Capitolo 6

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La mattina seguente, il suono della sveglia mi ricorda che devo andare a lavoro così mi preparo, indosso la divisa e alle 8 esco di casa.

Nel parcheggio dell'ospedale, dopo aver chiuso la macchina, mi sento chiamare così mi giro - per dare un volto alla voce - e noto con piacere che si tratta di Alex, la quale mi sorride venendo nella mia direzione.
"Allora?" Dice con tono ammiccante una volta raggiuntami.
"Allora cosa?!" Chiedo mentre ci avviamo verso l'ingresso.
"Il tuo principe come sta?"
"Allora: punto uno non è il "mio" principe e poi non lo so, non ci sentiamo da ieri sera."
"Aspetta! - Mi prende per un braccio e mi blocca. - Ieri sera?! Vi siete sentiti ieri sera? Gli hai dato il tuo numero? Noo aspetta! Ha indagato su di te e l'ha trovato da solo!"
"Gliel'ho dato io. Aspetta. Che cosa? Indagato... ma di cosa stai parlando?" Urlo non appena realizzo le sue ultime affermazioni.

La mia voce si incrina, diventa impaurita. Se ha fatto ricerche su di me sa tutto, ha scoperto ogni cosa.
"Ehi ehi. Calmati. - Ride. - Sto scherzando. Cioè, è probabile che abbia fatto ricerche su di te ma se dici che glielo hai dato tu... non ti devi preoccupare. - Abbozza un sorriso per tranquillizzarmi; mi poggia una mano sulla spalla destra - e poi che cosa mai potresti avere da nascondere?"
Mi verrebbe da risponderle un 'se solo sapessi' ma non lo faccio perché causerebbe domande a cui non voglio rispondere.

Durante il turno di visite mattutino sento più volte il telefono vibrare come avviso di una chiamata e, quando finalmente guardo il numero, noto che si tratta di Harry. Subito dopo mi arriva un messaggio.

DA HENRY
~Scusa il disturbo, volevo sentirti. Immagino tu sia a lavoro, ci sentiamo più tardi.
P.S. Chiamami se hai tempo, altrimenti mandami un messaggio e lo farò io :)

Decido di non rispondere al messaggio e di non richiamarlo; la sola idea che abbia potuto fare delle ricerche su di me mi mette i brividi. È anche vero, però, che se avesse saputo la mia storia non penso che mi avrebbe trattato o continuerebbe a trattarmi così, cercherebbe di stare il più lontano possibile da me.
Mi autoconvinco che sia impossibile che ne sia a conoscenza. Nessuno riuscirebbe a scoprire alcunché se non già conscio di qualche cosa e lui non lo è, non vedo come potrebbe.
Verso l'ora di pranzo mi richiama ma questa volta rispondo.

"Pronto"
"Buongiorno. Come stai? Scusa se ti ho disturbato stamattina, non era mia intenzione."
"Non mi hai disturbato, tranquillo. - Rimango in silenzio per qualche secondo e non appena lo sento parlare continuo. - Senti, ti devo parlare."
"Dimmi." Mi risponde. Ha una voce dolce, gentile. Perché lo è; è  dolce e gentile e sono sempre più convinta che non meriti una come me e che non si meriti quello che sto per dirgli ma lo faccio per il suo bene.
"Quello che c'è tra noi, qualunque cosa sia... deve finire, oggi stesso." Rimane spiazzato, lo sento anche attraverso il telefono. Non parla per qualche secondo.

"Se ho fatto o detto qualcosa che ti ha ferito ti chiedo scusa, non era certamente mia intenzione. Non so cosa ci sia tra di noi ma io non voglio che finisca." Dice spiazzandomi.
Cerco di impedire a me stessa di pronunciare le cinque parole che sto per pronunciare mordendomi la lingua o cercando un modo più carino e gentile per dirle ma esse escono dalla mia bocca senza che io le possa trattenere.
"Beh io si. - Dopo qualche secondo continuo. - Addio Harry." Chiudo la telefonata senza dargli nemmeno la possibilità di controbattere. Sono stata cattiva, lo so, ma l'ho fatto per lui. Non voglio trascinarlo nel casino che mi porto dietro e l'unico modo per impedire ciò è tenerlo fuori dalla mia vita, anzi, non permettergli proprio di entrarvi.

