capitolo sette

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La prima sigaretta del giorno era sempre la preferita, a mio parere.

La testa si alleggeriva in qualsiasi situazione potessi trovarmi, paragonabile alla sensazione della quale usufruiva il corpo.

Probabilmente le gambe avrebbero potuto cedere e il respiro mancarmi, ma pensavo che non fosse dovuto al fumo, bensì all'ansia che stavo provando.

Mi trovavo difronte all'ingresso della scuola per frequentare le mie prime lezioni, ma non intendevo che fossi pronta ad affrontarle, non lo ero affatto.

Non riuscivo a credere che nemmeno una settimana fa mi trovavo in un collegio di orfane, e invece ora a dover sostenere il mio primo esame sociale.

I miei occhi pesavano come scogli, la notte infatti non ero riuscita a prendere sonno per via dell'adrenalina in circolo e così le mie occhiaie erano riuscite ad evidenziarsi in modo più dettagliato, anche se in realtà non rappresentavano un problema.

Provavo per la prima volta una sensazione tormentosa a tal punto da istigare la nausea, ed era una percezione che favoriva a rendermi nervosa, poiché se avessi rigettato realmente, avrei attirato l'attenzione degli studenti e i pensieri paranoici avrebbero ossessionato la mia mente fino allo sfinimento.

Avevo già sentito il suono della campana e notato gli studenti avvinghiarsi tra loro, creando una folla prolungata, ma prima volevo finire di fumare. Quindi presi il tempo di godermi la quantità di nicotina, con ristretti passi e lunghi sospiri.

Il Signor Styles mi aveva detto che sarei dovuta andare spedita in classe il primo giorno, poiché oggi la preside non sarebbe stata presente. Ella era desiderosa della mai conoscenza, aveva spiegato, e il giorno seguente avrebbe cercato uno studente che potesse accompagnarmi in giro per l'edificio.

Perciò, l'uomo mi aveva procurato gli orari delle lezioni e il codice dell'armadietto in precedenza. Così mi ritrovai ad avanzare per l'edificio, incatenata tra gli studenti, cercando l'alloggio dei miei futuri libri.

Mi muovevo con passi ambigui, quasi da imitare un mollusco galleggiante, sperando con una totale serietà che il mio nervoso non fosse così evidente e notando come la mia corporatura rabbrividisse ad ogni occhiata curiosa che avvertiva dai passanti.

Risparmiai le mie paranoiche lamentele non appena arrivai di fronte all'armadietto, dove poi poggiai gli unici libri che possedevo. Avevo storia alla prima ora e, anche se non possedevo alcun senso d'orientamento, iniziai a vagare per il corridoio.

Riuscii a trovare la carta dell'istituto, scoprii che le lezioni previste per gli studenti del terzo anno si trovassero al piano superiore rispetto a quello in cui passeggiavo e così salii per le scale.

Fu semplice trovare poi l'aula, poiché era la prima del corridoio a sinistra, ma era da ammettere comunque che ci fossero numerose classi in tutta la scuola e che essa stessa fosse un edificio inverosimilmente sproporzionato.

La porta era aperta e sembrava che ancora mancassero molti studenti, per il fatto che la classe fosse riempita che da pochi individui. Varcai l'ingresso senza alcuna aspettativa e con il solo programma di posizionare il mio culo sulla sedia che affiancava la finestra, all'ultimo banco.

Le persone mi osservano senza una minima indiscrezione, a tal punto da lasciarmi un'irritazione coinvolgente e costringendomi a pensare che avrebbero potuto abbandonare la loro curiosità nell'occulto. Non avevo alcuna intenzione di essere l'attrazione dei loro occhi, così camminai veloce.

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