Il cuore mi batteva interrottamente, il battito era così forte, a tal punto da farsi sentire nel silenzio totale, impostatosi nello spazio ridotto del bagno personale affidato al Signor Styles.
Ero decisamente pallida, con due occhiaie evidentemente profonde e le labbra screpolate, rosse, al limite dal sanguinare, per quanto mi fossi fissata sul torturarle.
Sentivo come la vergogna aiutasse il contenuto del mio stomaco a refluire fino alla bocca, in quanto quell'uomo creasse situazioni improbabili, capaci di procurarmi imbarazzo fino a questo punto.
Inizialmente ero stata costretta a comprare degli abiti di estesa fama contro il mio interesse, e con questi ora il Signor Styles mi obbligava a sfilare di fronte a lui.
Aspettava, infatti, seduto sul letto matrimoniale posto al centro della sua stanza d'albergo, tra un armadio e un comò in legno pregiato, di osservare come indossassi le felpe e i jeans che avevo scelto nei negozi della strada circondante l'hotel in cui stavamo alloggiando.
Questi eventi mi inchiodavano in una condizione scomoda, in modo abissale quando ero cosciente di dover comparire come il centro dell'attenzione.
Tuttavia, dacché sospettavo che il mio tutore si divertisse nel notare il disagio altrui, imposi a me stessa di custodire il mio rossore, non appena varcai la soglia della stanza da letto.
Ci adocchiammo entrambi, ma fu questione di pochi unici minuti, poiché poi il suo sguardo cominciò a sostarsi sul mio vestiario. Calò per primo sul maglione, Burberry, un semplice collo alto appena abbondante e di un colorito poco scuro, tendente al grigio. In seguito, si soffermò sui jeans, Levi's, i quali avevano la vita un po' alta, rigorosamente neri.
"Girati" mormorò, poggiando i gomiti sulle cosce, era posto con le gambe incrociate.
Osservando la porta del bagno, dopo essermi voltata, assaporai la sensazione dell'indossare la sua visuale sulla mia strutturata carne, coperta da quei teneri tessuti; il presentimento di sciogliermi sotto il suo sguardo, con tutto quel calore accumulato.
"Stai bene" mormorò e sembrò come assolto in pensieri sconosciuti.
"Devo davvero provare tutti quegli abiti?" chiesi, una volta tornata ad averlo di fronte.
"Che problemi hai a riguardo?" chiese a sua volta.
"Beh, non lo ritengo tanto necessario" risposi, lasciando poi uno sbadiglio.
"Va bene, allora non farlo" disse "Non abbiamo neanche il tempo, dobbiamo lasciare le stanze all'una, quindi ora" poi.
Annuii, non saprei neanche per quale ragione, in ogni caso poco dopo tornai al bagno, decidendo di non ricambiarmi per questioni di tempo, e recuperai tutti gli abiti che avevo portato fuori dalle sacche dei negozi. In seguito, entrambi uscimmo sia dalle stanze che dall'edificio in cui avevamo alloggiato la notte, una volta aver ringraziato la gentilezza del personale.
"Sarà il caso di andare a mangiare qualcosa, va bene?" chiese, rumoreggiando con le chiavi.
"Sì" risposi, osservando le persone circostanti.
Quella in cui ci trovavamo, era davvero una città affollata. In ogni singola strada, non potevi evitare la considerazione di tutte quelle figure che camminavano in direzioni distinte. Per prima avevo iniziato a riflettere su ciò, non appena avevo percepito la sensazione di essere controllata.