Stoick

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« Papà! ».

Stoick alzò la testa dall'ascia che stava affilando e vide suo figlio, Hiccup, corrergli incontro. Gli occhi verdi erano leggermente arrossati ed i capelli bruni tutti scompigliati.

« Hiccup come mai sei ancora in piedi? È molto tardi ».

« Lo so ma ... ho fatto un brutto sogno » sussurrò il bambino di cinque anni.

Hiccup camminò verso l'uomo e si appoggiò alle sue ginocchia: « Mi racconti una storia? ».

Stoick sorrise intenerito, appoggiò l'ascia sulla panca e prese in braccio il figlio: uno scricciolo tra le sue grosse braccia. Salì le scale che portavano al soppalco e sistemò il figlio sotto le coperte.

« Allora -Stoick si sedette sul lato- cosa hai sognato? ».

« La mamma, quando è andata via » sussurrò Hiccup.

Il vichingo accarezzò la testa del figlio: « Mmm, posso dirti un segreto? -Hiccup annuì- Anche io faccio questo sogno ».

« Perchè? ».

« Hiccup le persone che amiamo rimangono sempre con noi, anche se non le vediamo con i nostri occhi » spiegò Stoick, sorridendogli con dolcezza.

Il bambino restò in silenzio, fissando il padre con un'espressione particolare sul volto, forse confuso o forse no. Si alzò in ginocchio ed abbracciò di slancio il vichingo. Stoick sorrise, stringendo a sé il figlio. 

« Papà ... tu non mi lascerai mai, vero? ».

« Si Hiccup, ti starò sempre accanto ».


***


Tu non sei mio figlio.


Stoick osservò il figlio, sdraiato su quel letto: il volto ferito, una gamba mozzata, il respiro quasi impercettibile. Si appoggiò allo schienale della sedia, mentre l'immagine di Hiccup che precipitava tra fiamme si fece nitida.

Appoggiò una mano sulla fronte, percependo il calore, segno che la febbre si fosse alzata. Sospirò, poi alzò lo sguardo e vide il drago nero, la Furia Buia, che aveva salvato la vita del figlio. Sdentato, così l'aveva chiamato Hiccup.

« Oh non ti crucciare Stoick -Skarakkio gli appoggiò una mano sulla spalla- se la caverà, è un ragazzo forte, e lo sai ». Il capovillaggio non rispose, limitandosi ad un sorriso forzato. Il vecchio fabbro sospirò, così prese le sue cose ed uscì.


Stoick rimase a fissare il figlio, così giovane e piccolo rispetto agli altri vichinghi. Era sempre stato le pecora nera del villaggio, non assomigliava a nessuno della sua età, e nonostante tutti gli sforzi, il capovillaggio sembrava non capirlo.

Fino a quel giorno.

Vedere il figlio volare sopra un drago--non uno qualsiasi, ma una Furia Buia--e riuscire a porre fine alle razzie, in pochi attimi, rispetto al suo popolo che da secoli cercava una risposta, portò il suo cuore a provare sentimenti misti.

Orgoglio, che solo un padre --dopo aver visto il figlio sacrificarsi per il suo popolo-- poteva provare. Rabbia, contro sé stesso, per non aver capito quanto Hiccup cercasse la sua approvazione. Timore, inconsapevole di sapere se suo figlio avrebbe vissuto un altro giorno. Amore, quello sempre, ed incondizionato.

Stoick si alzò in piedi, avvicinandosi al letto, e rimboccò le coperte al figlio. Prese il pezzo di stoffa bagnata e l'appoggiò sulla fronte calda di Hiccup.

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