capitolo ventitre

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Avevo dovuto spendere un'ora soltanto per ottenere un buon risultato sui miei capelli, infatti dopo essere uscita dalla doccia, li avevo immediatamente asciugati con il phone e la spazzola per riscuotere un effetto piastrato, dato che non possedevo una piastra.

Mi ritrovai a desiderare la sacchetta dei trucchi che ogni donna probabilmente teneva nella sua borsa, perché il mio viso emanava un cenno di stanchezza comunque evidente e avrei voluto rendermi solo un po' decente e carina.

Non avevo nemmeno qualche semplice prodotto per la cura delle labbra, essenziale dato che erano perennemente screpolate e ciò le rendeva più gonfie e rosse del solito, ma in un modo sporco e rovinato, di un aspetto disastroso.

Inoltre, in doccia ero stata obbligata a rasarmi per l'ennesima volta nei specifici punti vulnerabili; qualcosa che da quando conoscevo Harry Styles era divenuta una sorta di routine settimanale, anche se in realtà non aveva mai reso esplicita la sua opinione in proposito.

Quindi, avevo sfruttato al meglio le opportunità che avevo avuto per rendermi accettabile, con dei metodi chiaramente primitivi per la cultura del presente, eppure stavo ripercorrendo gli stessi passi all'interno della mia stanza da qualche tempo, cercando di ricordare in quale assurda maniera fossi riuscita a rimanere in piedi sui tacchi, l'ultima volta.

Mi guardavo allo specchio mentre mettevo un piede dietro l'altro e sembrava semplicemente che avessi un palo tra le chiappe, talmente rigida e impacciata fossi. Allora percepii un vago nervosismo prendere il sopravvento e finii per uscire a fumare nella terrazza, provando poi a placare la mia agitazione.

Era egualmente complicato incontrare dei ricchi e sfacciati affaristi, anche se avevo avuto già l'occasione di passare un'intera serata con loro, perché vi era una sorta di competizione nel raggiungere il ruolo più importante tra la folla e tramite i loro sfacciati modi, erano capaci di orientarti in una inferiore situazione di disagio.

Sembrava qualcosa di orribile, da questa prospettiva avrei potuto definirli dei sadici bastardi, pur non conoscendo la personalità di ognuno. Comunque, era una perdita di tempo lamentarsi fino a questo punto, dato che non avrei cambiato la situazione in questo modo e molto probabilmente avrei enfatizzato l'ascesa di un angosciante rumore all'interno della mia mente.

Allora finii di fumare e tornai sul letto, leggendo i messaggi di intrattenimento che mi avevano lasciato William e Katherine, conoscendo le mie complicate condizioni; ma avevo come l'impressione che fossero più interessati al legame tra il Signor Malik e Harry, perché di fatto non avevano smesso di parlarne dal giorno in cui lo avevo raccontato.

Sospirai appena prima di vedere il mio tutore introdursi all'interno della mia stanza, presentando la sua figura con un elegante completo sofisticato, quale metteva in risalto la sua permanente bellezza quasi come una divinità, rendendolo di un aspetto poco più che provocante. In verità, era appagante guardarlo.

"Sei così femminile che non ti riconosco" commentò osservandomi e facendomi alzare gli occhi al cielo, mentre sollevavo il mio fondoschiena dal comodo e accogliente materasso del mio letto.

Sul suo volto si prolungò un ghigno, ma in un modo quasi come se fosse stato dipinto su uno sfondo abbondante di malizia e intanto si avvicinò, toccando il mio viso con le sue mani grandi, cosicché ricoprisse le mie guance emananti un estenuante calore improvviso. Lo osservai confusa, provando a capire quali fossero le sue intenzioni. "Che c'è?" chiesi.

"Sei graziosa" borbottò nel momento in cui ci osservammo attentamente e le sue parole ottennero un allarmante effetto su di me, poiché per poco non soffocai davanti ai suoi stessi occhi o caddi a terra per la pesantezza delle mie emozioni.

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