capitolo tredici

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Gli occhi avvolti da un rossore invadente, aggirati da violacee occhiaie con un evidente gonfiore e il borgo delle labbra incoronato da croste ferite.

I capelli sfatti, annodati in una vecchia crocchia che appena li teneva ancora uniti, nascosti dal copricapo della felpa nera che indossavo.

Il mio stato d'animo oppresso veniva chiarito da un aspetto malandato, che ricopriva il mio personaggio durante un giorno importante della mia vita.

Mi trovavo ormai all'ultima ora precedente il pranzo con un'evidente difficoltà inerente la concentrazione e anche solo a delineare le parole dell'insegnante.

Mi sentivo ansiosa poiché non ero preparata all'idea
che la mia esistenza avrebbe avuto un procedimento così contrario alle mie aspettative.

In differenti occasioni avevo immaginato di subire il suo tocco sul mio corpo, ma il mio pensiero non era mai giunto alla visione di una rara realtà.

Le sue regole tenevano stretto il mio cuore, il quale era stato gremito di emozioni e perciò lo ritenevo la condanna del mio animo suscettibile.

Ero cosciente della malizia che conservavo nei suoi confronti, ma talvolta ero così scossa dalla vergogna che il mio orgoglio veniva posto in primo piano.

La notte aveva preso una durata ingestibile, in modo che la mattina seguente avessi un risveglio doloroso per via dei miei occhi lacrimanti.

Era la prima volta che una persona era stata capace di infrangere le mie previsioni e in verità, non avevo bramato l'esperienza.

Nemmeno ero in grado di concepire la ragione per la quale il mio animo fosse in tal modo devastato, così mi rattristai a tal punto da oscurare il mio viso.

Pensavo solo che se avessi avuto un rapporto con il Signor Styles, avrei dovuto demolire le condizioni di cui la mia vita aveva fatto parte.

Mi spaventava l'idea di dover cedere ad un tentativo di impeto, perché il Signor Styles aveva irrotto nella mia vita d'impatto, così annientandola.

Eppure al momento un tale presupposto aveva preso una forma differente dal brutale, come in passato si sarebbe indubbiamente formato nel mio pensiero.

La situazione in realtà era un po' ironica, poiché non essendo nella posizione di scegliere, Styles mi stava costringendo a ridurmi sotto il proprio dominio.

Quindi la questione non ricadeva in un'accettazione, nell'approvare nuove sensazioni, bensì riguardava la concezione di dover abbattere la vergogna.

E non possedevo l'adeguata valutazione positiva dei miei requisiti, perciò mi avvinghiavo ad un accorato sentimento che il mio cuore subiva.

"Lo sta facendo di nuovo" ascoltai la voce di William in uno stato di soprappensiero.

"Marisol" il viso di Katherine occupò la visuale della vita scolastica, in qualche modo rasserenando il mio cuore seppur con limitazione.

"Daddy" farfugliai, con gli occhi sopraffatti e di un tale affaticamento da rendere vivaci ai suoi occhi le mie più colorate emozioni.

"Daddy?" ripeté William, facendomi accorgere di ciò che mi era passato per le labbra.

"Non è nulla" affermai in cerca di un ritiro delle mie parole, tuttavia percepii il calore di Katherine dalle sue mani poggiate sulle mie spalle.

"Cosa c'è che non va?" mi chiese.

"Non sono sicura di volerne parlare" dissi, tradendo i suoi buoni gesti nei miei confronti.

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