Per tutto il resto della giornata continuo a rimuginare su quello che ho fatto, su quello che gli ho detto. Non avrei voluto. È una persona buona, non si meritava di incontrarmi. Rovino sempre le persone che mi stanno attorno, lui me l'ha sempre detto.
Dopo avergli chiuso il telefono in faccia non ha più richiamato. Questo mi fa stare ancora più male perché mi fa credere che forse non era così interessato come diceva. Non che io voglia che mi tartassi di chiamate o messaggi, ovvio, però...
Il fatto è che non capisco manco io i comportamenti che assumo o cosa io voglia, figuriamoci se può farlo qualcun'altro.

La sera quando esco dall'ospedale, mi dirigo verso il parcheggio ma, appoggiato al muro, di fronte all'ascensore, c'è lui che mi aspetta con le braccia conserte.
Appena lo vedo involontariamente sorrido e lo fa anche lui, ma poi torno subito seria. Mi avvicino all'auto e schiaccio il pulsante del telecomando per aprirla.

"Mi stai ignorando." Mi dice
"Ci sto provando."
"Wow. Non mi è mai capitato. È una brutta sensazione."
"Lo so." Gli rispondo aprendo la portiera ma lui mi precede e la chiude costringendomi a guardarlo.
"Che vuoi?!" Dico esasperata.
"Parlare con te."
"Lo abbiamo già fatto." Cerco di riaprire la portiera ma lui nuovamente mi precede e la chiude.
"No. Tu hai parlato, io ho ascoltato. Ma non sono d'accordo con quello che mi hai detto quindi sono venuto a dirtelo di persona. A me piace parlare in faccia, fallo anche tu."

"Io?! - Mi sento quasi offesa - parlare in faccia io?! Mi pare di averti detto quello che penso e..." lui mi interrompe "attraverso un telefono."
"Ero a lavoro! - Lo guardo, lui abbozza un sorriso così continuo - vuoi che te lo ripeta? Ok! Quello che c'è o c'è stato tra noi, deve finire seduta stante. Sei contento così?!" Apro di nuovo la portiera ma lui la richiude.

"Ma la vuoi smettere?! Voglio andare a casa, sono stanca. Lasciami andare."
"Una ragione."
"Cosa?!"
"Dammi una ragione valida per cui vuoi chiudere. Ti ho fatto qualcosa?! Ti ho mancato di rispetto..."
"Hai fatto indagini sul mio conto?" Lo interrompo. Lui mi guarda senza dire niente e capisco che lo ha fatto.
"Lo hai fatto! Hai indagato su di me!" Alzo sempre di più la voce.
"E non urlare! - Lui si guarda intorno così lo faccio anch'io ed è allora che noto le guardie del corpo tutte attorno a noi - senti, possiamo salire in macchina così possiamo parlare tranquillamente senza che ti sentano urlare?"
"Io penso vada bene qua. Tutto quello che devi dire o fare puoi farlo qui, davanti alle telecamere." Dico indicandole agli angoli del soffitto.

"Perché, cosa credi che farei?!"
"Non lo so, non ti conosco..." dico per salvare le apparenze.
"Ok, senti. - Si passa una mano tra i capelli - è vero, ho fatto delle ricerche su di te e me ne scuso."
"Te ne scusi?! Ma sei serio? Hai violato la mia privacy, io non so niente di te, tu invece..."
"Non ho finito. Stavo dicendo che ho fatto delle ricerche su di te ma è questo il fatto, quello che ho trovato non coincide con quello che mi hai raccontato quindi o mi hai mentito o forse ho sbagliato persona."

MERDA!

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