capitolo ventiquattro

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Non riuscivo nemmeno a scorgere la sua figura per intero nel buio di quella stanza ed ero cosciente del fatto che in compagnia di un tale personaggio come lui, bisognasse andare ben oltre la mia semplice agitazione.

Non avevo davvero fatto nulla che potesse urtare la sua sensibilità, anche se per un momento avevo pensato di sottovalutare il suo principale regolamento e lasciar vagare la mia mente in qualche drink  alcolico.

Perciò ero decisamente nervosa all'idea di scoprire il volto delle sue reali intenzioni, la sua mente poteva nascondere una raggelante slealtà, capace di farmi raddrizzare i peli degli arti al solo e misero pensiero che arrivasse alla luce delle mie conclusioni.

"Perché sei così preoccupata?" chiese, avvicinando una mano sul mio volto, dove lasciò delle leggere carezze.

"Sembra che tu voglia punirmi, ma non riesco a scovarne il motivo" farfugliai, permettendo ai suoi movimenti di toccare la mia lucidità.

"Non hai fatto nulla di male e perciò voglio solo regalarti del piacere, per una volta" rispose, accorciando la distanza che ci separava.

La sua mano cadde di colpo dal mio volto, calò sul suo fianco finché non si poggiò sulle mie mutande, alzando semplicemente il vestito e fu così svelto che lentamente mi accorsi di quel che piacevolmente stesse facendo.

"Ho aspettato così tanto tempo per farti sentire bene, non mi hai mai dato l'occasione" borbottò al mio orecchio, mentre le sue dita recuperavano quel pesante stimolatore dalla mia intimità.

"C'è un mobile dietro di te, prova a sedertici sopra" illustrò, mentre con lentezza cominciavo ad eccitarmi, percependo le mie pareti sempre più bagnate.

Le mie mutande scivolarono sul pavimento, esattamente come il suo volto ricadde tra le mie gambe, che aprì con uno schietto e agghiacciante movimento delle mani; le sue dita cominciarono a toccarmi, sembrava quasi come se stesse giocando con il mio piacere, ma in realtà era così gradevole e severo che nemmeno ci feci caso.

Il mio petto si alzava e abbassava faticosamente, finché poi le sue labbra baciarono il mio punto più sensibile e la mia schiena fu addolorata da una serie di amabili vibrazioni; il mio cuore si riscaldava mentre la sua lingua scendeva e risaliva, succhiando avidamente il mio clitoride e rendendomi sempre più lieta dei suoi calorosi modi accoglienti.

Mi sentii avvampare mentre con disattenzione tentavo di seguire il lento movimento della punta della sua lingua, in quanto fosse qualcosa di gloriosamente estremo e appagante; in quel complice silenzio dentro la stanza, i miei sospiri si fecero sentire man mano sempre più pesanti e mi resi conto di aver bisogno di migliori sensazioni soddisfacenti.

Mi distesi meglio su quel mobile, poggiando la testa sulla parete rabbuiata dall'assenza di luminosità dentro quel buco e spinsi la sua figura nella mia direzione, facendo pressione con le gambe sui suoi glutei e ottenni il suo viso a poca distanza dal mio, senza riuscire a notarlo perfettamente, ma percependo il suo respiro scontrarsi sulla mia fronte.

"Ti supplico" sospirai al suo orecchio, stringendo il retro del suo collo e credevo con certezza che lui fosse pienamente al corrente di quello che volessi intendere.

"Vorresti essere scopata?" chiese al mio orecchio e il suo tono apparve terribilmente soddisfatto, esattamente come mi aspettavo.

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