Capitolo 39

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"E voi che cosa ci fate qui?" Chiedo sprezzante alle due persone di fronte a me.
Restano a bocca aperta a fissarmi per una frazione di secondo.
"Abbiamo saputo quello che ti è successo e siamo saliti sul primo aereo per vederti. Vorremmo parlarti. Come stai?"
"Non vi riguarda. Adesso andate via."
Esco dal salone e mi dirigo in camera.

"Greta, che succede? Chi sono quelli?" Harry mi segue sin dentro la stanza.
"Sono Erika e Marco." Spiego cercando di sembrare indaffarata.
"Erika e Marco? I tuoi..."
"Genitori affidatari? Si, loro."
"Perché hai reagito in quel modo?"
"Perché non li voglio vedere. Non voglio avere più niente a che fare con loro. Puoi mandarli via per piacere?"
Harry mi prende le mani e mi fa sedere sul letto.
"Lo farò se è quello che vuoi, ma ne sei sicura? Hai l'opportunità di parlarci, di urlargli contro tutto quello che vuoi, di sfogarti e parlare ai diretti interessati del dolore che hai covato per anni. Vuoi davvero rinunciare ad un'opportunità del genere? Se poi vorrai ancora che li mandi via, lo farò."
Lo ascolto e mi rendo conto che ha ragione; posso finalmente dire loro quello che non gli ho mai detto.
Scendo allora le scale e torno in salone. Erika e Marco sono ancora lì. Erika si tiene la testa tra le mani mentre Marco la stringe in un abbraccio. È bello vedere che anche dopo anni sono ancora innamorati come tanti anni fa.
"Volete parlare?! Parliamo." Prendo posto sulla poltrona accanto a nonna e li invito a iniziare. Harry ci osserva dalla porta sorridendomi.
"Ci dispiace per quello che è successo."
"Per avermi abbandonato o perché sono quasi morta? Scusate, sono leggermente confusa."
"Per entrambe le cose. Tu sei nostra figlia, non hai mai smesso di esserlo. Nemmeno quando ti abbiamo mandato via. Ci siamo pentiti praticamente subito di quello che avevamo fatto."
"Se è così, allora perché non mi avete ripreso con voi?"
Non rispondono.
"Quando penso alla mia famiglia, mi venite in mente voi due. Voi siete stati la mia famiglia, la famiglia che ho sempre desiderato. Quando mi avete detto che tu, Erika, eri incinta, per un attimo sono stata la persona più felice della terra perché avrei avuto dei fratelli di lì a poco. Ma mi avete portato via tutto. Mi avete dato tutto e poi tolto tutto. Ero distrutta."
Senza rendermene conto le lacrime cominciano a scendere.
"Eravate tutto per me. Mi avete dato affetto quando non ne avevo mai avuto. La cosa più importante. La cosa che a un bambino non dovrebbe mai mancare. Provate ad immaginare cosa si provi e capirete quello che ho vissuto."
Non rispondono ma io non proseguo. Credo che abbiano afferrato il messaggio perché annuiscono entrambi, Erika ha il viso inondato di lacrime. Si schiarisce la
voce.
"Sappiamo che niente di ciò che possiamo dire rimedierà al dolore che ti abbiamo causato…"
Stringo i denti.
"Abbiamo capito il danno che abbiamo fatto, quanto ti abbiamo fatto male. Sappiamo che sei molto arrabbiata con noi."
"Ti abbiamo mandata via ma non significa che non ci importasse di te, che non ti volessimo bene, Greta. Te ne volevamo! Te ne vogliamo! Moltissimo. Ma non sapevamo come prenderci cura di te. Non ce l'avremmo fatta a livello economico a mantenere..."
"Pure me. Giusto. Avevate due figli e nonna. Avete fatto qualche taglio. Comprensibile." Dico con aria sprezzante.
Erika ha il viso solcato di lacrime e il naso che cola.
"Ci siamo pentiti subito di quello che avevamo fatto ma non potevamo tornare indietro."
Nonna mi prende la mano invitandomi a guardarla.
"Tu non lo sai ma hanno continuato a far parte della tua vita. Quando ti sei diplomata, loro erano lì. Ai tuoi esami all'università loro erano lì. Alla tua laurea erano lì."
"Quella volta ci siamo fatti vedere ma tu ci hai fatto capire che non volevi avere niente a che fare con noi. Da allora in poi ti abbiamo guardata da lontano, tramite quello che nonna ci diceva."
Fa una pausa e poi riprende: "dopo poco però, hai respinto anche nonna."
"Quella è un'altra storia. Le ho chiesto scusa e comunque non vi riguarda."

Erika guarda Marco. Si passa la lingua sulle labbra e poi affonda i denti nel
labbro inferiore.
"Capiamo. Immagino che la mia speranza più grande sia che possiamo ricominciare. So che non sarò mai la madre che avresti voluto né quella che meriti, ma sei mia figlia e mi piacerebbe ricominciare. Se me lo consentirai. Ti conosciamo. Non sei cambiata da allora e..."
"Ti sbagli." Dico. "Credete di conoscermi, ma non è così. Sono cambiata molto da allora."
Lei annuisce. Marco inizia poi a parlare.
"Hai ragione. Ci piacerebbe provare a conoscerti."
Scrollo le spalle, non sapendo come replicare. Li ho odiati per così tanto tempo e portato loro un tale rancore per avermi abbandonato che mi risulta molto difficile accettare questa nuova situazione e ripartire da zero.

A quel punto avverto gli sguardi di tutti puntati su di me. Chiudo gli occhi, non volendo essere giudicata per ciò che provo. Ho avuto anni per volergli bene e ancora più tempo per sentire la loro mancanza… e alla fine per odiarli. Non è facile ricominciare.
"Non so se potrò mai perdonarvi, né se ci sia un posto per voi nel mio cuore. Forse in futuro, ma di sicuro non adesso."
Mi alzo in piedi e percorro la strada a ritroso.
Vorrei perdonarli. Oh, quanto vorrei, ma non servirebbe ad alleviare la sofferenza che ho provato. Non chiuderebbe la voragine che hanno aperto tanti anni fa nel mio cuore. Solo il tempo potrà guarire le ferite.
"Mi dispiace!" Sento singhiozzare Erika alle mie spalle.
Non mi volto e proseguo. Passando accanto ad Harry gli sussurro: "ora puoi mandarli via." Non guardo la sua espressione ma proseguo. Salgo le scale e arrivo in stanza con il corpo scosso dai brividi.
Mi lascio cadere per terra in ginocchio. Mi cingo il petto con le braccia per proteggermi. Senza rendermene conto sento un corpo caldo aderire al mio e un braccio circondarmi il petto.
È Harry. Non dice niente. Mi abbraccia soltanto. E va bene così.

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