L'edificio equivaleva in perfezione alla figura del Signor Styles, si imponeva sulle altre strutture con prepotenza ed il colorito nero, che non lasciava alcuna trasparenza, era un po' come il carattere dell'uomo, essenzialmente introverso.
"Mi chiedevo se avesse bisogno di qualcosa da bere o da mangiare" borbottò Paul.
"No- Sto bene, la ringrazio" risposi.
La sua cordialità era capace di mettermi in una condizione di disagio alquanto impegnativa, anche se ero al corrente che si trattasse forse di sola apparenza.
"Si figuri" ridacchiò.
Il suo modo di esprimersi era totalmente differente dalla sua presentazione. Aveva un aspetto contorto, il suo abbigliamento era uniforme e invariato, con un abito da sera. Invece, parlava con un accento confidenziale.
"Ecco- saprebbe indicarmi la strada?" chiesi e lui rise con gentilezza.
"Stia tranquilla Signorina, sarà molto semplice" disse "Deve solo prendere l'ascensore e salire all'ultimo piano" mi spiegò.
"Va bene" mormorai.
"Ora vada, il Signor Styles la starà aspettando" disse, congedando un sorriso.
"Sí, grazie per il passaggio Signor Paul" risposi, iniziando ad incamminarmi.
La costruzione era conforme ad una fortezza, si dimostrava accurato, raffinato, sofisticato in una distinzione impensabile e con colori appartenenti all'insufficienza di raggi solari.
Era gremito di persone, perlopiù donne in attillati vestiti e con una sovrabbondanza di trucco, come a giudicarsi abili modelle, che passavano dalle ambe corsie quasi per inumarmi.
Mi sentivo una zebra in mezzo a dei cavalli con la criniera fluente, intanto che rasentavo affiancandole e concependo con la fantasia che sarebbero potute incespicare con quelle scarpe alte raccapriccianti.
Rimasi tenuta in poca considerazione e ciò mi rese così soddisfatta da elogiare la mia prima relazione ottimistica, derivante dalla flebile fede in mio possesso.
L'ascensore era già carico quando lo chiamai al mio piano, per cui essendo che una giovane ninfa, mi ritrovai impossibilitata di qualsiasi movimento e le persone non si impegnarono ad aiutarmi, bensì pensarono a raggiungere il loro piano.
Parevano grossi lavoratori, accomunati dalla fretta eccessiva che li portava ad un nervoso così evidente, che fui la prima ad accorgermene.
"Che ci fa una ragazzina?" mi venne chiesto, ma non mi preoccupai di rispondere.
Non avrei comunicato con la popolazione se essa si fosse rivolta con un tono così pungente, perciò avevo interagito con Katherine, William ed in parte con il Signor Paul, in maniera quasi significante.
Katherine e William si erano comportati con pura cordialità nei miei confronti, erano stati in grado di non urtare la mia sensibilità e per la maggior parte del tempo si erano presi gioco di entrambi, in qualche modo divertendomi.
Erano stati capaci di farmi provare sensazioni piacevoli solamente parlando e perciò la situazione che si era presentata mi aveva spaventata, perché avrei potuto provare interesse nei loro confronti, per poi venire rifiutata dagli stessi.