Capitolo 1

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Il cerca persone suona ininterrottamente svegliandomi.
Dice: incidente stradale così mi precipito in pronto soccorso.
Appena arrivata c'è un via vai di medici e matricole che si preparano all'arrivo dei feriti.
Una voce mi riporta alla realtà così mi volto per associarla ad un viso.
"Ehi, bellezza. Hai da fare dopo?"
"Mike, me lo chiedi ogni giorno e io, ogni giorno, cosa ti rispondo?!" Gli domando con un sorrisetto esasperato.
"No" risponde rammaricato.
"Esatto, Mike, esatto. Ed è un 'no' anche oggi."
"Io non mi arrendo!"
"Questo è lo spirito giusto... ma non da utilizzare con me. La risposta sarà sempre la stessa." Gli urlo allontanandomi da lui.
"Potresti pure dargli una possibilità, poverino. Non è male.  - Esordisce Alex seguendolo con lo sguardo. - Un drink al bar. Lo illudi e poi lo stronchi. Così la smette una volta per tutte." Termina mimando dei gesti con le mani.
"Lo sai Alex, non sono il tipo." Rispondo riordinando le cartelle.
"Lo so, Greta. Però devi anche capire che sei qui da sei mesi e ancora non sei uscita con nessuno. Pure il fico di radiologia ti ha chiesto di uscire e tu hai declinato l'invito."
"Non è che per forza debba uscire con qualcuno."
"No, no, certo che no. Però non hai manco un ragazzo e..."
Mi blocca le mani.
"... Smettila di riordinare le cartelle. Sono a posto!"
Mi volto a guardarla.
"

Sono nervosa. Vado avanti a caffè da quarantotto ore. Ho bisogno di una dormita."

Alex fa per aprire bocca ma viene interrotta dall'arrivo di uno dei feriti che viene trasportato in sala trauma.
"Alex ci vediamo dopo."
"E finiamo di parlare!" Mi urla.
"No, non dobbiamo. Il discorso è chiuso" dico facendole un sorrisino.
Per poco non vado a sbattere contro uno dei due uomini ben impostati appostati davanti alla porta, li sorpasso ed entro.

"Che cosa abbiamo?" Chiedo a nessuno in particolare.
La sala trauma sembra più piccola di quanto sia realmente: ci saranno almeno sei medici oltre a me.
"Moto contro SUV."
"Lui era alla guida della moto o del suv?" Domando avvicinandomi al paziente. Due colleghi si spostano per permettermi di visitarlo.
"Moto."
"Chi è andato addosso a chi?"
"Il SUV alla moto dicono."
"Ah. Vediamo un po'..." gli punto la luce negli occhi. Fortunatamente è cosciente perciò posso controllare il suo stato con sicurezza.
"Signore! Segua la luce con lo sguardo."
Esamino entrambi gli occhi.
Gli prendo la mano. "Me la stringa più forte che può." Fa come dico. "Adesso può muovere le dita del piede non ferito, per favore?"
"Sembra stia bene."
"Ha una gamba rotta e una costola incrinata. Secondo te gli è andata bene?!" Mi chiede un medico che non mi è mai stata granché simpatica e adesso ricordo il perché. Cerco di non avere molto a che fare con lei se posso.
"Per quanto MI riguarda gli è andata bene. Non per il resto. Quello non mi compete. Spetta a voi." Sottolineo non ricevendo più risposta.
"Quindi tutto ok?" Chiede una matricola.
"Si, non dovrebbe aver riportato danni a livello cerebrale o spinale. Voglio fare una tac per esserne certa al 100%, però. Appena finite qualcuno ce lo porti, per favore. Ovviamente voglio tenerlo in osservazione per la notte."
"Perfetto."
Alzo la testa e vedo accanto alla porta altri due omoni vestiti di nero che ci tengono d'occhio come falchi.
"Chi sono quelli?"
Il chirurgo d'urgenza segue il mio sguardo .
"Le sue guardie del corpo. Anzi due sono pochi. Fuori ce ne sono degli altri."
"Li ho notati... aspetta, guardie del corpo?! Perché chi è?"
"Ma l'hai visto?"
Mi concentro sul volto del paziente ma non riesco proprio ad inquadrarlo; è combinato male in volto.
"È Sua Altezza Reale il Principe Henry del Galles" qualcuno risponde. Seguo la voce e capisco che proviene da uno dei due armadi.
"Ah... ok. - Facendo finta di niente riprendo il mio discorso - se compaiono deficit neurologici chiamatemi. Ho altri consulti. Passerò a vederlo più tardi."
Quando sono vicino alla porta vengo fermata da uno dei bodyguard: "dottoressa, non parli con nessuno del paziente in questione. Devono sapere del suo incidente meno persone possibile."
"Non si preoccupi." Rispondo e lascio la stanza.
Appena esco mi dirigo verso l'altra sala trauma  ma vengo bloccata da una matricola.
"Dottoressa Ferrari, può venire a visitare l'uomo del SUV?"
"Vi stavo giusto raggiungendo."
"Venga, mi segua."

