capitolo sei

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Erano le prime ore del mattino quando mi svegliai - evidentemente, l'abitudine di levarmi presto dal letto non aveva nemmeno vagamente sfiorato l'idea che potessi dilungarmi nel riposo, in modo da ammorbidire la mia condizione-.

Rilasciavo ormai sospiri prolungati nella monotonia del mio pensare, avevo un'oppressione così chiara in mente, da lasciarmi spaesata alla visuale dei primi raggi solari. E pure questi, così raggianti e vivaci, mi lasciavano una lamentosa agitazione, poiché in un silenzio talmente assordante, non ero in grado di procurarmi nemmeno un punto di consolazione.

Il mio viso pareva che potesse essere costituito esclusivamente da colorazioni cupe, che semplicemente ricordavano sensazioni anomale e superstiziose. I miei occhi, con il passare del tempo, si erano impossessati di un rossore largamente distinto dall'aspetto comune. Poi le labbra increspate e le occhiaie che andavano sempre più a solcarmi il volto, così oscure in confronto alla mia carnagione pallida e lucente in un modo differente.

Pensavo che l'afflitto nei miei confronti si potesse riconoscere anche solamente osservando la mia indifferenza nell'espressività. Riconoscevo la mia tristezza e il mio intelletto distaccato, in quanto preferissi rendere conto al mio stato d'animo di conoscere il corrente.

Avevo passato un momento di estrema malinconia la notte precedente, una volta aver violato l'ingresso dell'appartamento del Signor Styles, il quale in realtà era un lussuoso attico nel pieno centro di New York.

Emanava un'atmosfera introversa, cupa, quasi con ostinazione, e così dicendo mi riferivo allo sfondo generale della residenza, composto dalle pareti bianche, l'immobile in marmo, la pavimentazione in parquet e le finestre panoramiche. In questo modo, distinguendo le rifiniture complessive, mi ero accorta di quanto potessimo essere simili io e il Signor Styles da questo punto di vista.

Inoltre, ero rimasta qualche minuto fuori dalla porta della mia stanza, ansiosa di conoscere il suo aspetto. Ero prontamente nervosa, poiché era la prima volta che mi trovavo in una vera casa ed era complicato pensare che avrei passato le mie giornate in un luogo accogliente, secondo i miei preferiti.

Perciò, non appena ero entrata, le mie gambe avevano iniziato a tremare, cosicché avevo deciso di soffermarmi proprio all'ingresso, ascoltando il mio cuore palpitare di continuo, con un ritmo sempre più veloce, e rilasciando dei tormentati sospiri nell'aria.

Avevo osservato le sembianze della camera, come fosse stato possibile che una tale potesse essere la rappresentazione del mio animo, nonostante non fosse stata la sottoscritta a disegnarla.

Il Signor Styles mi aveva messo a disposizione persino di un televisore, che probabilmente in orfanotrofio avrei potuto trovare esclusivamente nella sala mensa. Era davvero grande, forse poteva occupare un quarto dell'intera parete che rientrava nella visuale dal letto.

Invece, le pareti erano di una colorazione che non sapevo identificare, ma era chiaro che potesse rappresentare l'oscurità della notte. I mobili in legno bianco, d'un aspetto raffinato, creavano un contrasto piacevole da notare ed infine, un'enorme porta finestra che portava ad un terrazzo.

Proseguendo, il Signor Styles mi aveva anche spiegato chiaramente che aveva organizzato le stanze dell'attico in modo che nelle nostre rispettive camere potessimo usufruire di un bagno personale.

Il design del mio pareva essere abbinato alla camera da letto, infatti si contrastavano solamente le due colorazioni che dominavano e avevo incontrato nel primo ambiente. Per il resto, era un semplice bagno con le strutture igieniche e ad un'ampia vasca nera con degli asciugamani bianchi riposti su essa.

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