarmi solo sul seguire il Signor Styles, che al contrario mio non sembrava essere affatto turbato dalla situazione - ma deducevo ne fosse abituato - . Andammo incontro a una donna, o forse fu proprio lei a raggiungerci all'ingresso, ad ogni modo doveva essere una delle addette alla reception, data la sua cordiale professionalità.

"È un piacere incontrarla Signor Styles, stesso per lei signorina" disse, stringendo le sue mani l'una con l'altra.

"Avete per caso delle valigie che potrei portare nella vostra stanza?" chiese, le sue parole provocarono un' improvvisa fitta al mio cuore e mi venne da cercare lo sguardo dell'uomo anche solo per avvertirlo che in alcuna condizione avrei dormito con lui.

"No, la ringrazio" rispose l'uomo.

"Accomodatevi pure ad effettuare il pagamento, allora" rispose lei e mentre l'uomo si avvicinò alla reception con la donna, io rimasi in disparte avendo bisogno di placare il mio turbamento.

Non sarei riuscita a prendere sonno se davvero si fosse appartato nel letto al mio fianco, ma credevo che fosse una reazione comune a qualsiasi persona che si fosse potuta trovare nella mia stessa situazione, dato che fino a prova contraria le sue intenzioni probabilmente non erano state chiarite persino alla direttrice; non che alla donna le fosse mai davvero interessato.

Osservai l'uomo avvicinarsi nuovamente, mantenne lo sguardo diretto sulla mia espressione impaurita per tutto il tragitto che ci distanziava, finché poi non si fermò di fronte alla mia figura; "Possiamo andare" disse con un tono di voce pacato.

Per mia grande fortuna l'ascensore era già stato occupato, di conseguenza ci avviammo al terzo piano salendo le numerose scale del posto; entrambi rimanemmo in silenzio, in modo particolare percepii una vaga tensione, anche più grave della stessa che aveva riempito l'interno del suo suv nero.

L'uomo si fermò all'undicesima stanza del terzo piano, costringendomi a copiare le sue azioni, ma rimasi comunque dietro la sua figura, intanto che venivo presa da uno dei più importanti attacchi d'ansia con cui avessi avuto esperienza. Rivolse il capo sul soffitto e grattandosi il collo, quando poi voltò completamente il suo corpo nella mia direzione, percepii come la sensazione che non fosse proprio a suo agio.

"Se devo essere sincero non mi fido per niente di te, ma non vorrei spaventarti dormendo nella stessa stanza" disse "Quindi ho richiesto due camere, ma in ogni caso, se dovessi avere bisogno di qualcosa avvicinati senza ripensamenti" proseguì.

Presi la chiave della porta dalla sua mano che pendeva nello spazio circostante, quasi certamente mi ritrovai in una situazione di pieno imbarazzo e perciò non riuscii nemmeno a trovare il coraggio di gratificare i suoi sforzi nei confronti del suo affidamento; "Buonanotte" disse, chiudendosi nella sua camera.

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