"L'uomo sta bene. Non ha alcun danno cerebrale. E in più è cosciente, il che ci aiuta." Dico dopo averlo visitato.
"L'altro ti- ti- tizio... lui come s- sta?" Chiede il paziente.
"Non possiamo darle informazioni, mi dispiace. - Gli rispondo per poi rivolgermi ai dottori in sala - io vado. Fategli fare una tac per stare tranquilli. Se avete bisogno chiamatemi. Ho un intervento."

"Allora?! Tutto ok?" Mi chiede Elliot mentre esco dalla sala operatoria ad intervento terminato.
"Si. La sala è tutta tua" apro il rubinetto e mi lavo.
"L'intervento?! È andato bene?" Capisco che vuole chiedere qualcos'altro ma sto al suo gioco.
"Si, dai. Adesso dobbiamo solo aspettare."
"Tu sei una dea della neurochirurgia. Lo sanno tutti"
"Ora... una dea mi sembra esagerato." Rispondo arrossendo.
"È vero! È un pensiero comune." Mentre Elliot mi parla, continua a guardarmi fisso negli occhi. "Senti... c'è una cosa che voglio chiederti da un po'. Dunque... hai un fidanzato per caso?"
Mi sento soffocare solo a sentire la parola.
"No! Assolutamente no! - Scoppio in una risatina isterica - perché me lo chiedi?"
"No... niente. Così, tanto per fare conversazione. Ti vedo sempre sola; da quando sei arrivata sei mesi fa dall'Italia non ti ho mai visto con un uomo e quindi..."
"Diciamo che... si, insomma... non penso a quello ora come ora." Lo liquido.
"Ah. Ho capito." Risponde annuendo.
"Hai capito?" Gli chiedo con nervosismo.
"Si."
"Ah si?! E sentiamo, cosa avresti capito?"
"L'ultima storia che hai avuto è finita male. Non è vero?"
Ringrazio Dio mentalmente.
"Ci hai preso. Già. - Dico ridendo in modo nervoso - non è finita molto bene e quindi voglio stare per fatti miei per un po'."
Finisco di lavarmi e prendo una tovaglietta per asciugarmi le mani.
"Comunque; devo andare a parlare con la famiglia del mio paziente adesso. Ci vediamo in giro." Ed esco dalla stanza.

Più tardi prendo la cartella dell'uomo investito dal SUV, il principe Henry a quanto pare, cercando il numero della sua stanza. A quest'ora dovrebbe aver già fatto la tac.
"Chi si rivede!" Mi interrompe Alex.
"Eh già. Senti, sai in che camera è l'uomo dell'incidente di stamani? Lo spazio sulla cartella è vuoto."
"No, mi dispiace."
Pongo la stessa domanda all'infermiera di turno e, dopo aver ricevuto la risposta mi avvio verso la stanza in questione.
"Dobbiamo finire di discutere" mi urla dietro.
"Abbiamo finito" le urlo di rimando continuando a darle le spalle.
Arrivo davanti alla camera 219 e vengo fermata da uno degli uomini appostati lì davanti.
"Si qualifichi"
"Si qualifichi? Ero in sala trauma quando il paziente è giunto in ospedale, non si ricorda? Mi ha anche parlato."
"Si qualifichi."
"Va bene. Sono la dottoressa Greta Ferrari. Neurochirurgo. Devo visitare il paziente. ADESSO."
"Mi faccia vedere il suo cartellino identificativo."
"Ma sta scherzando?!"
"Non sono mai stato più serio." In effetti la sua faccia è molto seria. Incute paura. Sconfitta faccio come mi dice. Lui lo osserva attentamente e poi mi guarda. Ripete l'azione per due volte ancora.
"Può entrare. Veda, però, che non è da solo."
"Come sarebbe a dire non è solo?! L'orario di visite è finito da un bel po' di tempo."
Quando entro il principe William e la moglie Catherine si girano a guardarmi ed io resto immobile con la mano aggrappata alla maniglia della porta non appena li riconosco. Harry è semidisteso sul letto e anche lui mi sta fissando.

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