capitolo ventidue

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"Si tratta di un incontro fra speculatori, devo parlare con uno di essi in particolare, ma penso che potresti trovarti bene questa volta, perché ci sono altri giovani" parlò, mantenendo lo sguardo diritto verso la strada trafficata.

"Perché devo venire con te?" borbottai, dato che avevo ben poca voglia di ritrovarmi in una situazione simile all'ultima, ciò nondimeno mi sentivo così stanca che avrei fatto qualsiasi cosa pur di rimanere nell'appartamento la notte.

"Non posso lasciarti da sola per troppo tempo, poi la tua figura tiene lontane le mogli civette degli altri che ci provano esplicitamente con me" rispose, ma in realtà non parlò vantandosi di quanto potesse essere bello.

"Sono il tuo spaventapasseri" accennai ironicamente, in risposta mi sorrise ampliamente non appena ci fermammo al semaforo e lo trovai così carino con quelle sue fossette agli angoli della bocca, che lievemente mi fece arrossire.

"Penso sia più corretto dire spaventa-passere" disse, facendomi sorridere e ruotare gli occhi al cielo in contemporanea, sentendomi d'un tratto così timida e imbarazzata da non riuscire ad aggiungere altro, anche se non era necessario in effetti.

Qualche minuto più tardi ci fermammo di fronte ad uno dei tanti celebri negozi di marca, parcheggiò la macchina nel primo posto che trovò libero, dato che in quel giorno di pieno sole impetuoso le persone avevano deciso di affollare le strade in modo soffocante e irrequieto, parlando dei propri affari così forte che avrei potuto ascoltare un'intera conversazione loro.

Non avevo così tanta voglia di uscire in città nel pomeriggio, ma non avevo avuto altra scelta, dato che Harry mi aveva quasi buttata giù dal letto; infatti mi aveva svegliata in pieno pomeriggio per farmi mangiare un paio di uova cotte con il bacon, perché dovevo prepararmi alla serata che si sarebbe dovuta svolgere alle dieci di sera del giorno successivo.

Credevo di non avere una buona cera proprio per questo motivo; i miei capelli erano raccolti in una crocchia sfatta, poi le labbra screpolate e il Signor Styles mi aveva lasciato di sua spontanea volontà un paio di suoi occhiali da sole per poter nascondere il gonfiore dei miei occhi, dovuto al sonno che ancora incombeva nel mio corpo, procurandomi un fugace dolore alla mente.

Prada era la marca del vestito che ancora dovevo scegliere, ma all'interno del galante negozio era complicato riuscire a trovare un abito semplice come l'avevo immaginato nella mia testa; il mio modello ideale non doveva essere lungo, perché molto probabilmente sarei inciampata sulla stessa stoffa che avrei indossato, inoltre volevo un tessuto monotono, senza varie incisioni sul petto - anche se questa era più che altro una simpatia individuale, in realtà -.

"Questo può andar bene?" mi girai per guardare l'uomo indaffarato con una delle tante bionde commesse del posto, entrambi ricambiarono il mio sguardo e la donna mi dedicò un incantevole occhiata di cortesia.

"Vorresti provarlo?" chiese la bionda, accennando un sorriso e per un momento pensai come rispondere, mentre mi tornavano in mente i ricordi dell'ultima volta durante la quale ero entrata in un camerino e rabbrividii ascoltando il suono della voce profonda dell'uomo "Se è possibile, la ringrazio" disse.

"La small dovrebbe andarti bene, ma portiamo anche la medium per sicurezza" disse la donna, posando lo sguardo sul mio irriconoscibile e formulabile seno, ma non utilizzò un tono impertinente e capii fosse solo un commento professionale senza alcune finalità secondarie.

Cominciai a provare la taglia più piccola, come mi era stato consigliato anticipatamente dalla signora; provai un po' di freddo quando effettivamente realizzai che il vestito avesse le maniche corte e mi ricondussi quindi al momento in cui mi sarei ritrovata a sbattere i denti per il fresco l'indomani, all'interno di una stanza che ospitava importanti personaggi.

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