Capitolo 13

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Il primo a svegliarsi fu lo scorbutico Otto Jensen, il quale, giunto in quella che fungeva da sala comune, non mancò di notare la coppia che condivideva il suo letto.
-Maledetti..- bisbigliò raddrizzando la dentiera, diede loro le spalle e si avviò verso il modesto piano cottura. Non c'era nessuno in grado di preparare le uova esattamente come lui le desiderava, per cui tanto valeva fare da solo. Non fu certo delicato nel cercare casseruole, padelle, piatti, posate e bicchieri. Il che interruppe i sogni di Annabel.

Lei, aprendo prima un occhio e poi l'altro, credette di essere avvolta dalle braccia d'un angelo: il letto non era dei più comodi, questo si, ma il calore e la presenza del corpo di Dorian avevano fatto di quella sventurata dormita un esperienza talmente piacevole da farle desiderare di non abbandonare più il letto.
Tuttavia, non appena la sua mente ebbe il tempo di passare in rassegna dettagliatamente tutti i fatti della sera precedente e il vecchio presente nella stanza, decise di abbandonare il bozzolo protettivo.
Fece del suo meglio per sposare il braccio di Dorian (l'ultima cosa che voleva era svegliarlo o fargli male), districare le proprie gambe da quelle di lui e cercare di non pensare a come il profumo di pioggia e foresta avesse quasi del tutto annebbiato quello tipico dell'uomo con il quale condivideva il letto.
-Non andare..- sussurrò una voce assonnata e roca più sul suo collo che all'orecchio, e come conferma di quella supplica il braccio che lei aveva tanto accuratamente tolto, le riavvolse la vita. -è troppo presto.- Annabel fece del suo meglio per pensare a qualcosa che la facesse uscire di lì senza creare scenate.

Non disse nulla, semplicemente riprovò ad andarsene e questa volta nessuno la fermò. Sapeva di averlo ferito, ma non poteva pensare a come si sentiva Dorian: dovevano raggiungere Malgalad e gli altri prima che li credessero sperduti.
-Buongiorno Signor Jensen.- disse avvicinandosi al vecchio. Quest'ultimo la degnò appena di uno sguardo bieco, prima di metterle in mano un recipiente.

-Si..- borbottò prendendo un cesto di vimini e quindi facendole segno di seguirlo fuori dalla porta -Avevo capito che volevi dormire per terra.- la punzecchiò mentre le faceva strada, il passo malfermo, sul retro della casa. Annabel ebbe la possibilità di studiarla meglio, il sole non era ancora sorto ma l'ora più buia della notte aveva lasciato spazio ad una coltre blu-grigio che permetteva di distinguere meglio il villaggio.
La casa era un insieme di mattoni ricoperti di grigio cemento, e dove il muro aveva ceduto avevano provveduto con assi di legno marcio e mangiato dalle termiti, cosa che non differiva molto da casa a casa. Un unico viale di terra battuta attraversava il villaggio. S'inoltrarono nel fango per raggiungere un piccolo capanno di legno e paglia.

Non c'era nulla che potesse dire in sua difesa, ed il vecchio, intuendolo, proseguì: -Ho un letto piuttosto comodo, non trovi?-

-Faremo del nostro meglio per metterci in contatto con qualcuno, ce ne andremo il prima possibile.- gli rispose mentre il vecchio, con l'ausilio di uno sferragliante mazzo di chiavi, aprì la minuta porta.

-Oh, e non usare quel tono offeso con me, signora. Forse i tuoi ricchi genitori ti hanno sempre fatto avere tutto, ma io sono diverso. Non sopravvivresti nemmeno un giorno con il sottoscritto.- Annabel morse l'interno guancia per trattenersi. Non che le risultasse troppo difficile, le avevano detto di peggio. -Io penso alle uova, tu puoi pensare al latte.- quindi le indicò il mazzo di chiavi che avrebbe dovuto usare per aprire la seconda porta. Annabel lo fece, credendo di trovarsi davanti un recipiente dal quale attingere: invece avrebbe dovuto mungere direttamente la mucca.

Non riuscì a trattenersi dal ridacchiare mentre afferrava il piccolo sgabello e si avvicinava all'animale ruminante. La stalla era piena di melma, cosa che le fece intuire che non venisse pulita da parecchio, la mucca stessa, vivendo in un ambiente simile, non era delle più linde, tuttavia non si fece problemi ad accarezzarle il collo e la schiena. Venne del tutto ignorata, fatta eccezione per lo sguardo assonnato del quadrupede. Quindi si mise seduta, il recipiente sotto le mammelle, fece del proprio meglio per non sbagliare nulla. Faceva così freddo che il latte usciva fumando dalle mammelle e perfino quel dettaglio la fece ridacchiare. Continuò a mungerla con un ritmo costante, trattenendo le risate provocate dalle chiacchiere che il vecchio faceva con le galline.

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