capitolo venticinque

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Harry aveva dei problemi seri a livello comportamentale, a volte era seriamente preoccupante e francamente anche abbastanza contraddittorio per quanto mi riguardava; questo era ciò che avevo pensato continuamente in questi ultimi giorni, dopo la nostra prima scopata.

Da quella notte, in cui erano susseguiti emeriti minuti e quasi un'ora di silenzio dopo averci toccato l'un l'altro, Harry era più scontroso del solito e di conseguenza anche più irritante, ma soprattutto era diventato violento.

Mi riferivo più ad una violenza sessuale, in quanto non fosse ancora mai capitato che mi mettesse le mani addosso in modo brutale; sembrava quasi frustrato e soprattutto tormentato da qualche pensiero.

Non sapevo il perché e mi veniva dannatamente difficile riuscire a capirlo, ma avendo un orgoglio così ampio fingevo allo stesso tempo una totale indifferenza, anche perché ciò che faceva alcune volte moltiplicava la mia eccitazione.

Quando ci pensavo non sapevo nemmeno da dove iniziare, dal momento che i miei pensieri partivano da un perché e non ricevevano risposte se non con altri perché, così da diventare una successione di momenti confusionali e nervosi.

La mia mente era smarrita perché in fin dei conti sapevo che stesse per accadere qualcosa di chiaramente terribile e lo sentivo, ma quando andavo a letto con Harry, la mia capacità di ragionare si annebbiava vagamente e preferivo semplicemente concedermi quei pochi quarti d'ora di piacere.

Ripensai alla mia situazione e finii per offendermi nei confronti di Harry, del suo comportamento, perché sentivo che mi stesse obliando qualcosa di importante. Non ci riflettei più dopo aver varcato la soglia della dimora di William.

All'ultimo avevamo pensato di vederci insieme anche a Kath, dato che lui aveva casa libera e ciò avrebbe significato, anzi assicurato, una bella e spensierata bevuta tra amici. Era passato lui a prendermi e mi avrebbe anche riaccompagnato solo se ne fosse stato in grado, più tardi.

Tutti ormai ci consideravamo grandi amici e lo eravamo in modo così stretto che a volte ci capitava di odiarci, litigavamo di continuo, arrivando a riappacificarci poco dopo con qualche altra risata, perché sapevamo che non ne valesse la pena.

Avevo bevuto così tanto che mi veniva difficile riuscire a camminare normalmente, passo dopo passo, senza che una delle due gambe cedesse e si rammollisse come il tentacolo di un mollusco, un po' come la mia lingua, la quale sciolta non mi permetteva di emettere normali parole.

Mi ritrovai nella stessa condizione non appena rientrai a casa, cercai la luce del salone e infine mi girai verso i miei due amici ancora sulla strada; Kath probabilmente era messa peggio di me, mentre William era appena allegro. "Buonanotte" gridai a grandi risate, prima di chiudere la porta e trovarmi a faccia a faccia con uno dei tanti demoni che il diavolo aveva intromesso nella mia vita. Almeno era un demone bello, pensai.

Da un sorriso sgualcito passai a propormi con una totale serietà, quale a dirla tutta non mi riusciva più di tanto guardando la sua faccia antipatica. "Che c'è?" chiesi, cercando di superarlo, ma mi bloccò con le braccia.

"Guardati, sei ubriaca fradicia e sono le due del mattino" era palesemente incazzato, anche se di preciso non riuscivo a trovarne il motivo, e non solo per il fatto che fossi marcia.

"E allora? Il patto-" mi bloccai un secondo, roteando gli occhi e riprendendo fiato "Il patto dice che posso fare quello che voglio" affermai, alzando le spalle.

"Ti ho detto di rientrare presto" rispose, alzando un sopracciglio con arroganza. "E quindi? Non l'ho fatto di proposito!" sbraitai, seppur pentendomene.

La sua faccia assunse un'espressione poco più che terrificante e la sua mano agguantò il mio muso in pochi minuti, stringendolo e tirandolo verso di sé, cosicché finii per buttarmi sul suo corpo, poggiando le mie mani sul suo duro petto.

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